Con la chiusura di un grande e fondamentale capitolo di The Walking Dead, con la morte di Carl Grimes, The Lost and the Plunders sancisce una cesura, che ha la funzione di preparare il terreno sul quale verrà costituito il finale.
Nonostante la linea bassa su cui si sta tenendo questa stagione, il decimo episodio si rivela molto più interessante di quanto ci potessimo aspettare, forse grazie alla struttura frammentata in capitoli, che aggiunge una certa dinamicità agli eventi.
È da troppo tempo che le diverse storyline di the Walking Dead si sono circoscritte in circuiti di 45 minuti, passando di gruppo in gruppo, senza unificarsi mai, rallentando così la trama e rendendo difficile incanalare l’attenzione verso personaggi singoli, che poi sarebbero scomparsi per intere settimane.
The Lost and the Plunders riesce a catturare, a renderci attenti, perché ci mostra le azioni di personaggi diversi, regalando loro dei brevi capitoli legati da piccoli fili conduttori.
Prima della diversificazione in quadri, però, abbiamo una piccola estensione dello scorso episodio, Rick e Michonne, che affrontano la perdita del giovane Carl, e si preparano a lasciare un’ Alexandria ormai devastata dai Saviours, abbandonando definitivamente la tomba del ragazzo. Ma, nonostante non sia più con loro, non ha finito di sparare cartucce, infatti prima di morire ha scritto delle lettere, affidando al padre il compito di consegnarle a Negan. Compito, che il padre distrutto dal dolore, sembra riluttante ad affrontare in quel momento.
Il primo capitolo è dedicato proprio a Negan, che dà a Simon degli ordini ben precisi su come affrontare Jadis e la sua gente, fondamentali per garantirsi la vittoria durante questa guerra.
Questo frangente non fa altro che dimostrare come Negan, in quanto capo, non riesca più a tracciare una differenza tra bene e male, perché convinto che le sue azioni siano volte solo al bene della sua comunità. D’altronde, se invertissimo solamente le etichette che ci sono state date, non faticheremmo a considerare Rick in quanto villain, considerate le sue scelte e le morti che ha lasciato sul suo percorso. E forse, ai fini della comprensione totale dei personaggi, avremmo dovuto lasciare le etichette da parte sin dall’inizio, per percepire la profondità di determinati personaggi.
Un capitolo decisamente preparatorio è quello di Enid, che insieme ad Aaron, si trova ancora ad Oceanside a patteggiare per la sua vita, dopo aver ucciso la nonna di Cindy.
La ragazza, trovatasi prematuramente al comando, compie la decisione più difficile, di non abbandonarsi alla vendetta, ma di lasciar andare Enid e non avere una vita sulla sua coscienza. Aaron però decide di non mollare la presa, riguardo le trattative e rimane a Oceanside, sperando di convincere la comunità ad allearsi con loro e in tal caso, sarebbe un punto a loro favore, considerando le sorti subite dal gruppo di Jadis.
I capitoli di Simon e Jadis, appunto, si intersecano perfettamente, dando vita ad una sequenza unica, più lunga. Deciso a non seguire le indicazioni di Negan, compie una carneficina, massacrando tutta la comunità di Jadis, lasciando lei come unica superstite. Come è giusto rettificare, le colpe in questo caso sono condivisibili da entrambi, da un lato la rabbia, dall’altro l’orgoglio.
Ed è qui che finisce la storia di Jadis, ormai sola ed inerme, di fronte ad una guerra a cui non può più partecipare, prosciugata dai Saviours, allontanata da Rick.
L’episodio si conclude con una conversazione tra lo sceriffo e Negan, dove viene comunicata la morte di Carl e l’estremo cordoglio di quello che è stato considerato uno dei villain peggiori di tutti i tempi.
Qui il confine tra personaggi bianchi e neri diventa così sottile da scomparire totalmente, nonostante Carl abbia chiesto a suo padre come ultimo desiderio di fermare questa guerra, Rick non può più considerarla una scelta plausibile, lasciandoci intendere che il confronto finale sia vicinissimo.
Vi lascio il promo del prossimo episodio, e nel frattempo commentate con noi l’episodio.