Quando a Kate Walsh è stato proposto il copione di 13 Reasons Why di Netflix, inizialmente si era detta incerta all’idea di unirsi al progetto.
“Ero davvero tentata, ma ci ho pensato bene perché era così intenso – il mio personaggio, quello che deve affrontare – che mi sono chiesta se volessi davvero calarmi in quei panni per sette mesi” afferma la Walsh. “Ma ho pensato che fosse un argomento davvero importante, tra il suicidio adolescenziale, i problemi LGBTQ, il bullismo, l’abuso sessuale, tutto quanto, e così mi sono detta, ‘No, devo farne parte.’… Mi ritengo fortunata perché ho una certa autonomia e posso decidere se voglio partecipare a quei progetti che sono creativamente interessanti, certo, ma anche culturalmente importanti.”
La sua reazione iniziale è comprensibile, dato che la Walsh interpreta la madre della protagonista Hannah Baker (Katherine Langford), l’adolescente che commette il suicidio dando il via alla storia.
13 Reasons Why è un adattamento del libro omonimo di Jay Asher. Ma a differenza del libro – che utilizza le 13 registrazioni che Hannah lascia ai suoi compagni di scuola per indagare sugli eventi del suo passato che l’hanno spinta al suicidio – la serie espande il suo raggio d’azione per esplorare anche cosa avviene nelle settimane e nei mesi successivi al suicidio di Hannah, ai suoi amici, ai suoi compagni di scuola, ai suoi insegnanti e, ovviamente, ai suoi genitori.
È stato questo aspetto della storia che ha spinto l’attrice di Private Practice e Grey’s Anatomy a chiudere l’accordo.
“Il mio dubbio principale – c’erano tanti dubbi, ma uno di essi era proprio quale impatto avrebbe avuto sui genitori, perché sembrava che la questione avrebbe potuto riguardare solo l’ambiente ristretto della scuola,” ha detto la Walsh. “Ma c’era la forte intenzione di ampliare la storia e di cercare di… mostrarla da tante prospettive diverse e raccontarla da tanti punti di vista differenti, incluso quello dei genitori, rendendoli parte del tutto.”
Entrambi i genitori di Hannah (Brian D’Arcy James interpreta il marito della Walsh) hanno un ruolo molto più significativo nella serie che nel romanzo.
“Siamo normali genitori e amiamo nostra figlia. Vogliamo il meglio per lei. Lavoriamo sodo per farla stare bene e farle avere delle opportunità,” ha detto la Walsh a proposito dei signori Baker della serie. “Dal mio punto di vista, interpretare la signora Baker è proprio questo, avevano un bel rapporto, un buon rapporto parentale. Non è che avessero delle discussioni brutali o avessero un rapporto burrascoso.”
Solo dopo la morte della figlia i Baker aprono gli occhi su quello che affrontava ogni giorno. La Walsh dice che durante le riprese ha sperimentato lei stessa una presa di coscienza simile.
“Pensavo di essere abbastanza informata,” ammette. “Ma senti parlare di ‘bullismo, bullismo, bullismo.’ Penso, mio Dio, apparteniamo a questa cultura ipersensibile al computer, dove sono tutte mamme elicottero e ci sono trofei per il nono posto così nessuno ci rimanga male? È ‘bullismo’ se non vinci? E a quel punto ho capito. Lavorando a questo progetto, una parte di me pensava ‘Oh mio Dio!’ Una foto può cambiare la vita e la reputazione di qualcuno in un secondo, e non si può tornare indietro. Ed è reale. Lo vediamo anche da adulti, in prospettiva maggiore.”
Facendo delle ricerche per questo ruolo, la Walsh ha deciso di non leggere il romanzo, ma ha parlato con genitori che hanno vissuto la perdita di un figlio a causa del suicidio. Mentre 13 Reasons Why sarà senza dubbio rivolto ad un pubblico di adolescenti, è la dinamica tra Hannah e i suoi genitori e gli altri “adulti” che rende la serie da non perdere e allo stesso tempo incredibilmente difficile da guardare per gli adulti.
“Internet ha cambiato il mondo. In pratica è come se ci avessero dato una pistola carica e ci avessero detto, ‘Non sparare,'” ha detto la Walsh. “Per quanto sia folle, difficile ed impegnativo per gli adulti navigare in Internet e imparare come usarlo e tutti i meccanismi legati ai limiti e all’etichetta, stiamo rimediando man mano che andiamo avanti. Non c’è un manuale d’istruzioni. E penso che sia ancora più enfatizzato ed esacerbato per i ragazzi. In un secondo le loro vite possono essere distrutte, o sembrare distrutte, con un messaggio o un tweet o una foto condivisa, all’istante. Ancora prima di iniziare la serie pensavo che non potrei immaginare di essere una studentessa nell’era di Internet. Era già abbatstanza difficile con le sole parole dette a voce.”
13 Reasons Why ribadisce (ma “non in una sorta di speciale post-scolastico,” fa notare giustamente la Walsh) che non si sa davvero cosa succede nella vita di qualcun altro, indipendentemente che si tratti di uno dei propri genitori, del proprio figlio/a, di un amico, di un compagno di scuola, della propria metà, ecc. Il messaggio tempestivo e non tanto sottile della serie è che potremmo tutti cercare di essere un po’ più gentili l’uno con l’altro – un’idea che ha trovato il favore della Walsh dato l’attuale clima politico.
“Ancor prima di quello che sta accadendo adesso, sentivo che fosse molto importante parlarne … solo controllare noi stessi, e anche fare i cambiamenti che vogliamo vedere realizzati, realizzandoli noi stessi, a partire dai nostri figli,” ha detto la Walsh. “In un periodo come gli anni del liceo in cui i ragazzi naturalmente, nel corso dello sviluppo, vogliono separarsi dai genitori e ribellarsi e diventano riservati e più distanti, come colmi il divario abbastanza da parlare di questi temi essenziali?”