Quando 13 Reasons Why è stato rinnovato lo scorso anno, eravamo già consapevoli che non sarebbe potuto uscirne niente di positivo. Una serie di così enorme impatto e risonanza, che ha saputo far parlare di sé, indipendentemente dalle motivazioni, non aveva possibilità di ripetersi, specialmente trattandosi di una storia scritta e finita, che non necessitava di essere prolungata.
Eppure non è facile sapersi fermare davanti un tale successo, accettare che tutto quello che la serie aveva regalato a Netflix era già abbastanza e che fosse letteralmente impossibile spremere fino al midollo quella gallina dalle uova d’oro, perché, di fatti, le uova erano finite e tutto ciò che ne è venuto dopo è stato solo un terribile ed imbarazzante flop.
Non voglio entrare nel merito di quanto la prima stagione di 13 rw sia stato un prodotto ben fatto o meno, perché personalmente non sono riuscita a considerare godibile/fruibile questa serie televisiva. Per me era un come un coltello, rappresenta ciò che i ragazzi devono sapere sulle conseguenze delle proprie azioni, ma deve essere anche somministrata con cautela, come finalmente lo spot che ha preceduto la seconda stagione ha segnalato.
È stato difficile guardarla e apprezzarla, giusto o sbagliato che sia, e la seconda stagione non è fatta assolutamente della stessa pasta, anzi. Quasi può essere considerata godibile, solamente bypassando i diversi buchi di trama, il fatto che sembrino due rette parallele che non si incontrano mai, nemmeno per sbaglio.
La seconda stagione di 13 rw rappresenta come il guadagno venga prima di un progetto, di una storia che racconta i disagi e il dramma della nostra generazione di adolescenti, pur di continuare e divorare fino all’osso la carcassa di un romanzo.
Lo si denota da come per trovare il modo di andare avanti, si è dato spazio a personaggi che probabilmente non avevano più nulla da dire, una serie di argomentazioni importanti sbandierate senza una logica, alla mercé di un episodio dopo l’altro, senza trovare lo spazio e lo spessore, che avrebbero meritato.
È come se gli sceneggiatori abbiano messo su un tavolo situazioni, storie e dinamiche, che avrebbero voluto concretizzare, senza però considerare le sinergie con la stagione precedente. Come se avessero voluto forzare pezzi di puzzle differenti, che non potevano incastrarsi, e li abbiano smussati così tanto, in maniera da attaccarli pietosamente insieme, fingendo che andasse bene.
Ed è disdegnoso come questo ci sia stato rigurgitato davanti, sperando che lo spettatore, accecato dal fanservice, dalla trama sicuramente più incalzante misteriosa, accettasse questo scempio.
13 rw non è un teendrama, e non dovrebbe mai essere considerato tale o etichettato, e la sua seconda stagione rappresenta un’opportunità mancata, che ha dato spazio al futile, a misteri da quattro soldi, invece di parlare di qualcosa di importante.
Possedere una voce, comunicare implica grandi responsabilità e la strada più giusta da prendere sarebbe stata parlare dei sopravvissuti, di chi non ha mollato, nonostante la tragedia, l’altra faccia della medaglia: Jessica Davis.
Voglio sottolineare che, in qualche modo, questa stagione ha provato a darne uno sprazzo, a lanciare dei messaggi potenzialmente positivi, quanto di vitale importanza, come la scena in tribunale in cui tutte le donne della serie mostravano come ognuna di loro sia stata vittima di abusi, e come questo fenomeno sia così comunemente nascosto. Ciò nonostante queste scene di impatto sono state seppellite inevitabilmente dall’incoerenza del contesto, una trama così agghiacciante che tendeva quasi a distrarre lo spettatore dai temi importanti trattati.
È quasi surreale come la terapia, i trigger, lo slut shaming vengano messi in secondo piano a favore di storie d’amore anacronistiche e l’umanizzazione dello stupratore, perché il dodicesimo episodio è una parziale apologia di Bryce, che sarebbe dovuta essere impensabile.
Una delle poche note a favore di questa serie è la recitazione, che trascende il complesso e può considerarsi l’unica nota a margine che rende piacevole la visione di questo totale nonsense.
Con l’ufficiale notizia del rinnovo, non posso che considerarmi delusa da come Netflix abbia deciso di trasformare questa occasione di divulgazione in una macchina da soldi, che continua a sfruttare temi così delicati, solo per creare scalpore.