Gomorra entra nel vivo e con il settimo e l’ottavo episodio sfonda il muro che separa la prima metà dalla seconda, mostrandoci finalmente il frutto delle nuove alleanze e prospettive di guerra.
Episodio sette funge ancora in parte da cesura, dedicato alla seconda new entry della stagione; infatti incontriamo finalmente il tanto atteso Valerio, o’ Vucabulà, amico di Enzo, nonostante sia un “chiattillo” (per chi non masticasse il napoletano, un figlio di papà).
La natura di Valerio è completamente differente da quella di Sangue Blu ed è interessante valutare il loro dualismo e la loro funzione per quanto riguarda l’economia della trama, aspetti che sono stati resi più che evidenti in questi due episodi.
Se Enzo ha più volte ribadito di aver come fine ultimo la riacquisizione di quello che è appartenuto a suo padre e a suo nonno prima di lui, e non l’effettiva vendetta, Valerio è di natura ben più complicata e sarà più lungo il processo che ci aiuterà a sviscerare le motivazioni dietro il suo comportamento.
Il discorso che sia una falena attirata dal fuoco è mortificante, perché o’ Vucabulà non è solo un ragazzo per bene che gioca a fare il cammorrista, e lo ha dimostrato già in pochi fotogrammi, sebbene ci venga da pensare che prima o poi verrà bruciato.
Gomorra è una serie che mette in moto meccanismi decisamente repentini, ma le evoluzioni dei personaggi, per quanto velocissime, risultano sempre credibili, specialmente in contesti verosimili, dove la vita ha fatto crescere troppo in fretta questi ragazzi.
L’esercito di Sangue Blue si sta facendo strada, dimostrando che “anche e pullc ten’n a toss” (come si direbbe dalle mie parti) e che sono in grado di far male, tanto da smentire le parole della stessa Scianel, la quale pensava che le armi in mano a dei ragazzini, risultassero come giocattoli.
In entrambi gli episodi la figura di Enzo risulta centrale, dopo aver rifiutato un’allettante proposta dai Confederati, ne discute con Ciro, riprendendo a mettere in pratica ciò a cui stavano lavorando per la grande guerra, che probabilmente avrà luogo solo negli episodi finali.
Abbiamo visto la sua transizione da semplice spacciatore a uomo fatto e finito, costretto a compiere quasi timidamente gesti più grandi di lui, fino ad uccidere a sangue freddo senza ripensamenti.
Enzo è un capo adesso, un leader, che gestisce i suoi ragazzi, la sua piccola armata alle dipendenze di Ciro, incredibilmente capaci di riuscire a mettere in difficoltà i Confederati, acquisendo le loro basi per le armi.
A colpirci è anche l’interpretazione di Arturo Muselli, il cambiamento nel suo sguardo tra un episodio e l’altro, l’inquietudine e l’insicurezza, che si tramutano in adrenalina e, se me lo concedete, si possono notare anche dei paralleli con il personaggio di Jesse Pinkman in Breaking Bad.
Valerio d’altro canto non ha le stesse doti innate, ma ha un’efferatezza e una freddezza, che lo contraddistinguerà e lo ha già portato ad uccidere, quando non era necessario, per puro piacere.
Quello che emerge da episodio 8, è questa sorta di rapporto un po’ simbiotico tra i due ragazzi, un po’ maestro/allievo, dove Valerio è quasi smanioso di imparare, di ubriacarsi di pericolo e lo ha dimostrato il sorriso beffardo, quando è stato inseguito dai carabinieri.
L’ultima scena è decisamente simbolica, Valerio si tatua le tre croci che Enzo porta sul collo, dimostrando quanto stia cercando di tatuarsi addosso un mondo che non è suo, che non gli appartiene.
Le croci infatti dovrebbero rappresentare quei morti che Enzo chiama “i fantasmi”, i suoi genitori e suo nonno, di cui non hanno nemmeno trovato i corpi.
E parlando del rapporto maestro/allievo, non possiamo non parlare di Ciro e Genny, che continuano a lottare fianco a fianco, come amici/nemici, adesso pari, ma soprattutto fratelli.
La frase tanto ermetica di Genny è il punto centrale di questi episodi, quel “Ti odio”, che potrebbe avere tantissime sfumature: Ti odio perché hai ucciso mia madre, Ti odio perché mi hai tradito, Ti odio perché sei tornato dal nulla, e come un immortale ti sei creato un esercito, cosa che io non sono riuscito a fare.
Genny sentirà sempre questa sorta di incompletezza, che era molto più evidente nella prima stagione, quando era un semplice uaglio ro vic, ma adesso che i paranzini sono i finiti ed è un boss, compensa le sue mancanze facendosi forza e spalleggiandosi con l’unica famiglia che gli è rimasta, Ciro.