Doppia recensione per motivi universitari. Odio tutte le volte in cui l’università si insinua nella vita vera, quella delle serie tv, ma ogni tanto è necessario dedicarsi anche ad essa, ma sempre con parsimonia (gli esami rimangono sempre quelli, le serie tv, al contrario, si accumulano a vista d’occhio).
The Fire Trials
Banshee è tornato con una season première con il botto, che ci mostra come si è evoluta la vita dei personaggi in conseguenza alla morte di Rabbit. Il cuore di Banshee è sempre stato la ricerca di se stessi, l’identificazione dell’individuo che non sa chi è, chi è stato e chi vorrebbe essere; queste domande sembrano assumere un valore ancora più profondo adesso che Rabbit è morto e Lucas e Ana possono vivere la vita che il patriarca gli ha impedito di vivere. Ora che non si trovano sotto la costante minaccia che rappresentava Rabbit, i due possono iniziare a ricostruirsi una vita. Ma questo è davvero ciò che accade? Beh, almeno in apparenza, sì. Lucas sembra essere quello che se la cava meglio; ha guadagnato una certa stabilità emotiva con Siobhan al suo fianco – la stessa stabilità che Ana non è mai riuscita a dargli – e anche la sua vita da sceriffo riprende senza intoppi. La priorità adesso è quella di vendicare la morte di Emmett ed il dualismo di Lucas, in questo frangente, emerge con una prepotenza impossibile da ignorare: nonostante egli sia lo sceriffo, la personificazione della legge, va alla ricerca della vendetta e non della giustizia ed uccide uno degli uomini responsabili dell’omicidio come il fuorilegge che non ha mai smesso di essere. Ana, d’altro canto, non se la passa altrettanto bene. Senza la figura del padre può smettere di indossare definitivamente i panni di Ana per essere Carrie, ma Carrie è ormai una persona senza identità. A differenza di Lucas che veste perfettamente i panni dello sceriffo – almeno adesso e con le dovute modifiche –, Ana non riesce a vestire i panni della cameriera. L’odio che provava per il padre, ancora più forte dell’amore che prova(va) per Lucas, è andato perduto con la sua morte ma non c’è pace in questa liberazione. Ana ha bisogno di brividi e li trova n un partner sessuale molto più simile a Lucas che all’ex marito e in piccoli furti che commette da sola. “What is it with you, some sort of addiction or something?“, le chiede l’ex marito e, beh, non ha fatto una pessima domanda. La famiglia Hopewell è completamente smembrata: Gordon è irriconoscibile, consumato dalle verità che Ana ha deciso di condividere con lui e ancor di più logorato dai segreti che ha deciso di mantenere; mentre Deva è sempre di più alla deriva, alla ricerca di attenzioni da parte di Lucas e alla ricerca di conferme.
Su Banshee, lo sappiamo bene, la narrazione non si limita solamente a “ciò che vediamo” ma la serie è intrisa di subtext complementari, che fungono da supporto nella narrazione generale. Fondamentale in questo senso è il montaggio, che arriva a colpire lo spettatore là dove le parole non sortirebbero lo stesso effetto. Ed infatti vediamo Lucas spiegare a Deva i trucchi del mestiere del ladro in alternanza con la madre che mette in atto tali insegnamenti, ponendo madre e figlia in un inevitabile confronto. Quanto c’è in Deva dei suoi genitori? Decisamente molto.
Altra scena in alternanza, che tuttavia mi ha straziato l’anima, è quella che vede Lucas e Ana fare sesso con i loro rispettivi partner. Chi ha seguito le mie recensioni della seconda stagione sa fin troppo bene l’amore viscerale che provo per loro due come coppia e chi di voi è nuovo lo scoprirà suo malgrado, e quindi potete benissimo immaginare il mio stato d’animo durante quelle scene. Oscillavo dallo stato depressivo a quello omicida e in entrambi i casi non ero un bello spettacolo. Siobhan, che adesso ci viene presentata come il porto sicuro di Lucas, è evidente che non avrà vita lunga – e questo non è solamente un mio desiderio, ma l’ennesima dimostrazione che tutto ciò di buono che c’è nella sua vita viene risucchiato come un vortice dalle sue scelte e, inevitabilmente, perisce.
Immediatamente ci vengono presentati anche gli antagonisti di questa storia un po’ pulp e insieme a dei volti noti, ne vengono introdotti anche degli altri. Il colonnello Stowe in primis, nuova fiamma di Ana e custone di una barca di soldi, il colpo della vita di Lucas and Co. Di fronte ad una simile cifra Lucas non può assolutamente rimanere indifferente ma, come realizza facilmente, stavolta non hanno a che fare con un dilettante ma con un motherfucker altamente qualificato, con al soldo dei mercenari per qualunque evenienza. E come se non bastasse, ci sono i nemici storici, Proctor da un lato ed un magnifico Chayton dall’altro, che solo in questa première ci lasciano sperare in una stagione davvero da grido. Se Proctor sembra completamente assoggettato dalla nipote adesso che ha abbattuto quell’ultimo senso della morale che gli restava, Chayton non si lascia mettere i piedi in testa da nessuno ed è pronto a rischiare tutto pur di vendicare la morte di Alex; non è una cosa che i Redbones possono semplicemente accantonare. E qui ci viene regalata una magnifica scena in stile spaghetti western, con archi, frecce, pistole e tanto, tanto, tanto sangue.
Première di altissimo livello, dunque, che mette un punto fermo su alcune situazioni passate e che sa tornare su altre in maniera impeccabile; ma del resto, ci aspettavamo qualcosa di diverso?
Snakes and Whatnot
Banshee non smette mai di ricordarci che quello che stiamo guardando è un grande show, reso ancora più eccellente dai particolari che lo compongono. Prima di inoltrarci nella recensione di questo episodio, voglio spendere due parole sui nuovi open credits, perfetta dimostrazione di quanto detto fino ad ora. La sequenza ci mostra la produzione di una partita di droga e la successiva spedizione con l’inquadratura del marchio della famiglia Proctor – un chiarissimo richiamo a Los Pollos Hermanos – una piacevolissima sorpresa che, appunto, non fa altro che confermare l’altissima qualità di questo show, che anche nelle sue puntate più calme ci lascia degli spunti di tensione in ogni direzione.
Snake and Whatnot è un episodio di passaggio, che serve a mettere in movimento le varie parti e prepara i conflitti che sicuramente vedremo svolgersi nel corso di questa terza stagione. Una cosa che Banshee fa egregiamente è quella di fare un focus nei personaggi già da tempo introdotti, presentandoceli un po’ alla volta, senza però oscurare quelli già noti. Lo vediamo – stavolta – con Chayton e Nola: il loro confronto faccia a faccia ci lascia intuire che il passato che condividono non è per niente roseo, ponendo ancora più in evidenza le enormi differenze che li contraddistinguono: uno è visceralmente attaccato alle proprie origini, mentre l’altra ha sempre cercato di mettere le distanze. E poco importa che adesso si trovano mossi da un obiettivo comune, la vendetta per Alex Longshadow, fratello di Nola, non basta per abbattere le divergenze che li compongono. Quindi ecco Nola che, piuttosto che unirsi a Chayton, divide una fetta di torta ed un bicchiere di wiskey con Ana, affrontando quel genere di chiacchiere femminili che ci si può aspettare da due donne nel genere: armi e padri disagiati. Questa accoppiata è senza dubbio la più accattivante vista fino ad ora e, se esplorata, può sicuramente mostrarci delle piacevolissime sorprese sia dal punto di vista introspettivo delle due che più puramente cazzuto.
Per gli standard di Chayton, invece, la sua mossa di questa puntata è stata abbastanza approssimativa e arraffona. Dopo averlo visto nella première abbattere delle macchine militari con il solo utilizzo dell’arco e le frecce, vederlo mettere in atto un piano così scialbo e chiaramente destinato a fallire è stato un po’ una caduta di stile, ma niente di completamente imperdonabile.
In quanto a nuovi incontri, invece, ottima è l’introspezione del colonnello Stowe, che ci viene presentato come un uomo ricco di sfaccettature – e sicuramente poco incline a farsi imbrogliare. Ana, saggiamente, decide di prendere delle distanze da lui anche in vista dell’enorme furto che deve compiere ai suoi danni, ma tutto ci lascia presagire che Stowe non sia molto incline a farsi mettere da parte.
Proctor è il quarto personaggio al quale viene aggiunta l’ennesima sfumatura in questo secondo episodio. Le sue origini amish sono un enorme handicap per lui e l’ignoranza ed il bigottismo del padre, stavolta, raggiungono dei livelli che l’uomo non può più ignorare. Così va a prendere la madre, malata e ormai in fin di vita, e la porta a casa sua andando contro a tutte quelle regole che la sua cultura di appartenenza gli impongono. Ciò che rende Proctor un cattivo così affascinante non è solo la sua spietatezza, ma quel bisogno di accettazione che lo circonda – e che adesso riversa interamente in sua nipote, verso la quale lo vediamo in atteggiamenti quasi riverenziali.
In attesa del terzo episodio, vi lascio con il promo e l’invito a passare nella pagina di Banshee Italia.