Diciamoci la verità, un po’ ce lo siamo chiesto tutti quanti: in che modo Don Draper creerebbe uno spot per pubblicizzare la campagna della Davis and Maine (o meglio, di Jimmy) contro la Sandpiper? Non so, forse in realtà non se l’è chiesto nessuno tranne me, e quindi è meglio lasciar perdere queste digressioni e addentrarci nel vivo della recensione.
Il viaggio di Jimmy per diventare Saul continua senza troppi intoppi e lo vediamo sempre di più in lotta con se stesso. Jimmy ha una forte concezione di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato e, proprio perché lo sa, le sue scelte divengono sempre più significative. Sa che ha bisogno dell’autorizzazione dei soci della Devis and Maine per poter mandare in onda il suo spot, eppure dopo qualche attimo di esitazione e un’evidente lotta interiore decide lo stesso di contattare un’emittente televisiva; sa che le sue azioni si riflettono sulle persone che hanno garantito per lui (Kim in particolar modo) allora trova nuovi modi per aggirare le regole. La seconda stagione di Better Call Saul è quella che direzionerà il suo protagonista verso il proprio destino e Amarillo segue la linea degli episodi che lo precedono. Dopo esserci lasciato Slippin’ Jimmy alle spalle, ora Jimmy sta ricordando quanto sia più facile compiere il proprio lavoro quando si può trasgredire alle regole. Lo fa a fin di bene perché vuole aiutare i vecchi truffati dalla Sandpiper, ma lo fa anche per se stesso, come rivalsa personale nei confronti di un fratello maggiore che gli ha voltato le spalle.
In fin dei conti Better Call Saul, così come Breaking Bad, non è altro che la storia di un uomo che fa la cosa sbagliata e ne subisce le conseguenze. Sappiamo che prima o poi Jimmy raggiungerà il punto di non ritorno ed è normale sentirsi curiosi a riguardo ma anche tristi – io, almeno, sono entrambe le cose.
Anche Mike si trova a dover gestire la sua porzione di problemi, con una nuora che presa dall’ansia immagina sparatorie che non ci sono, prima, e con una chiamata inaspettata da parte di Nacho, poi. In Cobbler lo avevamo visto agire un po’ da supereroe per salvare Daniel e se stesso (soprattutto se stesso) e se in quell’episodio la sua parentesi era stata la più avvincente, adesso la sua storyline inizia ad essere una nota dolente all’interno della storia. Confido, comunque, che ben presto le storyline di Saul e Mike collimeranno in maniera impeccabile, perché in Better Call Saul gli episodi non vanno presi uno per uno, ma costituiscono l’insieme di una storia ben più grande e quindi si arriverà ad un punto in cui tutte le piccole storie che adesso ci sembrano procedere a se stanti, si uniranno a mostrarci il quadro più ampio.
Infine, Amarillo è l’ennesima dimostrazione di quanto una serie non abbia bisogno di tenere il pubblico con l’ansia per la sua intera durata per fare sfoggio di un prodotto di buona televisione. È per questo che Better Call Saul, anche nelle sue puntate più sottotono, non scivola mai nelle cadute di stile che ti spingono a mettere pausa e a riprendere la visione più tardi.