Mancano pochi episodi alla conclusione della terza stagione di Better Call Saul ed Expenses è, a modo suo, diverso da qualsiasi altro visto finora.
Lontano dalle aule dei tribunali, Jimmy è più vicino a diventare Saul di quanto non lo abbiamo mai visto prima: difatti, le sue limitate possibilità economiche e la goffa ostentazione di una sicurezza in realtà assente nei confronti di Kim lo mettono a dura prova, tanto che per un momento la messinscena dinanzi all’assicuratrice è talmente ben inscenata da ingannare persino lo spettatore. In realtà, come si evince dal ghigno finale che conclude la puntata, altro non era se non l’ennesima vendetta nei confronti del fratello, dal suo punto di vista causa primaria delle difficoltà che sta vivendo. Certo, l’alone avvolgente di Goodman ha appena cominciato a lambirlo, perché possiamo ancora scorgere Jimmy in lui, soprattutto nel suo lasciarsi andare allo sconforto fuori dal negozio di musica e nel rapportarsi ad una Kim della quale si sente sicuramente indegno. Se le cose continueranno ad andare così, l’abbandono di un’identità che gli va stretta sarà inevitabile: niente più finzioni, niente più trattenersi quando al ristorante ha voglia di trarre in inganno qualche credulone con la sua abile parlantina.
Dal primo all’ultimo minuto, Expenses sceglie di concentrarsi in maniera sottile sul divario di moralità che caratterizza i nostri personaggi. Da un lato abbiamo la contrapposizione fra Jimmy, che non solo non prova rimorso ma sceglie anche di infierire ulteriormente su Chuck, e Kim, che invece si dimostra profondamente scossa e turbata dall’aver messo nel sacco un uomo malato, forse distruggendolo completamente; dall’altro, quella fra Mike e Nacho, più simili di quanto vorrebbero credere. Se ci è stato sempre chiaro che Ehrmantraut accetta di sguazzare in quel fango, pur riuscendo a non affogarvi mai completamente solo per l’altruistica ragione di supportare la propria famiglia, anche Nacho ultimamente ha mostrato segni di crescente intolleranza nei confronti dei modi barbari del suo boss, soprattutto quando rischiano di mettere a repentaglio l’incolumità dei suoi cari. Si noti bene, fra l’altro, che stavolta si è rapportato a Caldera per sua iniziativa e senza i modi minacciosi cui ci ha abituato finora. Insomma, tutti, tranne Jimmy, stanno lottando con i dubbi circa la moralità del cammino intrapreso.
Grandi assenti sono Chuck, Gus Fring ed Hector Salamanca. Tuttavia, come si confà ai personaggi di un certo spessore, la loro presenza si percepisce ugualmente con prepotenza grazie alla loro capacità di influenzare inevitabilmente coloro che gli stanno accanto; riusciamo a percepire l’aura di Chuck attorno a Jimmy, quella di Fring e Salamanca attorno a Nacho e Mike. Ci sono, ma non ci sono. La grandezza di Better Call Saul sta anche nel fatto di aver creato dei personaggi così intensi da far sì che il loro venir meno, anche per un episodio o due, non si senta particolarmente, proprio perché la loro presenza aleggia in ogni singola inquadratura e battuta – è il premio che si ottiene quando si mescolano qualità e realismo.
Expenses ci conduce, quindi, verso il finale di stagione proseguendo nella narrazione del cambiamento non solo di Jimmy, ma di tutti quelli che fanno parte del suo mondo. È una Albuquerque che cambia, con assetti di potere in divenire e potenzialmente letali.
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