Cuore di Giglio
Il labbro inferiore di Roslin tremò di fronte allo sguardo felino dell’uomo che aveva preso come marito. Aprì la boccuccia, incapace di proferire un qualsiasi suono mentre le mani, piccole e flessuose, si stropicciavano per via dell’agitazione. Sapeva ben poco di quello che l’aspettava, solo brandelli di informazioni strappate a servette impudenti che ogni notte cercavano i favori di sir e lord minori con le loro forme prosperose, forme che madre natura non sembrava aver concesso alla più piccola delle Frey.
“ E se non gli piaccio? ” Si domandò la fanciulla, incapace di non allontanare il tipico dubbio femminile che accompagnava ogni donna maritata a un uomo senza scelta.
Edmure Tully dal canto suo la osservava insistentemente come se si aspettasse che ella si avvicinasse. Non fu così. Roslin continuò a rimanere immobile nella sua posizione, sarebbe potuta sembrare una statua se non fosse stato per le mani e i tremiti che scuotevano il suo corpo ancora vergine. Non si sarebbe mossa, non di sua volontà per lo meno, e ad Edmure non servì molto per capirlo.
Fu lui a fare i primi passi, ben più decisi del necessario, che lo portarono a sfiorare la giovane moglie sino a sentire i piccoli seni abbassarsi e ad alzarsi ad ogni respiro. Respiri profondi, ricchi di una tensione che lo portò ad imprecare mentalmente, quasi si sentisse in colpa al solo pensiero di doverla /profanare/.
Alzò una mano e le sfiorò una guancia, portandola ad irrigidirsi, mentre questa lo fissava con occhi spalancati, simili a quello di una cerva di fronte al cacciatore. Roslin Frey non era una di quelle puttane di città della talpa, era una donna la cui purezza sembrava essere refrattaria al suo tocco e che lo osservava come se si trovasse davanti al più crudele degli assassini. Il giovane Tully non poté fare a meno di chiedersi se ogni donna fosse come lei la prima notte di nozze e con che cuore gli altri avevano suggellato il patto matrimoniale.
Strinse le labbra in una linea sottile, incapace di ignorare le voci mentali che schernivano quel suo essere così codardo e il suo aver paura delle reazioni di una ragazzina. Si abbassò dunque, avvicinando il volto al suo per esplorarle la bocca, lasciandole così l’impronta del suo primo bacio sulle labbra.
Erano calde, fu questo il primo pensiero della giovane Frey mentre rimaneva ferma davanti al letto. Così calde che lentamente le modellarono il labbro sino a farlo dischiudere, come se lei fosse la conchiglia e lui l’acqua bollente.
Chiuse gli occhi, imitandolo, mentre timidamente alzava le braccia, che prima erano state abbandonate lungo ai fianchi, per tastargli con delicatezza il volto, dandogli così senza saperlo un tacito “via libera” che portò lo sposo ad afferrarla per la vita. Un altro bacio, questa volta più passionale e che le fece pensare di soffocare, come se fosse obbligata a rimanere in apnea mentre lui, come acqua, cercava di rubarle il respiro.
Lui la desiderava, ormai la Frey pareva averlo capito via via che le labbra si facevano più voraci così come le mani. Lui la desiderava a differenza di quel sovrano del nord che aveva preferito una giovinetta senza arte né parte alla sua dolcezza. Robb Stark aveva rifiutato lei, lei che era il simbolo di un’alleanza, che era il prezzo da pagare per raggiungere Approdo del re e i suoi figli nati dal peccato.
Roslin afferrò il neo sposo per i capelli, spingendosi contro di lui mentre sentiva la rabbia, la delusione e la gelosia irromperle nel petto e farle latrare quel suo cuore tradito e spezzato senza nessun ritegno da un ragazzo che giocava alla guerra. Robb l’aveva rifiutata e venduta all’uomo che ora abbracciava, l’aveva scambiata come se fosse un oggetto ed era accaduto tutto così in fretta che non aveva nemmeno avuto un momento per pensare. Pensare, non ce ne era bisogno visto che il suo essere femmina portava persino il suo urlo più acuto ad essere udito come un sussurro lontano. Lei era una donna e come tale non poteva pronunciarsi o mostrare dissenso, solo accettare un cambio repentino di promesso e sperare che Edmure desideri solo e soltanto per lei.
Non era più tempo di dolci baci sulle labbra, Edmure lo sapeva e iniziò a scendere sul collo, sulla spalla…Ricoprendola di baci più /intimi/ prima di raggiungere il laccetto che teneva in piedi la veste e che la faceva sembrare un pacchetto. Laccetto che tirò in fretta, liberandola così da quell’intoppo di stoffa per riuscire ad ammirare la bellezza genuina della sua consorte. A pensarci bene per lui l’imprudenza del nipote era stata una fortuna, era riuscito ad assicurarsi un corpo mai toccato, vergine, che apparteneva a una donna dal carattere mesto.
Roslin abbassò il volto, colta del classico rossore dei puri, mentre Edmure si spogliò a sua volta, pronto a rendere valido quel matrimonio.
Ma lei era pronta? No, e in tutta risposta riprese a tremare, incapace di trattenersi dal coprirsi con le mani troppo piccole.
Edmure riprese ad accarezzarla, dolci sfregar di pelle che venivano di tanto in tanto interrotti da baci umidi mentre il suo corpo veniva sospinto sul talamo, obbligato a rimanere esposto alla mercé dello sposo. Lui toccava ed esplorava, cercando di ammorbidire i suoi muscoli sin troppo rigidi, e facendola di tanto in tanto sobbalzare e dischiudere le labbra mentre una sinfonia di emozioni nuove e contrastanti saliva dai più profondi anfratti del suo corpo portando alla luce il suo essere donna.
Roslin portò una timida mano sulla sua schiena e sfiorò quei muscoli che si tendevano e si contraevano ad ogni movimento deciso, ritmico oserebbe pensare, mentre la sua verginità veniva presa e il suo fiore raccolto. Non era più un giglio e mai sarebbe più potuto esserlo, lui l’aveva raccolta e d’ora in poi sarebbe appassita tra le sue dita callose e sarebbe mutata per dare la vita.
Stava inaugurando la sua nuova vita e dicendo addio ai suoi panni di fanciulla per vestirsi con quelli da donna. Ma tutto questo le sfuggì nuovamente dalle dita visto che, al termine del rito, i suoi stessi soldati le portarono via quel marito tanto dolce, incuranti delle sue parole e dei suoi lamenti. Le rilanciarono la veste, obbligandola a vestirsi mentre le raccontavano il piano che suo padre aveva orchestrato per /lei/. Roslin abbassò lo sguardo, non era stato per lei. Se fosse stato così egli non l’avrebbe fatta profanare da un nemico.
Così come era stata spinta tra le braccia di Edmure, venne nuovamente retrocessa a spettatrice di momenti che non riusciva a riconoscere come suoi.
La sala dei festeggiamenti si era trasformata nel luogo di un massacro e troppi uomini si contorcevano sul pavimento prima di essere finiti dai Frey, gli stessi che considerava membri della sua famiglia.
Non era per lei, Roslin non aveva chiesto tutto questo ma solo pace, pace e una serenità che poteva raggiungere solo grazie all’amore cortese da cui era stata rapita in gioventù. Quell’amore che cantavano le canzonette e che avrebbe voluto vivere sulla sua pelle. Aveva chiesto questo /lei/ e non un massacro o un banchetto di sangue o un marito che non avrebbe mai più abbracciato.
Gli occhi della fanciulla si riempirono del sangue che sgorgava dal suo cuore ferito e questo, in forma di lacrima, le rigava le guance sino a colare e a perdersi sul pavimento.
« Pietà » fu l’urlo strozzato della neosposa, un urlo che non fu ascoltato.
In fondo chi mai prestava orecchio ai dolori e al valore di una donna?
Paiva