Doctor Who – Recensione 10×01 – The Pilot

Le festività hanno sempre un sapore speciale, ma quest’anno Natale e Pasqua hanno avuto quel quid in più rispetto all’ordinarietà che assumono ogni qualvolta si ripresentano. E questo ogni Whovian lo sa benissimo.
Oltre all’uovo e alle sorprese il cuore di ogni appassionato si riempie di rinnovata gioia grazie al ritorno del suo show preferito.
Doctor Who ci era mancato terribilmente. L’assaggio assai gradito che ci hanno concesso gli autori questo Natale ha fermato solo in parte la fame di nuove avventure e l’attesa per l’inizio della decima stagione si era fatto davvero insostenibile.
Questa lunghissima attesa e la consapevolezza del momento di transizione che sta subendo lo show ai vertici narrativi hanno pesato enormemente nei cuori e nei calendari di tutti i fan.

Con questa 10×01 si apre l’ultimo capitolo dell’era di Steven Moffat, showrunner brillante e capriccioso che ha orchestrato e sconvolto per ben sette lunghi anni la mitologia dello sci-fi più longevo della storia della televisione.
Per quanto lo sconvolgimento e l’intreccio narrativo dato da commistione tra passato, presente, futuro e assurdo siano elementi che contraddistinguono la scrittura eclettica di Moffat, The Pilot si inserisce invece in una struttura narrativa di tipo ciclico ben nota ai telespettatori.
Non è inusuale infatti ritrovare in questo episodio alcuni elementi tipici del New Who riguardo all’introduzione della nuova companion del Dottore.

Nel Classic Who la presentazione della nuova compagna di viaggi era solita avvenire in corsa con gli eventi, talvolta affiancava il Dottore solo per pochi episodi.
A partire dal 2005 invece si è preferito invece dare più spessore alla companion, concedendogli una giusta introduzione e una stabilità più duratura e significativa all’interno dell’equipaggio della TARDIS.
Questa scelta ha conseguentemente influenzato lo stile narrativo di ogni episodio introduttivo e The Pilot non fa di certo eccezione.
Rose, Smith and Jones, Partners in Crime, The Eleventh Hour e The Bells of Saint John concentrano tutti il focus sul nuovo personaggio, preferendo relegare in secondo piano intrusioni aliene e piani di conquista terrestre da parte di invasori venuti da Universi lontani.

L’introduzione di Bill Potts nell’universo whovian avviene secondo il modus narrativo tipo di Moffat: frenesia ed elasticità temporale.
L’incontro iniziale dura pochi minuti, il tempo necessario per il telespettatore di prendere confidenza con la futura companion. Poi la scena cambia velocemente: il Dottore insegna stabilmente in un’università, Bill invece serve patatine a mensa e il telespettatore medio non fatica ad intuire che la narrazione ha subito una brusca accelerazione temporale in avanti. Lo scorrere del tempo è relativo, imbrigliato e piegato anch’esso alle leggi che regolano la mitologia dello show. Il telespettatore rimane talvolta disorientato perché tenere il passo con il ritmo imposto da Moffat equivale a correre una maratona con l’affanno tipico di chi non è abituato ad un esercizio costante. Un tratto stilistico, questo, tipico dello showrunner che ama tenere in allenamento la nostra intelligenza e la nostra flessibilità mentale.

The Pilot quindi si rivela un titolo calzante sotto moltissimi punti di vista, non solo per la prima apparizione di Bill. Purtroppo il riferimento a ciò risulta essere quello più immediato, vista la marginalità che la componente aliena è costretta a pagare per lasciare spazio alla nuova companion.
Ma non dobbiamo preoccuparci troppo che questo nuovo villain rimanga fine a se stesso. È capitato spesso che alcune storie, filoni narrativi, rievocazione di antichi nemici o introduzione di nuovi ritornassero in un secondo momento, così da avere il giusto spazio e un aggancio anche con la trama orizzontale. In ogni caso comunque, ci troviamo dinanzi a originalità creativa.
Anche la storia dell’olio intelligente, fuoriuscito accidentalmente da qualche nave spaziale, che ha bisogno di un pilota per poter lasciare il pianeta, rientra con i meriti e gli onori in questa tipologia di espediente narrativo, marginale rispetto alla trama verticale ma utile per la presentazione di Bill.
Viene spontanea poi l’associazione della presenza umidiccia di Heather a Water of Mars, sostanzialmente perché giocare con allagamenti o strani flussi di acqua rievoca nelle coscienze degli spettatori una delle paure primordiali più diffuse.
Agli autori burloni e sadici ci siamo abituati da tempo.
Il tutto si risolve in modo semplice e coerente, senza scomodare particolari leggi fisiche whoviane, quasi a volerci avvisare che il meglio sta ancora bollendo in pentola.

Come inizio di una decima stagione che, a differenza delle altre, non è fine a se stessa ma punta dritta verso un obiettivo ben preciso, The Pilot risulta essere più che buono e ci porta di già ad attendere con trepidazione l’arrivo di ogni episodio.
Con passaggio di testimone ai vertici della scrittura e l’annuncio dell’abbandono di Peter Capaldi nel vestire i panni del Dottore, la paura e l’ansia del cambiamento crescono sempre di più, specialmente perché sembra passato solo ieri dall’arrivo di Twelve e già dobbiamo dirgli addio.
Ma nonostante i timori, siamo incuriositi e attratti da questa nuova serie di avventure, vista la partenza più che buona della 10×01. Dalla sbirciata che ci hanno concesso con il promo dell’intera stagione e con le indiscrezioni trapelate in giro per il web, questo nuovo ciclo di episodi avrà un occhio rivolto al passato, non solo quello dei manuali di storia (perché un episodio ambientato in un’epoca storica ben definita e riconoscibile è sempre molto gradito) ma anche a quello della serie stessa. Altro tratto caratterizzante della scrittura di Moffat è senz’altro quello di cercare dei legami con la serie classica, risvegliarli dal criosonno e riannodarli con gli eventi presenti, lasciando però volutamente degli interrogativi, dei nodi di trama non saldamente legati per futuri sviluppi. Clara ha chiuso un importante ciclo, ma non tutto è stato ancora chiarito. I riferimenti sono d’obbligo non solo per quanto riguarda uno scopo puramente commemorativo ma anche ai fini della stessa trama orizzontale.
Missy/The Master è uno tra questi.

Menzioni d’onore a Nardole, graditissima new entry dell’equipaggio della TARDIS, all’accenno della Quinta di Beethoven con la chitarra elettrica, ai Dalek, alle foto di Susan e di River Song sulla scrivania, allo ‘Shark Attack!’ in Australia e al dialogo intorno alla TARDIS e al suo essere bigger on the inside.

About anna_who

Top 5: LOST, Doctor Who, Sons of Anarchy, Sex and The City, Game of Thrones. Classe 1990. Ama alla follia lo sci-fi, il fantasy e tutto ciò che implica il genere soprannaturale. L'incontro con le serie tv avviene in tenera età, quando i suoi la iniziano a Charmed, X-Files e ER. Trascorre l'infanzia tra le crisi adolescenziali dei ragazzi di Capeside e le avventure della Scooby Gang: è a questo periodo che risale la comparsa di alcuni sintomi della telefilia. La sua dipendenza non ha trovato altra cura se non quella di assecondare la sua innata capacità di guardare un episodio dietro l'altro fino a farsi bruciare gli occhi.

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