Doctor Who – Recensione 10×05 – Oxygen

“Space, the finale frontier. Final because it wants to kill us.”

 

Con queste parole si apre il quinto episodio della decima stagione di Doctor Who, Oxygen. Finalmente il Dottore si ritrova ad affrontare una nuova avventura nello spazio aperto, dal quale era stato lontano per fin troppo tempo, dopo entrambe le avventure londinesi.
Relegato a non potersi allontanare dalla camera blindata, con Nardole ad osservare e impedirgli ogni suo spostamento, sappiamo perfettamente quale nostalgia provi ad essere lontano da galassie lontane e avventure a bordo di astronavi, un po’ come privarlo dell’aria che respira, paragone assolutamente non casuale.

Come il canto di una sirena, il Dottore non sa negarsi all’emergenza di cui tratta “Oxygen”, una stazione spaziale nella quale l’ossigeno viene misurato, pagato e non sprecato e dove tutti sono costretti ad indossare tute spaziali, che sembrano dotate di vita propria.
Questo è un interessante rimando a puntate iconiche per il new Doctor, come Silence in the Library e The Impossible Astrounaut, e non da meno, non solo riesce ad acquisire uno status di episodio valido e godibile, ma soprattutto funge anche da apripista per i prossimi, considerando i risvolti finali.

Oxygen ha un ritmo serrato, che sembra quasi ripartizionato costantemente e simmetricamente dai continui avvertimenti riguardo le conseguenze dell’assenza di ossigeno nello spazio e al contempo della gravità del suo spreco e di quanto sia importante centellinarlo.
Questa sottile critica non risulta interessante solo dal punto di vista moralistico, ma anche dal punto di vista dell’interpretazione di  Pearl Mackie:  la reazione di Bill a questo mondo distopico e la sua incredulità del  dover valutare l’aria come un bene di mercato, sembra assolutamente realistica e non forzata.
La paura segna il suo volto fino all’ultimo secondo, nel climax centrale, dove deve riuscire a fidarsi del Dottore neldoctor who destino tragico, che le viene presentato senza alcuna alternativa, ovvero lasciarsi morire, con la promessa di essere salvata.
Questa scena melanconicamente meravigliosa riesce a rendere l’avventura di Bill ancor più reale e distanziarla da alcune precedenti companion certe volte surrealmente troppo impavide.
Bill dopo aver chiesto al Dottore una battuta, non resiste e nella solitudine assoluta invoca la madre, ultima immagine che i suoi occhi riusciranno a vedere prima del suo risveglio.
Il Dottore mantiene la promessa, perché in primis sapeva di poterla salvare da quell’esercito di morti senzienti al quale sembrava non avere scampo.
È proprio lui però a rimanerne ferito, spalancando la nostra immaginazione sui diversi scenari che solo i prossimi episodi potranno farci da spiegazione. Di fatti il Dottore perde la vista, rassicurando Bill che i suoi effetti non saranno permanenti e che possa essere curato nel Tardis, o con occhi di lucertola di ricambio (risvolto che sicuramente avremmo voluto vedere!).
La realtà è ben diversa. Nessuno avrebbe potuto mettere in conto la permanenza di questi effetti collaterali, per i quali a sua detta non potrà vedere più, ma non è solo questo a turbarci.
Nardole, finalmente più presente e non relegato solo ai minuti iniziali e finali dell’episodio, rammenta quanto sia importante che il Dottore non debba ferirsi, poiché necessita di essere pronto per difendere la Terra nel momento in cui la porta della camera blindata si aprirà.
Come già avevamo compreso in “Knock, Knock” al suo interno è custodita una creatura che può comprendere il linguaggio umano e l’atteso ritorno del Maesto non può ricondurci a nessun’altra aspettativa possibile.
Questa chance diventa ancora più credibile dopo le parole di Nardole, infatti chi potrebbe comprendere meglio di lui le fragilità del Dottore e allo stesso tempo apparire come una terribile minaccia per la Terra?
Si tratta ancora di speculazioni, ma gli indizi sono chiari, sebbene renda le motivazioni del perché sia rinchiuso lì e soprattutto perché sotto quella determinata forma ancor più nebulosa.
La permanente o meno cecità del Dottore risulta un cliffhanger inaspettato ed efficace che, in un certo senso sembra aprire prematuramente la ferita del season finale, dandoci un assaggio di quel sentimento che ci accompagnerà per molto tempo, dopo la necessaria e inevitabile rigenerazione di Capaldi.

About missdanastood

Parlo troppo e il mio corpo è fatto al 100% di caffeina e rabbia. Se fossi un personaggio di un telefilm, sarei entusiasta come Leslie Knope, pazza come Charlie Kelly, ossessionata da Got come Ben Wyatt il tutto con le fattezze di Kimmy Schmidt e l'armadio di Hannah Horvat

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