Doctor Who – Recensione 10×12 – The Doctor Falls

‘I’m not a doctor. I’m THE Doctor. The original, you might say.’

L’espediente del doppio episodio è una strategia narrativa molto amata da Steven Moffat.
Ne ha fatto un ampio uso durante tutta la scorsa stagione, forse risultando eccessivo e ridondate il continuo uso e abuso in alcuni casi di questo modus. Probabilmente la sua costante riproposta era legata a problemi di budget che avevano costretto il team creativo a questa scelta pur di non far mancare ai suoi fan affezionati l’annuale dose di avventure di the mad man in a blue box, fatto sta che l’utilizzo della doppietta di episodi collegati tra loro da strazianti flashforward si dimostra assolutamente vincente per concludere la decima stagione di avventure del Dottore e il lavoro all’interno del team creativo e produttivo dello stesso Steven Moffat.

A differenza di quanto ami fare solitamente e di tutti gli intricati voli di wibbly wobbly timey wimey stuff con cui ci ha sempre tenuto in allenamento l’intelligenza, portandoci della volte persino a teorizzare l’assurdo che solo nell’universo di Doctor Who poteva trovare una logica quanto assurda e strabiliante veridicità, Steven Moffat ha voluto dire addio alla sua avventura di showrunner lunga sette anni lasciando un varco aperto ai futuri sviluppi dello show, avvalendosi di un potentissimo cliffhanger con cui passare il testimone a Chris Chibnall che si troverà tra le mani un enorme bagaglio storico e artistico. A cominciare innanzitutto dall’apparizione finale di First, il Dottore di William Hartnell interpretato da David Bradley, il quale ha già vestito i suoi importanti panni nel commovente film An Adventure in Space and Time.
Una nuova avventura con due Dottori in scena non è poi così inusuale nell’universo di Doctor Who, considerando che conosceremo più approfonditamente gli sviluppi di questo incontro nel consueto Christmas Special. È lecito pensare che questo Natale non ci attenderà nulla di troppo cervellotico o macchinoso, in puro stile Moffat, quanto piuttosto un episodio nostalgico e struggente, con la dolorosa rigenerazione iniziata tramite il cliffhanger di World and Enough Time attorno al quale si è sviluppata tutta la trama di questa doppietta. Machiavellico quanto geniale, Steven Moffat ha orchestrato i suoi ultimi colpi di scrittura facendoci vivere in prima persona la crisi del Dottore e il suo dolore annesso alla tenacia di voler rimandare la rigenerazione. Viene semplice quindi pensare che il ruolo di First sarà quello di accompagnare Twelve verso l’accettazione del suo destino, in uno Special che si prefigura come un lungo viaggio con David Bradley nelle vesti di un Virgilio moderno.

A proposito di cervellotiche teorie, questa volta Moffat fa un po’ di chiarezza su uno dei dubbi che ci hanno attanagliato la mente fin dalla prima introduzione del personaggio di Missy all’interno dello show.
L’identità di Missy ci era stata svelata nel lontano Dark Water, ma gli indizi sul misterioso e folle personaggio erano stati disseminati lungo tutta l’ottava stagione. La teoria che vedeva Missy come abbreviazione di Mistress e quindi Master era una delle più gettonate. Il colpo di scena ci lasciò stupiti e perplessi allo stesso tempo, dal momento che il ritorno in scena di un personaggio così importante portava con sé nuove domande e nuovi interrogativi che ancora attendono di essere chiariti.
Il primo fra tutti è dato dalla novità portata con una rigenerazione al femminile. Nel Classic Who il Master viene introdotto per la primissima volta come l’ultima rigenerazione del suo ciclo che, per motivi oscuri o complicati degenera. Il Master è quindi costretto a possedere corpi di altre persone per poter sopravvivere. Sappiamo poi che i Time Lords gli donarono un nuovo ciclo di rigenerazioni durante la Time War, ma il Master fuggì dallo scontro e, grazie a un congegno a forma di orologio da taschino, si trasformò in un umano rifugiandosi avanti nel tempo, per poi essere riconosciuto da Ten in Utopia. Durante i minuti più da cardiopalma di The End of Time, il Master decide di sacrificarsi e di intrappolare se stesso, Rassilon e Gallifrey stessa nel vortice temporale della Time War.
Da quanto ci ha fatto sapere il Master di John Simm non ha dovuto faticare a spezzare nessuna time lock, dimostrando coerenza quindi con ciò che è sempre stato, ma sulla veridicità di tali parole non possiamo essere totalmente sicuri.
Possiamo esser certi che sia incappato in qualche situazione estremamente pericolosa che lo ha costretto a rigenerarsi, ma non è certo che la sua successiva rigenerazione sia proprio Missy, nonostante il Master la riconosca come futuro se stesso.

Il ritorno di John Simm ha creato aspettative e hype altissime nei telespettatori fin dal momento in cui il team creativo ha deciso di rivelare al mondo degli Whovian la sua presenza nella stagione.
Forse abbiamo assistito ad una nuova occasione sprecata da parte di Moffat, forse dietro c’è un disegno più grande che ancora non ci è dato comprendere, fatto sta che una stagione che trasudava rievocazioni del Classic Who, non solo nella struttura squisitamente narrativa, abbellita da citazioni che riecheggiavano all’illustre passato, i conti faticano a tornare soprattutto quando si ambisce a tenere sotto controllo la coerenza narrativa con l’immensità del passato e della mitologia su cui poggia l’intero show.
Le interazioni tra il Dottore, Missy e il Master sono da standing ovation con applausi scroscianti e qui Moffat pesca a piene mani in quel capolavoro di The Day of The Doctor, dove il rimando ai dialoghi tra i tre Dottori è troppo forte per essere ignorato.
John Simm è superbo e ancora perfettamente calato nel suo ruolo di villain doppiogiochista e a nulla vale lo struggente monologo di Twelve, reso alla perfezione in tutto il suo doloroso dissidio da un eccelso Peter Capaldi. Il barlume di redenzione che ha toccato i cuori di Missy non riesce quindi a sciogliere il muro di ostilità del Master.

Personaggi ricorrenti e ritorni di vecchie glorie e antichi nemici hanno il sapore dolce-amaro dell’elemento narrativo verticale e quello del puro intrattenimento, piuttosto preferiscono infoltire ancora di più l’alone di mistero fornendo nuovo materiale per arrovellare il cervello degli Whovians con nuove domande che non si sa di preciso quando o se troveranno il giusto incastro nel meccanismo.
Il Master e Missy si sono feriti brutalmente; nel caso di Missy è lecito pensare a una sua dipartita dal momento che la stessa Michelle Gomez, da quanto si sa, non sembra voler ritornare nuovamente nello show.
Folle, delirante, pazza e sopra le righe e capace di dare filo da torcere al Dottore, Missy e le sue origini hanno alimentato le supposizioni lungo tutte le tre stagioni di Twelve, così come lo spoileroso ritorno del Master con cui ci hanno stuzzicato la mente fin dal primo trailer. Non abbiamo avuto nulla per soddisfare la nostra curiosità e la sua morte ci fa storcere prepotentemente il naso. Eliminare il suo personaggio ha lasciato aperti così tanti dubbi che forse futuri sceneggiatori si sarebbero presi la briga di sciogliere reinserendolo nello show nel momento più opportuno. È cosa ben logica da pensare, d’altronde, che si abbia coscienziosamente voluto lasciare in sospeso nel tempo e nello spazio le sorti del Master, fuggito in extremis, dal momento che nessun autore ingabbierebbe volutamente in un Limbo senza via di fuga un personaggio di tale portata, in modo tale da poterlo far tornare quando si ritiene più opportuno così da dare più spessore al tutto. Cosa che è sempre avvenuta per i Dalek.
Ma ci sono degli interrogati e delle questioni in sospeso alle quali non possono fuggire nemmeno quelle menti folli e geniali degli autori.
E anche perché quello del Master è un passato troppo interessante e fonte di grande curiosità per rimanere per sempre inesplorato.

‘Whers’s a tear, there’s hope.’

Bill Potts non è la sola a versare lacrime, ma anche noi lasciamo che sgorgano libere dai nostri occhi e ci righino il viso.

L’introduzione della nuova companion, dopo la mesta dipartita di una Clara che si è posta a conclusione di un importantissimo ciclo, aveva piacevolmente sorpreso tutti i telespettatori, mettendo a tacere fin da subito le perplessità dei più scettici.
Curiosa, brillante e schietta, Bill Potts è entrata subito nelle nostre simpatie, abbattendo immediatamente i muri del tabù legato alla sessualità e restituendo anche quel quid che tanto era mancato al Dottore cupo e ombroso di Capaldi.
È indubbio che ci mancherà moltissimo, ma nonostante la breve partecipazione di una magnifica Pearl Mackie, il suo personaggio ha chiuso coerentemente il cerchio aperto in The Pilot.
Le lacrime di Bill si rivelano il deus ex machina dell’intera situazione: salvano il Dottore, apparentemente morto sul campo di battaglia, avviando la rigenerazione e salvano anche lei stessa, permettendole così di ricongiungersi con l’umidiccia Heather. C’è da dire che nonostante il destino di Bill sia stato più crudele e improvviso, rispetto a Clara è riuscita ad ottenere una sorte di lieto fine non così avulso dal suo personaggio e da ciò che di esso ci è stato fatto conoscere.

L’ottimo lavoro sui dialoghi e sui personaggi – Nardole meriterebbe di entrare nell’equipaggio della TARDIS come regular – e l’eccezionale bravura del cast, The Doctor Falls lascia troppo l’amaro in bocca al telespettatore, non riuscendo così ad applaudire con convinzione non appena appaiono i credits finali.
Agli autori burloni e sadici ci siamo abituati da tempo, ma la beffa del Master è un boccone difficile da mandare giù, nonostante le lodi a non finire da tessere a John Simm.
La spiegazione circa la nascita dei Cybermen, concepiti come una naturale evoluzione del genere umano, è brillante e terrificante allo stesso tempo per il suo grande impatto con i tempi contemporanei, ma avremmo preferito lungamente che l’evoluzione toccasse a qualche personaggio random introdotto squisitamente a tale scopo piuttosto che alla nuova companion.
L’importante cliffhanger posto a chiusura di una decima stagione che ha risollevato i sorti di due stagioni piuttosto sottotono non sempre all’altezza delle potenzialità di un attore come Peter Capaldi ha già reso spasmodica l’attesa per l’arrivo del Natale.

anna_who

Top 5: LOST, Doctor Who, Twin Peaks, Sons of Anarchy, Sex and The City.
Classe 1990. Ama alla follia lo sci-fi, il fantasy e tutto ciò che implica il genere soprannaturale. L'incontro con le serie tv avviene in tenera età, quando i suoi la iniziano a Charmed, X-Files e ER. Trascorre l'infanzia tra le crisi adolescenziali dei ragazzi di Capeside e le avventure della Scooby Gang: è a questo periodo che risale la comparsa di alcuni sintomi della telefilia. La sua dipendenza non ha trovato altra cura se non quella di assecondare la sua innata capacità di guardare un episodio dietro l'altro fino a farsi bruciare gli occhi.

1 Comment

  1. “una decima stagione che ha risollevato le sorti di due stagioni piuttosto sottotono”???
    beh, ovviamente i gusti sono gusti, ma mi trovi totalmente in disaccordo. credo che quest’ultima stagione sia stata una delle più brutte, se non la peggiore, viste finora nel nuovo ciclo di doctor who. e, my 2 cents, sicuramente lontana anni luce dalla scorsa stagione, che considero invece tra le migliori, sebbene non la migliore…

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