Doctor Who – Recensione 9×07/08 – The Zygon Invasion/The Zygon Inversion

Mi capita rarissime volte di dover scrivere una doppia recensione per motivi universitari, ma molte volte riuscire a conciliare utile e dilettevole non sempre è semplice. Si deve fare una scelta e a subire le conseguenze di queste scelte sono sempre  serie tv. Questa volta è toccato al mio amatissimo Doctor Who e con l’ennesimo doppio episodio pregno di attualità, tematiche delicate e argomenti scottanti ma imbastiti con quel quid tipicamente whoviano capace di fare riflettere e sorridere allo stesso tempo. È la magia di uno show che con oltre cinquant’anni di storia non smette mai di stupire e di far innamorare nuove generazioni di predestinati.

The Zygon Invasion

The Day Of The Doctor ha rivoluzionato profondamente la mitologia classica sulla quale ha poggiato solidamente Doctor Who durante i suoi 50 anni di storia. Responsabilità e consapevolezza che vengono caricate sulle spalle del Dottore di Peter Capaldi, il quale si trova a fare i conti con tutti i pro e i contro di questo nuovo capitolo della storia dello sci-fi più longevo della storia della televisione. Se da una parte il tema Gallifrey è stato momentaneamente ibernato in un criosonno dal quale verrà risvegliato a piccole dosi, quasi a volerlo conservare per quando i tempi saranno più maturi, strizzate d’occhio e ammiccamenti a gloriosi momenti del passato non possono di certo mancare.
Il dubbio quindi che l’ottava fosse solo una stagione preparatoria e apri-pista trova la sua definitiva conferma, ora più che mai di fronte all’emergere della forte e netta continuità con la trama orizzontale.
Era ovvio che la ventata di novità e il non indifferente carico narrativo di cui The Day Of The Doctor è stato portatore non potevano rimanere relegati a lungo in 90 minuti di episodio speciale. Già due anni fa, il team creativo aveva deciso di non porsi dei limiti, quanto piuttosto di lasciare volutamente degli interrogativi, dei nodi di trama non saldamente legati per futuri sviluppi di trama. Ed è ciò che hanno fatto disseminando nel corso degli episodi con costante frequenza la stessa Osgood (la cui morte nello scorso finale di stagione aveva lasciato perplessi i più e indignati i molti), alla quale vanno ad aggiungersi come rinforzo per validare le ipotesi dei fan il ritorno di una UNIT più in forma e svecchiata e la storica pace tra Zygon e Terrestri che ha permesso la convivenza tra le due razze. Un accordo quest’ultimo che sembrava essere passato in sordina, vista la svolta epocale data alla serie con la salvezza di Gallifrey.
Ora finalmente ha la possibilità di riscattarsi dal momentaneo stand-by in cui era stata confinata per esigenze di trama e ritagliarsi un più che meritato spazio.

L’universo e la mitologia di Doctor Who è popolata da tantissimi villain storici e altri di nuova introduzione. Dalek, Weeping Angels, Master si sono affacciati frequentemente nel corso delle stagioni. Gli Zygon, invece, sono comparsi in un solo momento col Dottore di Tom Baker. Fortunatamente il team creativo ha deciso di rispolverarli, a vantaggio di percorsi di trama estremamente interessanti. Questi villain sono un geniale connubio di belligeranza e intelligenza, a cui si unisce la straordinaria capacità di assumere sembianze umane. L’opportunità di giocare con gli ultracorpi è grandissima, la quale viene arricchita ulteriormente da scambi di persona e minacce interne.

La scrittura è affidata a Peter Harness che aveva già dato il suo contributo creativo nella scorsa stagione con Kill The Moon. Il modus operandi dell’episodio rispecchia lo stesso scheletro eterno di The Zygon Invasion, ma l’inserimento di dinamiche politiche e tematiche di grandissima attualità storico-sociale fanno presagire fin dai primissimi minuti che la risoluzione della situazione e il ripristino dello status quo non avverranno con una liquidazione facilona o semplicistica che spazia in soluzioni estremamente fantasiose. Non è mia intenzione parlare male dell’altra unica creatura di Harness, quanto piuttosto di stabilire una sorta di connessione e parallelo tra le sue due scritture.
The Zygon Invasion è un episodio imponente, carico di tensione e denso di questioni scottanti terribilmente attuali: una razza aliena costretta a vivere da una pace mediata dal Dottore su un pianeta non suo con sembianze non sue. Una tranquillità apparente nel momento in cui iniziano ad emergere gruppi integralisti e a ribollire dall’interno alimentati da un crescente malcontento misto a belligeranza gratuita.

I misteri in Doctor Who regnano sovrani fin dal lontano 1963 e serpeggiano costantemente in ogni angolo di ogni episodio, a volte nascondendosi nell’ombra, altre volte mostrandosi apertamente, andando ad innescare ogni volta quell’arrovellamento di cervello che porta a formulare ipotesi e congetture per cercare di dare una spiegazione più o meno logica e di collocare ogni elemento al proprio posto. O almeno ci si prova.
Doctor Who è una palestra eccellente per l’intelligenza e di ciò il team creativo ce ne ha dato puntualmente prova.
Il mistero e le teorie attorno a Osgood sono iniziate fin dalla sua primissima apparizione, e i piccoli assaggi della sua presenza fanno presupporre, a ragione, che la sua importanza all’interno della trama vada al di là del semplice coinvolgimento nella UNIT. La sciarpa di Four, il bow-tie di Eleven, i punti interrogativi di Seven non sono di certo particolari inseriti per il mero richiamo storico fine a se stesso. Cadere nel buco nero dell’ovvio non è certo un qualcosa che ci si può aspettare da Moffat&Co.

Jenna Coleman nei panni del villain di turno è stato, hands down, uno dei momenti migliori dell’episodio. Spesso sottovalutata come attrice, questa volta ha la possibilità di riscattarsi e di dare sfoggio della sua bravura, toccando altissimi livelli. Un talento mancato il suo, così come il suo ruolo di companion – forse eccessivamente sacrificato alla luce della sua particolare storia – ora che il suo addio ha iniziato il conto alla rovescia?

The Zygon Inversion

Non si potevano nutrire dubbi: dopo un episodio preparatorio come The Zygon Invasion, era ovvio che il seguito sarebbe stato ricco di azione, risvolti (non del tutto) imprevisti e di quei monologhi recitativi tanto cari agli Whovians che mancavano da The Rings of Akhaten.
Di conseguenza i personaggi di contorno tornano dietro le quinte e lo spazio scenico viene occupato dai veri detentori dei fili della trama che la dipanano per tutto il suo svolgimento e la giusta conclusione attraverso dialoghi e monologhi carichi di significato.

The Zygon Inversion è un lavoro a quattro mani di Harness con Steven Moffat, il cui stile narrativo emerge fortemente in tutta la scrittura dei 45 minuti.
A cominciare dal dialogo di Clara con Bonnie, grazie al quale Jenna Coleman ha modo di dare di nuovo prova della sua bravura recitativa. Nonostante l’angoscia per la salvezza di Clara sia scemata già a metà episodio, essa non ha abbandonato del tutto il telespettatore, ben consapevole che l’orologio ha iniziato a battere gli ultimi rintocchi della nostra Impossible Girl. Tra fan entusiasti e detrattori, non si può certo negare l’importanza di Clara nella vita del Dottore, la quale ha rappresentato un importante punto di svolta nel modo di approcciarsi alla scrittura delle companion. Abbandonata la vena romantica e il coinvolgimento sentimentale che avevano caratterizzato Rose e Martha e l’ironia e l’irriverenza di Donna, Clara è colei che salva il Dottore da se stesso. Lo ha salvato quando si è gettata nella sua linea temporale, e lo ha salvato durante la Time War quando stava per prendere una delle decisioni più drammatiche della sua ultracentenaria esistenza – qui il logico se non inevitabile rimando a The Day Of The Doctor.
Quando avverrà, l’addio di Clara segnerà una svolta importantissima nella vita del Dottore e il suo stesso approccio con la futura nuova companion.

(Petronella) Osgood si riconferma l’ennesimo personaggio ricorrente che, speriamo, avremo il piacere di vedere coinvolta frequentemente nelle avventure del Dottore. Così come lo stesso destino lo auguro per Ashildr e per Missy, l’altra grande assente di questi recenti episodi.

Ma torniamo alla premessa iniziale sui monologhi e i dialoghi.
L’intero modus narrandi dell’episodio sembra muoversi verso la direzione del faccia-a-faccia del Dottore con Bonnie, di modo da poter essere il pretesto per il meraviglioso monologo di un immenso Peter Capaldi.
In questa stagione avevamo avuto qualche assaggio già in The Girl Who Died, ma non si era ancora presentata una vera occasione affinché anche questa rigenerazione potesse dar sfogo di tutto il dolore passato che ha dentro. Il Dottore è uno; ciò che cambia è solo il suo aspetto, ma la nuova rigenerazione porta con sé anche tutto l’enorme bagaglio delle precedenti. Ten è il Dottore del ripianto, Eleven è il Dottore che ha dimenticato, Twelve è il Dottore consapevole, che ha imparato dai propri errori e si può permettere di fare la predica perché sa perfettamente cos’è il vero dolore, il rimpianto per qualcosa che si è fatto e il non poter tornare indietro per porvi rimedio. Il Dottore mente, circuisce e confonde, gioca la sua partita di poker su un gigantesco bluff per non permettere più a nessuno di farsi male e di far del male.

Cambiano i volti del Dottore, ognuno si differenzia dal precedente e dal seguente per piccoli dettagli ma la morale e la filosofia alla base del suo modus vivendi resta sempre la stessa.
Tematiche scottanti come la pace e la non-violenza vengono affrontate con semplicità e intelligenza, senza scadere nella retorica o nella politica. L’efficacia e la genuinità del monologo si accompagnano ad una performance da applausi scroscianti e da un velo di lacrime che oscurano l’occhio ma non il giudizio, più che positivo circa l’andamento di questa nona stagione.
Riguardo Peter Capaldi, mi sembra superfluo aggiungere ulteriori plausi ed elogi.

anna_who

Top 5: LOST, Doctor Who, Twin Peaks, Sons of Anarchy, Sex and The City.
Classe 1990. Ama alla follia lo sci-fi, il fantasy e tutto ciò che implica il genere soprannaturale. L'incontro con le serie tv avviene in tenera età, quando i suoi la iniziano a Charmed, X-Files e ER. Trascorre l'infanzia tra le crisi adolescenziali dei ragazzi di Capeside e le avventure della Scooby Gang: è a questo periodo che risale la comparsa di alcuni sintomi della telefilia. La sua dipendenza non ha trovato altra cura se non quella di assecondare la sua innata capacità di guardare un episodio dietro l'altro fino a farsi bruciare gli occhi.

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