Donne forti nei telefilm: chi sono e cosa le rende tali

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La parità di genere ed il rinnovato ruolo della donna nella società moderna sono temi scottanti e all’ordine del giorno, rispetto ai quali sussistono posizioni controverse, sebbene sia innegabile che un cambiamento ci sia stato e che ne abbia risentito anche il settore dell’intrattenimento. Dimostrandosi ancora una volta una fonte qualitativa inesauribile, quanto e forse persino di più di quella cinematografica che dovrebbe esserle gerarchicamente sovraordinata, le serie televisive hanno colto appieno il mutato scenario e l’hanno portato alle estreme conseguenze, regalandoci esemplari unici di donne forti.
Il vero punto della questione, tuttavia, è il seguente: quando definiamo una donna tale? Dobbiamo davvero credere allo strisciante stereotipo che vuole la donna forte, minata nella sua stessa femminilità, troppo mascolina e dimentica della sua essenza più profonda, una copia mal riuscita e pallida della sua controparte maschile? Sul punto si sono svolti e si svolgono tuttora i più aspri dibattiti, prodotti malati di un mondo fin troppo severo col nostro sesso, all’interno del quale sembra che tutti sappiano esattamente come debba essere ed agire la donna della quale si discute in quel momento, tranne ella stessa.

s7_Buffy_b7x22_04-XLProviamo ad esaminare alcuni dei migliori esempi che il panorama televisivo, contemporaneo e non, ci ha donato. Impossibile non menzionare Buffy Summers, l’Ammazzavampiri: nata dal genio di Joss Whedon, rappresenta la summa di tutte le qualità che potremmo elencare come proprie di una figura paradigmatica nel campo di nostra trattazione. Buffy è in una posizione di assoluta unicità, la sola prescelta per combattere le forze del male, dotata di poteri straordinari e sostanzialmente impossibilitata a condurre una vita normale a causa del suo pesantissimo destino: al contrario di coloro che l’hanno preceduta, riesce comunque a mantenere gli affetti – l’imperitura Scooby Gang, un paio di storie d’amore assolutamente profonde e non convenzionali, il rapporto padre/figlia con l’Osservatore Giles – e a rimanere umana, anche quando le circostanze la porterebbero nel senso opposto. Come intelligentemente sottolineato da lei stessa (ep. 2×10 “L’unione fa la forza” pt.2), le emozioni sono la sua forza ed il personaggio compie nell’arco delle sette stagioni un eccezionale percorso di maturazione, volto ad accettare ed infine superare quella condizione di unicità nella quale è nata. Inoltre la giovane Summers, col passare degli episodi, abbraccia il suo ruolo di leader e si erge solida contro qualsiasi minaccia, per quanto temibile, non lasciando che le sue insicurezze esistenziali ne minino l’operato: vera fino al midollo, cade e si rialza mille e più volte, portandosi il peso del mondo sulle spalle. Buffy è uno show imperdibile, con una protagonista che ha davvero tantissimo da insegnare agli spettatori – ed alle spettatrici: “no guy is worth your life, not ever” (nessun uomo vale la tua vita, mai), ricordate? E ancora, “no weapons, no friends, no hope…take all that away and what’s left?”, “me!” (“nessuna arma, niente amici, nessuna speranza…tolto tutto questo, cosa ti rimane?”, “me!”)

Com’è noto a coloro che sono più addentrati all’interno di questo universo, Whedon è noto per una particolare propensione a dipingere personaggi femminili di un certo spessore, difatti Buffy non è la sola a brillare all’interno del suo stesso show. Trovandomi a dover scegliere, merita una menzione d’onore la sua migliore amica, la strega Willow. Più dolce e pacata, anch’ella è cresciuta col passare delle stagioni, mostrando una forza ben diversa: quella di stare accanto ad un’amica più splendente, più brillante, restando nelle retrovie come uno dei centri gravitazionali che tengono la Cacciatrice ancorata alla terra, fino all’exploit della sesta stagione (ci vuole forza anche e soprattutto per questo). Chi ha visto il telefilm ha familiarità col percorso compiuto dalla strega, dalla scoperta di una nuova sessualità al lutto, fino alla piena signoria sui poteri incredibili che giacciono sepolti in lei, al punto che, alla fine di tutto (7×22 “La prescelta”) lei e Buffy combattono nella battaglia finale su di un piano di assoluta parità – e la Cacciatrice può guardare all’amica come alla sua più grande risorsa, umanamente e non.

Abbandonando gli anni Novanta e giungendo alla storia un po’ più recente, scelgo un personaggio da uno show tristemente sconosciuto a molti, Banshee. Ana, protagonista femminile, è la figlia di un gangster ucraino che tenta disperatamente di sfuggire al suo passato e proteggere la famiglia che è riuscita a crearsi, perlomeno fino a che gli eventi non la costringono ad abbandonare i panni della BAN_210_GS_08_29_13_0428casalinga per quelli della vera se stessa, un’eccezionale combattente a tratti anche spietata. Quelle che l’hanno vista protagonista sono fra le più belle scene di lotta che lo show abbia regalato – il che, credetemi, è tantissimo – e le scelte assurdamente difficili che si trova a fare fra passato e presente non sono qualcosa da cui chiunque sarebbe uscito indenne. Anche quando i suoi figli sono ormai al sicuro, mostra la sua forza riprendendo il ruolo che di diritto le spetta all’interno della banda di ladri composta dal protagonista maschile, Lucas Hood, e da Job e Sugar: è l’unica donna, ma procede alla loro stessa velocità, da membro utile e attivo senza il quale i piani fallirebbero miseramente. È probabile che il conflitto fra queste due parti di sé, quella da moglie/madre e quella da drogata di adrenalina ed emozioni forti, troverà risoluzione nel corso della prossima ed ultima stagione, ma quel che è sicuro è che Ana è forte: svolge bene i suoi compiti, senza bisogno di protezione alcuna o di più protezione rispetto ai suoi partner uomini, rimanendo una madre profondamente innamorata dei suoi figli. Di nuovo, il suo percorso di maturazione non è giunto al termine e quest’apparente antitesi va superata e risolta, ma attendiamo fiduciosi la prossima stagione per vederne l’esito!

Cambiando show, le donne di Hannibal sono caratterizzate da un tipo di forza ben diversa: Bedelia Du Maurier ed Alana Bloom non padroneggiano letali arti marziali né sono pratiche di armi da fuoco, ma il gioco mortale nel quale si trovano invischiate, quasi bloccate fra le due ingombranti personalità di Will ed Hannibal, le spinge ad affinare le loro menti fino a farne l’arma della salvezza. Bedelia più di ogni altro riesce ad entrare in profondo contatto con lo psichiatra, affondando nei suoi abissi, ma senza rimetterci la vita nonostante la minaccia che questi le ha rivolto (anche se si sprecano le teorie su quella scena finale che l’ha vista protagonista). Dal canto suo, Alana è sopravvissuta alla consapevolezza di aver avuto addirittura una relazione con un serial killer, il quale l’ha violentemente gettata da una finestra e promesso di farne l’ennesima vittima del suo cannibalismo: dopo tutto questo, la donna che ritroviamo nella terza e per ora ultima stagione è diversa, più consapevole, pronta a tirare le redini del gioco e in grado di vedere sia Will che Hannibal per quello che sono. L’ingenuità ed innocenza accademica dei primi tempi sono ormai andate e la dottoressa Bloom degli ultimi episodi sa davvero quello che fa. Chissà come si sarebbero evoluti questi due personaggi, se allo show fosse stata data la possibilità di andare avanti: io mi sarei aspettata davvero grandi cose.

Ritornando al sovrannaturale, come non menzionare lo splendido personaggio interpretato da Eva Green in Penny Dreadful, Vanessa? Lo show si poggia al 90% su di lei, una giovane con dei demoni interiori (letteralmente) ed in perenne lotta con le forze delle tenebre, per la salvezza della sua amica Mina prima e della sua anima poi: più ci vengono mostrati flashback sul suo passato, più risulta difficile non simpatizzare per lei, profondamente dolce ed umana nonostante le vengano continuamente richiesti sacrifici ed atti di coraggio. Senza la sua presenza, l’intera cricca che le si è formata attorno perderebbe la via, non solo perché la sua guida è fondamentale, ma anche perché le vogliono tutti un sincero bene – davvero un toccasana dopo i drammi di cui ha fatto esperienza.

deb6Infine, torniamo un attimo al passato recente e soffermiamoci sul personaggio di Debra Morgan, sorella adottiva di uno dei serial killer più amati del mondo televisivo, Dexter: decisamente a disagio con la sua femminilità, complice forse anche l’indifferenza paterna nei suoi confronti, Debra compie non solo una straordinaria carriera con le sue sole forze, sopportando il disagio dei colleghi e l’invidia dei superiori, ma si trova anche al difficilissimo bivio fra l’amore e ciò che è moralmente corretto, quando scopre la vera identità del fratello. Compiuta una scelta destinata a segnarla per sempre, cerca comunque di andare avanti, rimanendo una delle pochissime persone a dare un senso al rispetto dello stringente codice di Harry, per non essere catturati ed evitare che la parte oscura di Dexter prenda il sopravvento. Quante volte abbiamo visto il nostro protagonista orientare le sue scelte in funzione della sorella? Ecco, pur con tutte le fragilità di un personaggio ancora in divenire, Debra è stata per lui una sorta di faro e per se stessa l’unico appiglio.

Potrei andare avanti ancora a lungo, citando per esempio Ava Crowder (Justified, e se non avete mai visto questo show spettacolare andate QUI) o Cersei Lannister (Game Of Thrones), ma preferisco che siate voi lettori ad aggiungere chi ritenete opportuno a quest’elenco, potenzialmente infinito!
Giungendo a conclusione, appare di sicuro legittimo domandarsi che cosa abbiano in comune queste donne, del passato e del presente, sovrannaturali o assolutamente ordinarie, diverse nella loro fisicità e nella loro mente. È vero, differiscono sotto molteplici aspetti: questo perché non esiste UN prototipo di donna, non esiste UN singolo modo d’essere, non esiste UN elenco di caratteristiche predefinite, determinate le quali si può dire che quella effettivamente sia una donna “vera”. Non c’è un dover essere, non in questo campo. Quello che le accomuna è la loro capacità di restare in piedi da sole, amare, fare delle scelte, lottare e non attendere che sia qualcun altro a dire loro cosa fare. Quando qualcuno vi dirà che quello che siete o fate non va bene, perché non è così che “deve” essere o fare una donna, non credeteci. Pensate a loro. Ciascuna di noi, e nessun altro, ha la risposta alle proprie domande dentro di sé ed è un percorso che compiamo con noi stesse per tutta la vita.

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