Gomorra ci ha fatto trepidare per un anno e mezzo e da quel “Stamm turnann” ci aspettavamo esattamente ciò che abbiamo visto in Episodio 3 e Episodio 4, per farci esclamare So turnat, finalment!
Avevano bisogno di ingranare, di spiegarci e dimostrarci cosa è successo in questo anno, durante il vuoto di questo flashforward.
Episodio 3 è un excursus bulgaro sulla vita di Ciro, dopo la morte della figlia Mariarita, una sorta di cortometraggio dedicato quasi esclusivamente all’Immortale, che ormai davamo per scontato fosse distrutto, arido e privo di qualsivoglia sensibilità.
Vediamo che a Sofia porta avanti un traffico di esseri umani, droga e prostituzione alle dipendenze del malavitoso Mladen, al quale spetta il compito di introdurci i nuovi attesi personaggi, di cui ormai abbiamo sentito parlare per mesi e non vedevamo l’ora di conoscere.
Dall’Italia arriva Enzo Sanguebblù, con un carico di soldi falsi, interessato a comprare dell’eroina proprio da Mladen.
È interessante vedere Ciro muoversi fuori dalla sua Secondigliano, sembra quasi meno vivo, anche nella voce, ma non ha perso la sua scaltrezza e la sua incisività, tanto da subodorare immediatamente i piani dei nuovi napoletani in circolazione e dello stesso Mladen, che in realtà era d’accordo con loro, proprio per non farsi scavalcare dallo stesso Ciro.
Di Marzio impartisce una lezione ad Enzo, ragazzo alle prime armi nel giro dello spaccio, ma con degli avi degni di nota, e non perde di vista l’offerta fattagli proprio dal ragazzo, che lo invita a ritornare proprio nel cuore di Napoli, a Forcella, offrendogli un’alleanza.
L’epilogo finale è sicuramente la parte più interessante dell’episodio: Ciro uccide Mladen e libera una ragazza albanese dal giro della prostituzione, congedandola con un paterno “Fa’ a brav”, prima di tornare finalmente a casa.
Questo episodio ci ha mostrato come Ciro abbia pagato e abbia mantenuto la promessa con noi spettatori, mostrarci questo viaggio espiatorio, più che malavitoso. La ragazza, così simile alla sua ormai perduta Mariarita, rinasce proprio grazie all’immortale e siamo finalmente felici di rivederlo nel suo piccolo grande mondo.
Un’enorme menzione va a Marco d’Amore, che con la sua interpretazione ha mantenuto lo schermo, commuovendoci per quanto intensamente abbia riacquistato un minimo di umanità, che eravamo convinti avesse perso dopo l’omicidio a mani nude della sua stessa moglie.
Senza contare le sue doti attoriali sconfinate, l’emozionalità che ci ha donato, stando semplicemente in silenzio o parlando una lingua, che lui stesso mastica da poco tempo, cosa non da tutti.
Per quanto riguarda invece l’entrata di Arturo Muselli in questo grandissimo cast, c’è da dire che in poche scene è riuscito già a mostrarci buona parte della grandezza del cuore napoletano, e personalmente forse ci sarà bisogno di qualche scena in più per riuscire a spendere un giudizio adeguato. Fatto sta che sarà allettante vedere dei nuovi sviluppi, sperando che non facciano la fine del Principe (ancora piango).
Episodio 4 invece ci riporta nel cuore del capoluogo partenopeo. Avevamo sentito la mancanza di Scianel, dei uagliun ro vic, e ci sono stati restituiti, facendoci respirare a pieno l’aria di Secondigliano, dopo due episodi apparentemente più internazionali.
Patrizia in questo episodio veste il ruolo della mediatrice tra Gennaro e Scianel, uscita di prigione proprio grazie alla ragazza, che ormai è diventata chiave di congiunzione per questi due mondi.
Non è ancora facile inquadrare da che parte sia, quale sia l’aria che spinge la sua vela, ma per ora tendendo da ambe le parti, è naturale pensare che la sua anima sia ancora legata a quella di Pietro.
Ricordiamoci che Patrizia è una donna molto intelligente e potrebbe aver capito che dietro la morte di Savastano, ci sia proprio il figlio, e che quindi questa mediazione non giovi nient’altro che al suo gioco e perché no, una sua ipotetica vendetta, nella quale non alzerà un solo dito.
D’altro canto, parliamo proprio di Genny e delle sue attuali grane familiari con il suocero.
Episodio 4 è stato sicuramente il migliore di questa stagione, ma soprattutto uno dei migliori di tutta la serie, perché non ci ha permesso di calcolare nulla: né la morte di Gegè, né la trappola di Avitabile.
Dopo la morte di Pietro, sappiamo ormai che Genny si è elevato ad un gradino superiore, assassino spietato e freddo calcolare, che non ha fatto sconti nemmeno a suo padre, quando si è messo sul suo cammino, di conseguenza uccidere un suo amico con l’uso simbolico dell’orologio, come tirapugni, non ci perplime più di tanto.
Gegè l’ha tradito e Gennaro ha regolato il conto alla sua maniera, incarnando l’essenza di Don Savastano.
D’altra parte è stata insospettabile l’imboscata intessuta dal suocero, attraverso gli accordi con il calabrese, tanto da vederlo ingenuamente cadere.
La bellezza di Gomorra sta nel mostrarci queste vicende così efferate da un punto di vista decisamente distaccato dalle azioni che i protagonisti compiono ogni giorno, non sta a noi giudicarli, perché è chiaro che se prendessimo le cose per la realtà che mostra, ne saremmo semplicemente disgustati.
Nascondendoci la legalità, riusciamo quindi a vedere l’illegalità come la normalità ed empatizzare con questi soggetti, tanto da soffrire per la loro morte e commuoverci, vedendo le loro sventure.
Ammetto che un tasto dolente di questi due episodi è stato vedere Capa e’bomb e O’ Cardill morire inconsapevoli di essere andati incontro ad un destino tanto angusto.
Per Gennaro è stato straziante soprattutto vedere i suoi amici uccisi davanti ai suoi occhi, dopo averli condotti lì tanto ingenuamente, ma soprattutto caricandoli di aspettative e pochi minuti dopo, abbiamo pensato davvero di perdere anche lui, su quella strada, per mano degli uomini di Avitabile.
Se abbiamo fatto un plauso all’interpretazione di Marco d’Amore, non possiamo esimerci dal farla a Salvatore Esposito, che è stato immane e che credo sia decisamente la punta di diamante di Gomorra.
Il finale di Episodio 4 è un gioiello, l’espressività di Esposito è qualcosa di dilaniante dalla sorpresa, che ormai non vedevamo dai primi episodi, al dolore, fino alla rabbia che speriamo vedere esplodere davvero presto, dopo averlo visto esanime, senza famiglia, lasciato sull’asfalto della sua Secondigliano.
L’evoluzione di Gennaro Savastano è da considerare un processo complesso, che raramente si è visto in altre serie tv, ed è un vanto per la serialità italiana, che spero prenda esempio e ci mostri più fenomeni del genere, nei suoi prodotti.