Il season finale della terza stagione è stato uno shock per tutti, nessuno si sarebbe immaginato una cosa del genere. Nessuno avrebbe mai sospettato che uno show come Homeland, che vedeva il suo punto di forza maggiore nell’interazione tra i due protagonisti, avrebbe rischiato così tanto privandosi di uno dei due. Ed è stato doppiamente uno shock a luce del fatto che la terza stagione, quella che vede Brody come una presenza evanescente, è anche la stagione più debole di tutte. Quindi la domanda è: può Homeland funzionare senza Brody? Può. Inaspettatamente può, e questa doppia premiere ne è tranquillamente la dimostrazione.
The Star ha messo la parola fine ad un capitolo essenziale della serie e che la quarta stagione sarebbe stata un nuovo inizio non è affatto una novità. Una delle più grandi novità della serie è quella che Homeland non sarà più qualcosa che si sente il bisogno di vedere. Questa doppia premiere è stata piacevole, ci sono stati i giusti colpi di scena, ma purtroppo non sentiremo più quell’ansia delle prime due stagioni, quella che ti faceva soffrire per il bisogno di sapere che cosa sarebbe accaduto in seguito. Una volta presa coscienza di questo, si può stare sereni e proseguire con la visione.
Sia Drone Queen che Trylon and Perisphere ci mostrano due aspetti diversi di Carrie: se nella prima parte si dimostra cinica, inarrestabile, ferma nelle sue decisioni, con la soluzione pratica sempre pronta, dimostrando di dare il suo meglio quando sta sul campo e non confinata dietro una scrivania ad Istanbul (posizione che ha rifiutato), nella seconda si manifesta tutta la sua instabilità psicologica, la sua follia ha la meglio e si palesa con un gesto decisamente discutibile (e che per questo ho particolarmente adorato).
Immediatamente ci vengono presentati dei nuovi personaggi, primo fra tutti Corey Stoll, guest star a me molto gradita, e che fa la sua dipartita nel giro del primo episodio. Il titolo della prima parte di premiere la dice lunga, Drone Queen si riferisce proprio a Carrie, che bombarda a destra e a manca senza provare un minimo di rimorso per quelli che vengono catalogati come semplici “effetti collaterali”. E qui sorgono i primi problemi. Per riuscire a colpire il target – fornito da Sandy – il drone colpisce proprio nel bel mezzo di un matrimonio, facendo fuori non solo Haissam Haqqani ma anche una quarantina di civili. A salvarsi sarà solamente Aayan, giovane studente di medicina che per caso ha filmato gli attimi antecedenti all’esplosione. Senza nemmeno desiderarlo, Aayan si ritrova al vertice di una guerra che, tra l’altro, non ha nemmeno scelto di combattere; con la diffusione del video, non solo ha confermato la presenza di un matrimonio all’interno nel capannone esploso, ma ha esposto gli americani (i buoni per eccellenza) agli orrori che commettono. La vera domanda è solo una, chi ha tradito Sandy Bachman, che tradiva il suo Paese in cambio di informazioni? La risposta più ovvia sarebbe pensare che a tradirlo è stato la sua stessa risorsa, ma se c’è qualcosa che spero non cambi mai in Homeland è proprio la sua capacità di sorprenderci.
Ritroviamo anche delle vecchie – e amatissime – facce, tra cui Peter Quinn, lord della friendzone in grado di fare invidia a Jorah di Game of Thrones. Il suo personaggio mi ha sempre affascinato e ora che non è più oscurato dalla grandezza di Brody, lo possiamo esplorare un po’ di più. Lo troviamo consumato dagli eventi, anche fin troppo consapevole dell’effetto che può avere sull’anima il lavoro che Carrie si ritrova a svolgere da pochi mesi mentre lui fa da anni. E ha capito che per non perdere completamente la testa e se stesso, deve allentare il tiro, cosa che Carrie non solo non prende molto bene, ma non è disposta ad accettarlo per se stessa.
La questione della figlia viene affrontata in maniera più approfondita nella seconda parte, quando Carrie è costretta a tornare a Washington e di conseguenza a passare del tempo con la figlia. I primi mesi dopo il parto sono sempre i più difficili per una donna, che da una parte soffre di non avere più il bambino con sé 24 ore su 24, mentre dall’altra potrebbe sentire di non riuscire a legare con il proprio bambino, ma di questo Carrie sembra non soffrire. La sua unica sofferenza è quella di sentirsi confinata a Langley, lontana dal cuore della battaglia. In ogni scena condivisa da Carrie e la bambina, si percepisce tutta la claustrofobia che sicuramente sente la donna e la tensione è altissima per chi guarda perché tutti si aspettavano un gesto folle.
In definitiva. In questa doppia premiere ci sono le basi per costruire qualcosa di solido, la mancanza di Brody si sente appena, proprio per questo desiderio di ricominciare da capo, e così come Carrie non vuole avere niente a che fare con sua figlia per lasciarsi alle spalle quel passato di cui lei è un continuo ricordo, più in generale anche la serie vuole concedersi un nuovo inizio. Per quanto sia troppo presto per esprimere un giudizio completo, questi primi due episodi sono sicuramente un ottimo modo per fare tabula rasa.