Eccomi a voi per la seconda doppia recensione di Into The Badlands. Episodi come al solito pieni di azione ma anche di tensione drammatica, una seria che riesce a essere riflessiva e spettacolare allo stesso tempo, e che mette a confronto non solo le personalità dei protagonisti ma anche la forza stessa della storia che diventa di puntata in puntata più avvincente.
Sunny si ritrova così a doversi confrontare con il suo alter ego, un uomo che ha ucciso per anni forse senza nemmeno chiedersi il perché, un reggente come Sunny, il cui unico scopo nella vita è stato affogare nel sangue il dolore per la perdita della sua famiglia. Quello che forse sfugge ai più è che lui, Moon, uccide non per il piacere stesso di farlo, ma per trovare la morte egli stesso, colui cioè che finalmente placherà la sua sete di vendetta.
Sunny, lo sappiamo, non è più quello che uccideva senza discutere, la vita lo ha cambiato. Ha un figlio che l’attende, una donna che lo ama e il racconto di quanto successo alla famiglia di Moon, gli gela il sangue. Se sapesse che Quinn è vivo allora sarebbe davvero un dramma per lui. Adesso il suo unico obiettivo è tornare indietro, riprendersi compagna e figlio, ritrovare MK e insieme cercare la famosa città del medaglione, fuggire per sempre alle lordure di quelle terre, appendere la spada alla parete di un muro e dimenticare.
MK d’altro canto è una ragazzino molto classico. La ribellione è insita nel suo DNA, ma questo non gli serve a molto. Controllare l’animo oscuro che è dentro di se, richiede una concentrazione che il giovane non ha. Lui è arrabbiato con il mondo, con Sunny che non è riuscito a proteggerlo, con i monaci che lo tengono in custodia, con il suo lato oscuro che lo domina. Però ha anche una speranza: ritrovare la madre, riprendere il suo cammino e forse solo ora comincia a capire che per farlo deve controllare il mostro che è in lui.
Vi chiederete cosa stiano combinando quei disturbati dei Baroni. Presto detto, si sono riuniti per giudicare la Vedova e la scontata condanna viene interrotta dall’arrivo a sorpresa di Quinn. L’episodio si è concentrato sul lato spettacolare e le influenze di Tarantino nel contornare determinati personaggi è abbastanza forte. I baroni sono padroni di un mondo dove vige la legge del più forte ed è chiaro che non basta solo la tecnica sopraffina nel maneggiare lame di ogni tipo, ma bisogna possedere una forza interiore e una spietatezza che proprio come fra le bestie, fa primeggiare colui che potrò essere il capo.
In questo sia la Vedova che Quinn si equivalgono, ma l’ex Barone è ormai arrivato allo step successivo, quello in cui si rende conto che il sangue versato vale meno dell’amore sprecato per il proprio figlio, per la perduta moglie e per l’amante che l’ha tradito. Io non considero Quinn un mostro senza cuore, ma un uomo a cui la vita ha tolto il cuore. La vedova e la sua corte dei miracoli, è invece di una bellezza sconvolgente. Io amo questa donna dalle movenze feline, che schiaccia teste con il tacco, taglia gole con la spada e si fa rispettare in un mondo dominato dalla forza bruta.
La punta drammatica si tocca verso la fine dell’episodio nel quale, Ryder affronta un padre disilluso e tradito che trafigge il proprio figlio perché si rende conto di non avergli trasmesso la vera essenza del suo essere Barone: la spietatezza. Non esiste padre o figlio, esiste un nemico da abbattere fosse pure la moglie, l’amante, un neonato o un figlio che per l’ennessima volta lo delude.
Cosa dunque aspettarci? Si aprono due fronti narrativi avvincenti. Da un lato abbiamo Sunny alla disperata ricerca di un modo per tornare nelle Badlands a regolare un po’ di conti, dall’altra il ritorno al potere di Quinn, metterà quasi di sicuro a confronto i Baroni e la Vedova. Nei sotterranei intanto, Veil tenta di fuggire al sua amaro destino di preda con la quale Quinn terrà in scacco Sunny e a questo punto ci si chiede per quale motivo lo abbia salvato.
Passo e chiudo.