Justified – Recensione 6×06 – Alive Day

Siamo ormai giunti a metà del percorso finale intrapreso dai nostri amati protagonisti ed il tempo delle incertezze è stato abbondantemente superato. Raylan (Timothy Olyphant) continua la sua lotta intestina contro Boyd (Walton Goggins), stavolta facendo leva sulla scomparsa di Dewey Crowe – la cui morte nella season premiere è tristemente nota agli spettatori – ma stavolta i due sembrano contendersi qualcosa di più: Ava (Joelle Carter). Lo scorso episodio si era difatti concluso con un bacio ed uno sguardo carico di tensione e promesse fra lei e lo US Marshal, non nuovi a questi flirt, e sebbene non veda di buon occhio un revival della coppia, devo ammettere che aggiunge allo show, o meglio, al protagonista, esattamente ciò che talvolta gli manca: l’umanità. Purtroppo il carattere stesso di Raylan lo ha sempre portato ad un egocentrismo esasperato ed esasperante, ad una assoluta mancanza di dubbi sulla sua superiorità intellettuale e morale, tanto vero che solo nei confronti di Winona l’abbiamo visto davvero emotivamente in difficoltà. La preoccupazione per la ancora signora Crowder, il desiderio di andare oltre con lei e l’impossibilità di una tale prospettiva dato il suo ruolo di informatrice, aggiungono quel pizzico di tormento che gli è sempre mancato e sul quale spero che gli autori sappiano lavorare negli episodi finali: sarebbe davvero interessante vederlo lottare per qualcosa che non è il mero rispetto della legge o la voglia di vincere, per quanto sia scettica dinanzi a tale possibilità.

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Tuttavia, Justified è uno show che, per la sua indubbia qualità, va ben oltre le cosiddette ship. Stavolta ci riaffacciamo (qualcuno più letteralmente di altri, chi ha visto l’episodio capirà) nel mondo delle miniere, dal quale tutto era partito, con Boyd che continua a lavorare assieme allo zio di Ava al suo, per il momento ancora non ben definito, piano, mentre la criminalità elegante di Markham e Katherine Hale continua una lotta decisamente più elegante a colpi di pugnalate alle spalle e sorrisi falsi. Resta solo da chiedersi chi prevarrà fra questi due pezzi grossi della criminalità e se Boyd saprà reggere un siffatto confronto.
Gli interrogativi sollevati dalla puntata sono notevoli: innanzitutto, se Markham sia sinceramente convinto della sua relazione con la Hale e chi sia stato la spia che, anni fa, ne incastrò il marito, costringendola ad una notevole perdita di potere. Ancora, il ruolo dello zio di Ava rimane da definire e la sua lealtà a Boyd appare decisamente precaria, per quanto questi ne sia consapevole, visti i torti passati in una terra dove la gente non dimentica e fra famiglie ostili scorre sempre sangue. Una menzione d’onore alla morte del personaggio di Ciuf Ciuf, avvenuta in linea col soprannome del personaggio: sarà davvero difficile trovare un bersaglio altrettanto funzionale per le sagaci battute dei Marshal. Infine, ultimo ma non meno importante, il cliffhanger finale non può passare sotto silenzio: a seguito della telefonata di Limehouse, intenzionato a schierarsi ovviamente là dove può trarne vantaggio, Boyd sta per scoprire del tradimento di Ava. Se davvero questa linea di confine verrà attraversata, non si potrà tornare indietro e la stagione prenderà una piega simile a quella della quarta, da me amatissima.
Il titolo della prossima puntata, The Hunt, parla chiaro: dovremo cominciare a giocare allo scoperto e qualcuno sarà sicuramente in serio pericolo. Il gioco si sta facendo decisamente duro ed è tempo per tutti di mostrare le carte in tavola e decidere da che parte stare, se si vuole lasciare Harlan vivi ovviamente.
Nel frattempo, vi lascio una splendida foto dall’ultimo giorno sul set. Ahimè, le riprese sono finite e ci resta poco da godere. Che ne valga la pena!

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