Eccoci arrivati ad un episodio meno sparatutto e più riflessivo, una puntata che è servita per riconnettere il nostro allegro gruppetto di aspiranti leggende e per assorbire la perdita di Carter Hall (Khufu). La parola chiave dell’episodio è ovviamente “Blood”, il sangue, e infatti la scena finale con i nostri impegnati nel salvataggio di Rip e Sara si svolge in immersa in un rosso quasi ossessivo e fastidioso.
Rip piange come gli altri la perdita di Carter, ma ha ancora molti segreti che preferisce non condividere. La condizione di chi sa ma non può è tipica dei signori del Tempo e il ben più famoso “Doctor” ne sa qualcosa. Non voglio fare confronti che sarebbero impietosi, ma un punto in comune lo hanno.
Si diceva sangue e analizziamo perché questo elemento è così fondamentale in questo episodio. Iniziamo col dire che la nostra povera Falchetta se la vede proprio male e solo Atom, riducendosi tanto da diventare piccolo come un globulo rosso, è in grado di entrare nelle arterie di Kendra nel suo sangue appunto per liberarlo dai frammenti di lama sacra che la stanno uccidendo.
L’occasione è anche un confronto generazionale fra geni. Ray, sempre in preda a molte insicurezze e paure, e il Professor Stein, che sa mettere da parte a volte la sua mente scientifica per un approccio più umano che noi tutti apprezziamo specie in questo frangente. Ray teme sempre di non poter essere di aiuto, ricorda l’impotenza con la quale ha visto la donna che amava morire e questo è un po’ il senso di debolezza e paura che lo pervade anche quando sta dietro l’armatura di Atom.
Di sete di sangue è pervasa Sara Lance. Una sete che la porta a essere un’assassina pressoché perfetta, una macchina di morte che trova pace solo nutrendosi dell’energia che strappa ai suoi defunti nemici. Lei stessa si definisce un mostro incapace di regole e che l’acqua di Lazzaro le ha lasciato un pesante fardello.
Mi è piaciuto il confronto dialettico tra Rip Hunter e Sara. Rip crede di essere più mostro di lei perché non è stato in grado, avendone l’occasione, di uccidere Vandal, lui il vero essere spregevole in quanto incapace di fare l’unica cosa che contava. Due anime in qualche modo dannate dalla sete di morte l’una e dalla sete di vendetta l’altra e non è che una mera soddisfazione per il nostro signore del tempo vedere scorrere il sangue di Vandal, una piccola e purtroppo inutile ricompensa dopo millenni.
La parte migliore dell’episodio però ce la riserva sicuramente Captain Cold/Leo Snart e con lui si parla davvero di legami di sangue. Rubare uno smeraldo prima che lo faccia il padre per evitargli la galera e le botte successive a lei e alla sorella rendono il furto quasi una missione umanitaria.
Lo sappiamo, lui è un cattivo il cui unico scopo nella vita è svaligiare banche in compagnia di Heat Wave, ma noi sappiamo che in fondo esiste un’anima, un cuore. Altrimenti non si spiega questa ferma volontà di mutare il corso degli eventi, non solo per se stesso ma per tutta la sua famiglia, nella speranza che questo atto lo cambi, cambi il suo passato quel tanto che basta a rendere suo padre e se stesso persone migliori.
Le cose non vanno come lui avrebbe voluto perché non puoi dire a un’anima nera come era il padre di essere qualcos’altro. Lui forse in questo si sente deluso ma rincuorato per aver capito, semmai ci fosse ancora bisogno, che lui non è un buco nero di violenza e aberrazione come il padre, ma qualcosa di diverso, qualcosa di meglio.
Altri legami sono quelli che legano fortemente, più di quanto era in vita Carter Hall, i due falchetti egizi. Il loro sangue vibra alla stessa frequenza: essi sono ormai fatti della stessa sostanza che li unisce a Vandal Savage. Chay Ara ora sa di appartenere da millenni a Khufu in modo indissolubile e la sua morte depone un pesante fardello nelle sue giovani ali: è l’unica con il sacro pugnale a poter trafiggere mortalmente Vandal Savage ma allo stesso tempo è anche una fonte primaria a cui il terribile ex sacerdote egizio può trarre energia vitale.
Si prospetta così una contrapposizione fra vittima e carnefice nel quale le parti non sono perfettamente chiare. Vandal, e così anche come Hawkgirl, può coprire entrambi i ruoli, una sottigliezza narrativa non male per una serie che i più trovano superficiale ma che non ha nulla di superficiale.
Perfino la scena finale, immersa in un rosso profondo che fa da protagonista quanto e più degli attori sulla scena, è simbolica e svolge una sorta di filtro livellando tutti all’interno di uno stesso dramma che nessun salto temporale potrà alleggerire. Ognuno si porta dietro un fardello: persino il cattivo assoluto, schiavo sempre e comunque del legame con i due falchi.
Si salta agli anni 80 e noi idealmente viaggiamo dietro di loro per capire se i nostri eroi saranno leggende o si perderanno nel nulla cosmico.
Passo e chiudo.