Gli anni ’60 che i nostri protagonisti conoscevano ormai così bene, in cui sapevano così bene muoversi come nel primo episodio di quest’ultima corsa finale, sono stati spazzati via. Ogni certezza, ogni punto di riferimento per i nostri protagonisti è stato sconvolto dal cambiamento, dall’arrivo degli anni ’70, dall’avvento di una McCann Erickson fagocitante che divora loro e tutto ciò che hanno costruito individualmente e come gruppo.
Don non è più l’ultima voce nella direzione grafica, ma è uno dei tanti al tavolo, con penna e taccuino. La sequenza di scene in cui tutti sono vestiti e si comportano allo stesso modo, ed il ricercatore, dal volto decisamente comune e neutro, che espone la sua ricerca sull’average man, stridono con tutto ciò che Don sta vivendo per adesso. Don non ha a casa una birra da cui tornare, è un uomo che si ritrova per l’ennesima volta a doversi rimettere in piedi, a doversi ricostruire, a dover scegliere gli ennesimi mobili per una nuova casa. Cosa fare? Seguire quell’aereo diretto ad ovest? Seguire il richiamo di quella finestra, mettere una fine a tutto, proprio come l’uomo nella sigla? Don decide di seguire l’aereo, di viaggiare proprio come i ragazzi del film da cui prende titolo l’episodio, Last Horizon, e andare alla ricerca della felicità nella direzione opposta di quella verso cui dovrebbe incedere. È forse Diana, a Racine? Non proprio. E allora Don continua, continua sempre più a ovest, come i ragazzi di On The Road (altra citazione che non poteva mancare), e con le parole di Bertlam Cooper in mente, apparizione inaspettata ed emozionante:
Dove stai andando, America, nella tua macchina luccicante nella notte?
Mentre Don ha visto questo nuovo mondo ed ha scelto la fuga, gli altri personaggi reagiscono diversamente. Ted e Pet sono perfettamente integrati, hanno trovato il posto perfetto, ciò che hanno sempre voluto. Joan sceglie la strada della lotta. Avrà pur conquistato in modo squallido la posizione che ha, ma non intende mantenerla con altrettanto squallore. La nostra equity partner ha raggiunto un altissimo livello di integrità e di rispetto lì alla SCDP&Co, e Weiner non è mancato di ricordarci da quanto in basso proviene lei, da commessa in un negozio di vestiti – proprio come Don – a segretaria, capo segretaria e su grazie alla sua arguzia e la sua generosità (ricordate come Pryce notò le sue abilità gestionali, salvo poi baciarla?). E quindi, proprio come il suo amante suggerisce di non fare, Joan decide che vuole che il rispetto per lei, se non deve esistere nella realtà dell’ufficio, sarà lei allora a combattere per averlo, sarà lei a scalare ancora tutta la gerarchia per non essere trattata come un oggetto bello da maneggiare a proprio piacimento. Del femminismo di Joan sono convinto che ne vedremo ancora e ancora.
E poi ci sono loro due, Peggy e Roger, gli eterni bambini del gruppo, quelli che il lutto non riescono proprio ad elaborarlo, ed hanno bisogno di più tempo abbracciati a quei ricordi per poter andare oltre. Hanno bisogno di pagare in qualche modo un tributo alla SCDP, morta in un batter d’occhio che nemmeno ce ne siamo accorti. E questo bellissimo tributo, sulle note di un organo così revival, di quei pattini che Elizabeth Moss usa così dolcemente, e di quel Cinzano un po’ scondito non può che farci commuovere perché in fondo, quando Roger parla di essersi affezionati a quelle quattro mura, sappiamo bene come i destinatari del messaggio siamo anche noi. Sembra quasi un monito di Weiner: sappiamo di rendervi tristi mettendo una fine a Mad Men, ma facciamolo insieme, rendendo tutto questo ancora più bello.
Weiner è un maestro, Mad Men si è innalzata solitaria nel corso degli anni nella marea di show televisivi che vediamo provenire dalla televisione americana. Ma come molti tentano di dire parlandone, questa serie non è solamente uno show grandioso, ma è un punto di riferimento, una pietra miliare per la storia della televisione: i costumi, la regia, la scenografia, la sceneggiatura, la recitazione, la colonna sonora, gli effetti speciali, le riprese e l’editing, il lavoro di gruppo dietro questa serie sono e saranno un bel ricordo non solo per tutti coloro che ci hanno lavorato, ma anche per noi spettatori e per l’umanità in generale. Mad Men in fondo parla di esseri umani, parla di come tanti tipi umani hanno vissuto, son cresciuti negli anni ’60 (gli anni che hanno letteralmente capovolto certi pilastri della società occidentale) e sono riusciti ad attraversare gli anni ’70 in grande stile.
Non vorrei di certo lasciare nel dimenticatoio la tenerissima scena di Don con Betty, la donna che ha tutto ben calibrato per il suo futuro e che sa dove è diretta. Nel prossimo episodio a quanto pare vedremo molto di più January Jones e la bella Kiernan Shipka/Sally, che vi consiglio di guardare in questo spezzone tratto di un’intervista.
Vi invito a passare dalla sempre fornitissima pagina di Mad Men Italy
Uno dei migliori episodi. Mad Men rimarrà sempre una delle migliori serie mai prodotte nella storia. E’ un peccato che siamo in pochi a conoscerla <3