Outcast è arrivata all’ultimo giro di boa, anzi la boa ormai l’ha superata perché mancano solo due puntate alla fine della prima stagione. Le cose stanno diventando decisamente juicy, e questo perché Kirkman ha avuto il coraggio, o forse dovrei dire l’intuizione, di mischiare le carte e creare suspense. La serie si sta allontanando a grandi passi dal fumetto, e lo fa nel modo migliore. Tutte le nuove svolte narrative sono bene studiate e aderiscono perfettamente allo sviluppo della storia. Nulla viene lasciato al caso e i personaggi stanno acquisendo più spessore drammatico rispetto all’originale cartaceo, senza tuttavia tradire il loro ruolo e significato. Ammetto che un po’ avevo paura quando ho visto che aveva inserito dei cambiamenti, credevo avrebbe fatto delle pessime scelte come in The Walking Dead, e invece, con mio sommo sollievo, questo non è successo.
Il blocco auto conservativo messo in atto dalla memoria di Allison cede e le fa ricordare la verità, Kyle è stato costretto a picchiarla perché stava soffocando Amber, e questo è il motivo del perché la bambina ha paura della madre. La presa di coscienza di quella che è veramente avvenuto è troppo per lei, perciò decide di lasciare Amber con il padre. Il filone narrativo di Kyle voleva a tutti costi avere indietro la famiglia è uno dei principali, è ciò che ha spinto Kyle ad approfondire il mistero di Rome, e a imparare di più sul suo passato e sulle sue capacità. Ora che Allison sa la verità, le cose cambiano. Non deve più convincerla della bontà della sua azione, deve proteggerla.
Anche il ruolo del Reverendo cambia, nel fumetto solo Kyle sa quello che gli ha fatto Sidney, mentre nella serie lo rivela davanti alla cittadina di Rome, acquisendo così la reputazione di psicopatico. Sinceramente questa svolta narrativa è così audace che non so cosa pensarne. Il lavoro congiunto con Kyle è il filone portante della storia, senza contare che è proprio il Reverendo che fa ragionare Kyle costringendolo sempre a fare la scelta migliore. La separazione li indebolisce e forse era proprio questo a cui mirava Sidney fin dall’inizio. Togliendo a Kyle, e viceversa, la persona che sa la verità e che si è sempre fidata di lui. Se così fosse sarebbe molto intrigante come scelta.
Ma il fulcro di questi due episodi è il dialogo tra Kyle e Sidney in carcere. Sidney conferma quello che aveva già detto Mildred, e cioè che Kyle è una sorta di faro che permette a questi spiriti (?!) di trovare la strada e emergere. Il perché e il per come è ancora un mistero. Sidney rivela molte informazioni su queste entità, ma non spiega mai qual è il ruolo del ragazzo in tutto ciò. Scopriamo che queste entità, che lui non definisce mai demoni, entrano nelle persone e si fondono con loro, tanto che il potere di Kyle, strappando via queste entità, strappa via anche una parte di quelle persone, ed è per questo che molti finiscono in coma, anche se non viene detto esplicitamente, probabilmente ha a che fare con durata della possessione. L’atteggiamento aggressivo che mostrano è dovuto principalmente al fatto che le entità si devono assestare all’interno del corpo, e una volta assestatasi convivono pacificamente con la persona di cui hanno preso possesso.
Non sappiamo di cosa abbiano parlato poi, e se hanno parlato, ma Kyle sembra credere a ciò che gli ha detto Sidney, tanto da litigare con il Reverendo. Per un attimo mi è balzato per la mente che in realtà sono angeli, ma poi è svanito lasciando il posto “ora esigo una spiegazione con un colpo di scena degno delle mie elucubrazione!”. Nonostante il passato di Sidney (altra novità) possa essere una prova alquanto forte alla teoria del “non siamo poi così cattivi”, dubito che le cose sono così semplici, e dubito che mai lo saranno.
Nonostante mancano due episodi, la trama diventa sempre più complicata e ad ogni riposta data corrispondono minimo altre due domande. Con un premessa del genere, mi aspetto grandi cose dal finale!
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