Il secondo episodio di Outlander, dopo un inizio di stagione che ci ha fatti emozionare e soffrire insieme a Jamie e a tutta la sua gente persi nell’inferno di Culloden, con un salto temporale ci porta a sei anni dopo la battaglia che ha decretato la fine dei clan scozzesi.
Jamie, guarito nelle ferite nel corpo ma di certo non in quelle dell’anima, è un ricercato e vive braccato nelle sue stesse terre. È un uomo spezzato, distrutto nei propri sentimenti, che ha visto morire uno ad uno tutti i suoi amici, coloro che erano il suo passato e la sua memoria. E ha perso, nel disperato tentativo di salvarla, la donna che ama e la sua bambina che mai ha potuto conoscere. La sua residenza è una grotta spersa nel bosco e coperta dai rovi, ha l’aspetto di un cavernicolo (anche se devo dire che quei capelli rossi e lunghi, la barba e l’abbigliamento trasandato han fatto sussultare i miei ormoni) e gli unici rapporti umani che ha sono con la sorella, il cognato, Fergus e i nipotini. Di soppiatto, sempre attento a non farsi scoprire, assaggia, ma senza goderne, il calore umano della propria famiglia. È un Jamie distante, che parla pochissimo, sempre cupo e malinconico, che vive il suo inferno in terra senza intravedere una via di fuga. È un uomo che ancora ama con furore la sua donna e non riesce a staccarsi da quel passato che l’ha unito a lei, così diversa, così distante eppure la sua anima gemella. Un amore che ha saputo attraversare la logica, il tempo, la fisica e ogni legge naturale, non può essere dimenticato…
Un sussulto, un ritorno del suo animo generoso e guerriero, arriva dal piccolo Fergus, ormai adolescente e, come tutti gli adolescenti, con la lingua lunga, spesso pungente e con la convinzione di essere immortale. Fergus imparerà a sue spese, perdendo la mano in una scena terribile per crudezza e realismo, che le conseguenze delle proprie azioni possono essere pesanti e senza via di ritorno. Ma è proprio davanti a lui, mutilato, sofferente ma coraggioso nell’affrontare una prova tanto difficile, che Jamie ritrova un po’ se stesso e finalmente, con una decisione coraggiosa, riprende in mano le redini della sua vita consegnandosi nelle mani degli inglesi e liberando così la famiglia dal fardello di dover difenderlo a costo della vita. La prigione, per Jamie, in fondo non cambierà nulla alla prigione che vive da uomo libero da sei anni a quella parte. Se ne va in catene, apparentemente sconfitto ma in realtà di nuovo pronto a ricominciare, non prima di aver provato un fugace ma dolce e tenero momento d’amore con Mary, la cameriera che lavora dalla sua famiglia, dolce, leale e sincera. Un momento tenero e struggente il loro, non di amore ma di una tenerezza infinita dove Jamie cede all’umano bisogno di avere qualcuno vicino, cede con la paura di mancar di rispetto a Claire e, soprattutto, cede davanti ai sentimenti puri della donna che ha davanti e che, come lui, vive una vita difficile.
Qualche secolo più avanti Claire scopre le gioie della maternità, tenta di riconquistare il suo mondo e la sua era ma non riesce a farlo. Le comodità della vita moderna le sono estranee, così come il bigottismo di certi circoli che si credono moderni ma che invece hanno una mentalità più vecchia di quella che si è lasciata dietro nel diciottesimo secolo. Nemmeno con una donna sua pari, la sua vicina di casa (che mi sembra la brutta copia di Marion Cunningham di Happy Days), riesce a trovare punti di contatto e condivisione.
Lei ha vissuto un’esperienza troppo grande ed unica per tornare ad essere quella di prima e non riesce più ad adeguarsi al ruolo di moglie devota, di casalinga perfetta e di madre che impone la società in cui si trova. Ama questo aspetto della sua vita ma non le basta!
Frank, dal canto suo, è quasi un santo in questo frangente, la capisce, la supporta e soprattutto sopporta il fatto inequivocabile che non è lui che lei vuole vicino.
Claire è distante con la mente ed è altrove che vorrebbe essere. Non basta la vita agiata, la casa lussuosa e il sesso a renderla soddisfatta, non è quello che vuole ma è la vita che è stata costretta a scegliere. E questo pesa e peserà sempre su di lei!
Coraggiosamente si iscrive alla facoltà di medicina, unica donna in quegli anni 50 ancora bigotti e ottusi, in un’America che si crede moderna ma che è impregnata ancora di razzismo. Verso le donne o verso le persone di colore, questo non ha importanza perché entrambe queste categorie sentono su di loro il peso dell’esclusione da tutto quello che conta.
Claire cerca di andare avanti, non può fare altro, come Jamie. Anche se, onestamente, fra i due io ho preferito lui mentre ho trovato un po’ sottotono lei. Fredda con chi ama, ingrata in fondo verso Frank e decisa, anche se mai ci riuscirà, a lasciarsi alle spalle la Scozia per tentare di vivere. Più puro, più struggente Jamie, non ci si può non immedesimare soprattutto in lui e nel suo dolore tanto muto quanto reale.
Il secondo episodio è meno carismatico del primo, ma prepara il terreno per quelli che verranno. Il matrimonio di Claire e Frank ha subito un enorme contraccolpo e una grossa frattura ben evidenziata dai letti separati nel finale, mentre Jamie si appresta a riprendere in mano la sua vita, benché in una posizione difficile.
Non ci resta che aspettare le prossime puntate… Ci sarà da soffrire e poi da emozionarci, come chi ha letto i libri ben sa.
Un saluto alle pagine affiliate La Gazzetta di Outlander, Il Mondo di Jamie & Claire – The Italian Fangroup, Blends of Scotland, Ireland, UK: Ladies’ perfect tea, Caitriona Balfe Italian Fans.