Esattamente un anno dopo YHWH, Person of Interest ritorna con la prima puntata della sua quinta ed ultima stagione. Un’attesa interminabile, nonostante il deludente finale dello scorso anno, divenuta insostenibile negli ultimi mesi: si pensava infatti che sarebbe cominciato nella mid-season, ma invece abbiamo dovuto aspettare addirittura fino a maggio per rivederlo.
Person of interest è sicuramente la più grande serie attualmente in onda sulla tv generalista americana, tuttavia era difficile avere fiducia e speranze nella buona riuscita di questa quinta e ultima stagione, dopo un’annata travagliata e deludente come la quarta, che non era riuscita ad aggiustare il tiro neanche nel finale.
L’approccio alla 5×01 dunque, per quanto la attendessi, è stato del tutto neutrale: sapevo di vedere quella che ritengo la miglior serie del momento, ma non mi aspettavo niente di eccezionale. Mi sono però dovuto ricredere ben presto.
La serie parte subito velocissima, toglie, per fortuna, il freno a mano che aveva tenuto per tutta la scorsa stagione e ci regala una puntata ricchissima e dal ritmo a tratti quasi caotico.
La puntata si apre con un flashforward che ci porta dopo la fine della guerra: un telefono squilla, nessuno risponde, poi ad un certo punto sentiamo la voce registrata di Root e iniziamo a vedere la metropolitana, in parte distrutta e senza più il vagone; chiaramente il messaggio non ci fa intendere precisamente come si sarà conclusa la battaglia fra il Team Machine e Samaritan, ed intanto ci viene cominciato a raccontare come Harold, Reese e Root “gli diedero battaglia”: così la narrazione passa a pochi istanti dopo il finale di YHWH. Non mostrare come i nostri siano usciti da quella situazione sembra a tutti gli effetti la scelta più “facile”, ma anche la scelta migliore che si poteva prendere in questo caso.
I nostri si sono dovuti dividere per provare a sfuggire agli operativi di Samaritan, e alla loro fuga sono dedicati i primi cinque minuti di questa stagione, con un’apertura di grandissimo impatto visivo e con una scelta musicale come sempre azzeccatissima e che amplifica di molto l’atmosfera e il ritmo serratissimo, in questo caso stiamo parlando di No Wow dei The Kills.
Anche Fusco è intrappolato in una brutta situazione dopo la Correzione, egli è infatti stato testimone di una doppia esecuzione avvenuta per mano di uno degli operativi di Samaritan e si ritrova ad essere accusato lui stesso per l’omicidio di Dominic; il fatto che si indaghi solo su di lui, fa pensare che forse Elias potrebbe ancora essere vivo, e la possibilità, per quanto remota, non ci dispiacerebbe affatto.
Così anche Fusco, stufo di essere all’oscuro di tutto, comincia ad insospettirsi e ad investigare su questi assassini che sono stati compiuti davanti ai suoi occhi e per i quali appunto viene accusato, e quando l’esito della balistica lo incriminerà e l’agente dell’FBI gli dirà che è chiaramente stato un caso di legittima difesa e che è un eroe, deciderà di cominciare ad indagare, nonostante gli avvisi di John, senza dare troppo nell’occhio, ma suscitando comunque l’attenzione di Samaritan.
Se da una parte bisogna correre per scappare dagli operativi di Samaritan, dall’altra è una corsa contro il tempo anche cercare di tornare alla metropolitana prima che la valigetta si scarichi.
In B.S.O.D. tornano anche i flashback e sono proprio loro a velocizzare ancora di più il ritmo e ad arricchire moltissimo la narrazione: se prima vi era il netto stacco fra presente e flashback, ora essi arrivano in maniera improvvisa, staccando su uno sguardo del protagonista oppure semplicemente su dove vola la sua mente in quel momento; tutto questo ha notevolmente aumentato la velocità della puntata e vediamo passare davanti a noi flashback noti – come quello del traghetto – o addirittura un flashback della ben più vicina 4×22, a nuovi flashback che vedono nuovamente Nathan e anche la mai dimenticata Grace.
Essi ci mostrano i momenti in cui Harold nel 2006 decide di, come direbbe Root, “tagliare le gambe” alla propria creatura, rendendola a tutti gli effetti una IA chiusa e non in grado di evolversi. In questo caso l’umanità della Macchina risulta ben più credibile e molto meno scontata di quella del finale dello scorso anno, finisce realmente per sembrare quasi una figlia che sta parlando con il proprio papà, ed è bellissimo il parallelo che viene fatto fra lei che perderà la memoria e il padre di Harold malato di Alzheimer.
Il tentativo di ricostruire la Macchina non ha inizio, come si poteva pensare, già da questa puntata, infatti solamente nel finale di puntata si riuscirà a fare la decompressione e a riattivare il sistema rimanente, la ricostruzione potrà dunque adesso avere inizio.
B.S.O.D. (Blue Screen Of Death, per chi non lo sapesse) è una partenza maestosa e spesso sorprendente e che è in grado anche di far rivalutare in parte gli sviluppi del finale dello scorso anno, che invece sembrano prendere delle pieghe decisamente interessanti; non mancano inoltre molti richiami al passato, come ad esempio John che rimanda al fatto che l’ultima volta che aveva preso un traghetto era in compagnia di Elias, e in generale tutta questa premiere ci ha ricordato per tono, ritmo e situazioni, alcune parti delle passate stagioni (con grandissimo piacere): i toni dei flashback di Harold ricordano in particolar modo la prima stagione, e l’interrogatorio a Fusco ha ricordato il distretto ai tempi delle prime due stagioni durante la caccia a “l’uomo con la giacca”. Un episodio ricchissimo di eventi, di emozioni e di graditi ritorni: ogni volta che infatti un personaggio del passato – come Nathan o Grace – ritorna, la qualità e le emozioni sono garantite. Last but not least, finalmente siamo nel vivo della guerra a tutti gli effetti, sembrava impossibile dopo più di una stagione e mezza di attesa, ma alla fine ci siamo arrivati, la chiave di volta che era tanto mancata alla season four sembra rappresentata dalla 5×01, che ci trascina in “acque inesplorate”, come dice lo stesso Finch, in un mondo in cui ormai Samaritan è ovunque e ha il potere su tutto: definire inquietante la scena della metropolitana sarebbe riduttivo, in quanto mostra non solo la potenza ormai di questa IA in completo delirio di onnipotenza dopo aver praticamente distrutto la Macchina, ma anche come l’essere umano riceva informazioni e notizie troppo facilmente manipolabili, a seconda della volontà delle potenze superiori, e ancor più grave come esso, senza indugiare per un secondo, creda a tutto quello che legge. Non so a voi, ma su di me ha fatto davvero impressione come scena e mi ha ricordato quanto Person of Interest sia terribilmente attuale e di denuncia, nonostante la sua matrice sci-fi. A voler fare i puntigliosi, insomma, bisogna un pochino accettare per forza il modo in cui Root riesce a salvarsi dagli operativi di Samaritan, ma a parte questo è difficile trovare difetti ad una puntata come B.S.O.D.
Non si poteva dunque chiedere di meglio agli autori, l’attesa è stata lunghissima, ma la serie sembra essere tornata molto più carica di come ci aveva lasciati, offrendoci una puntata non solo al di sopra di tutte quelle della scorsa annata escluse le ultime due della trilogy, ma anche una delle più belle di tutta la serie e di cui ci ricorderemo a lungo, quando, purtroppo, Person of Interest sarà finito.
Le speranze per un canto del cigno lungo 13 puntate sono rinate insieme alla rinascita della nostra amata Machine.
Vi invitiamo infine a vivere quest’ultimo viaggio insieme agli amici della pagina Person Of Interest ≈Italia Fans≈