Person of interest ha saputo essere nel corso delle sue varie stagioni tante cose, una serie con una grande storia, una serie con dei bellissimi filler, e una serie anche a tratti divertente, nonostante la serietà dei temi trattati e della sua storia. Ad un passo dall’effettivo giro di boa Person of interest offre una puntata che mescola al suo interno tutti questi aspetti: qualche sfumatura comica, un caso del giorno riuscito e che funziona in particolare grazie ai personaggi della serie e alle situazioni in cui li pone e sull’altro fronte lo sviluppo della trama orizzontale.
L’episodio è diviso in tre blocchi, e per una volta lo svolgimento della trama orizzontale, non avviene tramite le azioni del Team Machine, completamente assorbito nel caso del giorno, ma tramite Lionel Fusco, il personaggio che nel corso di questa ultima annata sta avendo lo sviluppo maggiore; oltre a lui inoltre ritorna Sameen Shaw, ancora alle prese con le continue simulazioni.
Se da un lato può non convincere fino in fondo la scelta di puntare ancora sui casi del giorno, che danno l’idea di una stagione fin troppo ordinaria invece che di resa dei conti, per ora, dall’altro lato risulta tuttavia una scelta non azzardata: il caso della settimana ad esempio non è di per sé solidissimo, sicuramente non sarà fra quelli di cui ci ricorderemo maggiormente per la sua bellezza, tuttavia è in grado di porre i personaggi in delle situazioni non solo divertenti, come ad esempio la sorella della sposa che ci prova con John, o Finch nei panni dello zio irlandese dello sposo, ma anche estremamente malinconiche: le scene finali con il lento ballato da Root e Harold, ed infine loro seduti al tavolo mentre guardano tutte le altre persone felici, non può che suscitare un sorriso amaro: quella che stanno vivendo e osservando è la vita serena e felice delle persone normali, che loro, probabilmente, non potranno mai avere realmente. Dunque questo caso è comunque collocato a livello temporale nello slot migliore, è un caso del giorno che permette di empatizzare e di sollevare, come già detto, un aria agrodolce.
A more perfect union tramite Fusco porta avanti la storia delle persone scomparse, e con gli sviluppi di questa puntata, insieme a quelli che provengono anche dalla storyline di Shaw, il quadro generale della storia comincia a delinearsi in maniera sempre più chiara e precisa, un quadro che diventa sempre più tetro ed inquietante, come ci diceva Root sin dall’inizio della quarta stagione. Non solo si arriva finalmente ad un punto di svolta con il ritrovamento dei cadaveri, ma si scopre anche il modo in cui Samaritan è disposto a farli sparire per sempre: seppellendoli nelle gallerie in via di demolizione.
Ma l’aspetto più inquietante è quello che forse si delinea tramite i discorsi fra Shaw e Greer ed infine fra Shaw e lo stesso Samaritan: Greer sta provando in ogni modo a convincere Sameen che la sua è l’IA buona e quella giusta per salvare tutta l’umanità, non la minaccia che credono tutti i suoi vecchi compagni. Diversamente da quanto si era ipotizzato nel corso di tutta l’estate fa piacere notare come Shaw sia sempre la stessa e non sia disposta a cedere all’illusione di un falso dio, disposto a uccidere tutte le persone che si frappongono fra lui e i suoi piani e che non lascia all’uomo alcun libero arbitrio. Proprio nei momenti finali l’episodio ha un impennata dal punto di vista qualitativo offrendoci una delle scene più inquietanti di tutta la serie, ossia il momento in cui Samaritan afferma che gli uomini o si schiereranno con lui e il Team Machine smetterà di infastidirlo oppure in moltissimi moriranno e potrebbe scoppiare la Terza Guerra Mondiale.
A more perfect union è una puntata che non ha intenzione di strafare, ma di prendere ancora un pochino di tempo e lasciare il meglio agli episodi a venire, tuttavia ciò non implica che la puntata non riesca a lasciare lo spettatore pienamente soddisfatto e con l’impressione di aver assistito come (quasi) sempre con Person of interest a 40 minuti di buonissimo intrattenimento.
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