Per chi conosce gli inglesi, è perfettamente consapevole della loro predilezione per l’ambientazione storica, specie in momenti chiave della storia della nazione, come un cemento pseudo-patriottico che si immette per endovena fin dalla nascita. Pillars of the Earth non ne è esente, anzi, il fatto che riprenda il libro di Ken Follett, eroe nazionale insieme alla Rowling, non fa che ingigantire ulteriormente quest’implicita retorica british. Avendo prima guardato la mini-serie e poi letto il libro, non ho ravvisato una deformazione della trama originale: entrambi i prodotti sono avvincenti, ovviamente per chi ama saghe familiari ambientate nel Medioevo.
I libri di Ken Follett sono molto banali dal punto di vista della struttura narrativa: la caratterizzazione dei personaggi si suddivide in due grandi binari, da una parte i buoni, che sono molto buoni, e i cattivi, che sono quanto di più abietto possa esserci. Non esistono soluzioni di continuità o un universo ambiguo e grigio: l’eroe, per la maggior parte del tempo, si trova a subire le angherie dei cattivi, i quali spadroneggiano nel loro universo iniquo, per poi, con tanti sacrifici e, a volte, al prezzo della perdita dei propri cari, trionfare e godersi il frutto delle proprie fatiche. Attenzione: questo non significa un solipsistico e autoreferenziale compiacimento, bensì il portare avanti i valori per i quali si è combattuto, il 100% delle volte a fianco del grande amore. Come ha ammesso in varie interviste, Ken Follett non manca di inserire nell’intreccio anche una buona manciata di passione erotica: sia i cattivi che i buoni hanno desideri carnali, ma, mentre per i secondi questa carnalità porta allo sfruttamento dell’oggetto libidico, nel caso dei primi si ha una trasfigurazione dell’amato/amata (inutile dire che, il più delle volte, le donne, per quanto forti, sono spesso l’oggetto passivo del desiderio) in modo molto simile a quanto si può trovare nella poesia trobadorica. Dicevamo, le donne sono spesso personaggi forti, mai vergini del focolare senza personalità e, proprio per la loro indipendenza, sono spesso vittime di abusi, sia fisici che psicologici, da parte di machisti che tollerano poco di essere trattati come pari.
La mini-serie, così come il seguito, World Without End, in questo è molto fedele, anzi, se si può dire, la trasposizione visiva permette di cristallizzare ulteriormente questo manicheismo di fondo: più un personaggio è buono, più è anche apprezzabile esteticamente, più, invece, è malvagio, più il viso e il portamento si colorano di note scure e negative. Certamente, una struttura narrativa come quella di Ken Follett facilita e non poco i registi: tutto è già affrontato in modo cristallino, tutto è chiaro, sia al lettore che allo spettatore ed entrambi sanno benissimo come andrà a finire la storia, ma accettano di farsi travolgere da quel mix irresistibile che permette un’immediata identificazione nei personaggi buoni principali.
Per questi motivi consiglio sia la visione che la lettura di Pillars of the Earth a chi preferisce qualcosa di rassicurante, senza possibili giochetti mentali o domande senza risposte. E a chi invece piacciono le cose contorte, forse tutto questo può risultare noiosissimo, o forse no perché ogni tanto il tepore dell’ovvietà può risultare molto rilassante. Vedere per credere.