Gli inglesi sono un passo avanti, anche due, agli americani. L’ho già ribadito più volte nei miei articoli e mai smetterò di farlo, dato che le serie “made in UK” sono la mia linfa vitale. Non c’è niente da fare, gli inglesi producono quelle serie tv di cui ti innamori a prima vista e ogni volta te ne invaghisci un pizzico di più. Ed è questo il caso di Skins, teen drama trasmesso dal canale E4, che conquista a un solo colpo d’occhio.
“Non accade mai un cazzo in questa città. Devi improvvisare.”
Queste le parole di Tony (Nicholas Hoult), uno dei protagonisti della serie che definisce così Bristol, la città in cui si svolge tutta la storia. Skins parla infatti di una generazione, o meglio più generazioni, di ragazzi un po’ allo sbando, smarriti, che intraprendono la strada della ribellione e della trasgressione mentre nel frattempo decidono cosa fare della propria vita e quindi del loro futuro. Si tratta di ragazzi normali, ma “problematici” a causa di diversi motivi: Cassie deve fare i conti con i suoi disturbi alimentari, Effy con i suoi tracolli mentali, Sid (Mike Bailey) perde il padre, Tony viene investito da un autobus e incorrerà in vari problemi fisici e intellettivi, Maxxie (Mitch Hewer) è omosessuale, e via dicendo. Vengono affrontate così molte tematiche sociali di importanza rilevante e che il più delle volte richiedono ai protagonisti di crescere troppo in fretta. La storia di questi adolescenti viene narrata rappresentando il loro malessere sociale e in più viene raccontata senza filtri né moralismi. Non è un caso che il sesso e l’utilizzo di stupefacenti vengono disegnati come la quotidianità per questi ragazzi e allo stesso modo non è un caso se il titolo del telefilm, che letteralmente significa “pelli”, in realtà sia il termine inglese per indicare le cartine per rollare le canne. Skins alterna generazioni di adolescenti di cui narra la storia e la serie, strutturata in sette stagioni, parla di tre generazioni di adolescenti, mentre la settima stagione in particolare riprende le vicende di alcuni ragazzi delle scorse generazioni. Le prime due generazioni sono degne di nota, e le più belle, mentre l’ultima così e così, da vedere ma senza troppe pretese. Sicuramente, il meglio di sé Skins lo ha dato con le prime 4 stagioni. Un altro paio di maniche con la settima stagione che regala una conclusione alla serie, narrando di quello che è successo a tre dei personaggi più influenti: Cook, Cassie, Effy.
Il successo della serie targata E4, e che lo rendono, non per usare paroloni ma parlando sul serio, uno dei migliori teen drama mai realizzati, sta nei personaggi e nella loro curatissima e affascinante caratterizzazione. Disegnati come degli antieroi, sono soprattutto personaggi reali in cui tutti possono riconoscersi e con cui è facilmente possibile entrare in contatto. Sarebbe bello analizzare tutti i personaggi, specialmente quelli delle prime due generazioni, ma per esigenze di brevità sarebbe impossibile scrivere tutto in un solo articolo. Tuttavia ritengo opportuno dilungarmi su quelli più significativi, quelli che hanno lasciato il segno:
1) Cook (Jack O’Connel). Probabilmente il personaggio più riuscito dell’intera serie. Riesce a farsi odiare profondamente ma allo stesso tempo a farsi amare alla follia. Il classico cattivo ragazzo, teppistello, violento, che si fa di ogni tipo di droga, che si ubriaca come se non ci fosse un domani, che fa sesso con qualsiasi cosa si muova. Il suo è un percorso lungo e che vede i suoi frutti nel finale della serie, in cui forse vediamo un Cook, che è sempre stato un caso disperato e che era facile dare per spacciato, finalmente maturare. Se inizialmente veniva volutamente fatto odiare al pubblico, si scopre successivamente che la sua violenza non è gratuita, ma è data da un malsano rapporto con la madre alla quale non è mai importato niente di lui e che lo porta ad avere relazioni instabili con il sesso femminile in generale (vedi Effy). Non a caso gli episodi a lui dedicati della settima stagione si intitolano “Rise” e simboleggiano come anche un personaggio come Cook possa arrivare a risorgere, a riscattarsi, alla faccia di tutto il male che ha fatto e che ha dovuto subire. Cook è senz’altro il personaggio più convincente e ricco di chiaro oscuri e lati nascosti che è inevitabile arrivare ad amarlo.
2) I fratelli Stonem. Tony e Effy Stonem (Kaya Scodelario) accompagnano la prima generazione, ed Effy la prima e la seconda, anche se nelle prime due stagioni ricopre un ruolo, se pur importante, marginale. Fratelli e, seppur non lo diano troppo a vedere, inseparabili. Il loro rapporto fraterno viene rappresentato fortemente attraverso alcuni eventi importanti nella storia, in pratica si salveranno a vicenda. Il primo è il classico fighetto e belloccio della scuola che però ha manie da manipolatore e calcolatore. Si diverte a fare ciò che vuole ai suoi amici, fungendo quasi da regista delle loro mosse e inscenando giochetti maligni ai loro danni. Tony ci sbatterà la testa e questi suoi comportamenti lo porteranno a ritrovarsi, in un momento critico della sua vita, completamente solo. Effy, invece, è furba e astuta, è una ragazza dagli occhi vispi e caratterizzata dall’inconfondibile sorriso beffardo. Se nelle prime due stagioni ricopre una funzione marginale, e da risolutrice dei problemi di cuore di Syd e del fratello, nella terza e nella quarta stagione passa a personaggio regular con una storia tutta sua e da approfondire. Effy è sicuramente il personaggio più intrigante dell’intera serie, interpreta il ruolo dell’outsider insieme a Cook, cerca di fare la cosa giusta ma ci riesce raramente. Vive al confine e al limite e nel corso della serie la vediamo presa da una depressione che la metterà a dura prova e la vedrà sfiorare i limiti della pazzia, ma che soprattutto metterà a dura prova il rapporto con Freddie. I suoi occhioni blu e il sorriso beffardo a cui si accenna sopra, e che sembra dire “non è finita qui”, accompagna il finale della prima generazione e quello degli episodi a lei dedicati durante la settima stagione. Se da una parte vediamo Tony maturare, costretto dagli eventi che gli capitano, dall’altra vediamo una Effy che tanto maturata non sembra, quanto piuttosto diversa da quella che conoscevamo.
3) Cassie (Hannah Murray). La ragazza dei “Wow” è il personaggio più stravagante messo in scena da questo telefilm. Bionda e svampita, il più delle volte sembra dire cose senza senso, ma soprattutto è tormentata da disturbi alimentari quali l’anoressia. Il suo modo di ribellarsi sta proprio nel rifugiarsi nell’anoressia e nell’apatia che la accompagnano da sempre. Scopriamo che è il suo forte senso di solitudine che l’ha portata ad incappare in questi problemi, data la famiglia del tutto assente. Solo l’amore per Syd la risveglia e per assurdo la fa incappare in ulteriori drammi, come per esempio il voler togliersi la vita. Il suo riscatto sta nel riuscire, nel corso del suo percorso di crescita personale, ad ottenere quel senso di responsabilità che la porterà ad occuparsi del fratellino Ruben, tramite il quale colmerà la sua solitudine. La sua redenzione sta nella famiglia. Quello che affascina del suo personaggio sono la sua estrema fragilità e dolcezza che la portano ad approcciarsi al mondo come vivesse su un altro pianeta, in un mondo tutto suo.
4) Chris (Joseph Dempsie). È il coglione e cazzone del gruppo. Ha un’abilità innata nel combinare casini, fare battute senza senso, e combinare cazzate. È il simbolo di come per maturare basta volerlo. Il ragazzo, infatti, da completo bambinone immaturo riesce a cambiare per l’amore di una ragazza, Jal. Per lei farebbe di tutto, e lo vediamo con i nostri occhi nel corso della serie. Sotto la corazza da bambinone combina guai si nasconde un’anima dolce e tenera. Cambiare per amore, così si può riassumere la storia di Chris.
Questi i personaggi meglio riusciti della serie, anche se ne sono rimasti molti fuori: Syd, Emily, Naomi, Jal e tanti altri. Essendo un telefilm che ha come protagonisti degli adolescenti è facilmente intuibile come lo show si articoli tra triangoli amorosi, situazioni sentimentali complicate, amicizie di una vita messe a rischio, problemi familiari e tanto altro ancora.
Skins può contare anche su livelli di sarcasmo e ironia che coinvolgono il pubblico e che accompagnano quelle situazioni imbarazzanti e quelle cazzate, che ognuno di noi ha combinato da adolescente. Alcune scene sono veramente esilaranti, ma non vi svelo nulla. Vi basta vedere il pilot per capire.
Gli altri punti di forza di questo meraviglioso teen drama sono gli alti livelli recitativi degli attori, talenti emergenti e promettenti, e l’estrema accuratezza di regia, sceneggiatura e fotografia. Anche la musica gioca un ruolo importante, non viene utilizzata in modo assiduo, ma in modo dosato e accurato. E i dialoghi pure, meritano una menzione d’onore.
Le prime quattro stagioni fanno di Skins un prodotto unico e assolutamente da vedere, soprattutto per gli amanti dei teen drama, ma di quelli seri (vade retro The Carrie Diaries et simili). È un peccato che si sia perso nelle ultime stagioni e nel finale, quindi nella settima stagione sulla quale non sprecherò una parola per correttezza. È possibile però approfondire il tema “terza generazione” e quindi quinta e sesta stagione, in cui Skins si è letteralmente smarrito perdendo quegli elementi di spicco che lo hanno reso un gioiellino unico e raro. La serie infatti non ha più saputo sfornare personaggi originali e reali su cui ha sempre puntato e a raccontare degnamente la loro storia. Come accennavo sopra, la terza generazione è godibile ma da vedere senza troppe pretese.
In conclusione, Skins è un telefilm “borderline” che si muove su confini sottili, al limite tra il reale e l’irreale, fino al grottesco. Si spaccia per un teen drama quando in realtà, pensandoci bene, è molto di più e sperimenta, arrivando anche a situazioni nosense per un telefilm del genere, come l’horror (vedi 4 stagione). Senza sprecare altre parole, è semplicemente imperdibile!
Postilla: guai a voi a non confondere “Skins” di cui vi ho parlato con la versione americana, Skins US, che è semplicemente oscena! GUAI!