Con “What Lies Beneath” Shadowhunters conferma il buon livello di questa terza stagione, ma, al contempo, segna anche un definitivo distacco dal materiale letterario. Una scelta ambiziosa, che tuttavia rischia di incorrere nelle ire dei fan più accaniti e che possono essere placate solo con una piena presa di consapevolezza del fatto che, ormai, stiamo guardando un prodotto che dell’originale ha solamente il nome e – concedetemi il termine – qualche linea guida.
Il fulcro dell’episodio è l’identità del Gufo, servo di Lilith e sconosciuto ai database del Conclave. Se per buona parte dell’episodio sembra davvero plausibile che possa trattarsi di Jonathan, l’inaspettata rivelazione giunge solamente alla fine, quando, tolta la maschera, si scopre nientedimeno che il volto di Jace. Il modo con cui gli autori hanno giocato con le sue visioni ha reso questa svolta credibile, poiché risulta davvero plausibile che il giovane Shadowhunter non sia consapevole della sua doppia identità. Inoltre, fortunatamente la presenza scenica di Will Tudor compensa abbondantemente la carenza di quella di Dominic Sherwood, facendo sì che questa storyline possa proseguire in modo convincente.
Dall’altro lato, abbiamo il ritorno di Raphael, personaggio cui si sta dedicando uno screen time sempre maggiore, non senza qualche perplessità. Sebbene la sua storia non annoi, c’è da chiedersi che bisogno ci sia di raccontare per l’ennesima volta il dramma del vampiro che vede morire tutti coloro che ha amato durante la sua vita mortale, a meno che una caratterizzazione così dettagliata non sia funzionale ad un futuro ruolo che gli autori intendono fargli rivestire nella trama principale. Personalmente, preferirei un maggiore approfondimento su Isabelle, che è passata dall’essere la bellezza di turno a drogata irrazionale a mera spalla, quando i lettori sanno bene che può dare molto di più.
Infine, ennesima conferma della positività della coppia Malec, le cui scene intrattengono alla perfezione, e della storyline dedicata ad Alberto Rosende, la cui bravura fa sì che si possa passare oltre anche circa l’enorme divario fra l’introduzione del Marchio così come pensata da Cassandra Clare e quella optata invece nella serie tv. Peccato non poterli vedere più spesso interagire col resto del gruppo, a riprova del fatto che, a voler gettare troppa carne sul fuoco, si rischia di perdere nel mucchio quanto ha più qualità ; e poi, parliamoci chiaramente, a chi interessano le scene fra Ollie e Luke?!
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