L’attesissimo speciale di Natale (anche se sarebbe più corretto dire di Capodanno) di Sherlock, dopo una lunga astinenza che si protrarrà fino al 2017, è finalmente approdato sul piccolo schermo. Il trailer ci aveva già informati che i nostri Sherlock e John, cappellino d’ordinanza il primo e mustacchi al vento il secondo, si trovano nel 1890, nell’Inghilterra vittoriana. Il caso che viene portato all’attenzione dei due a Baker Street richiama diversi cliché della letteratura del tempo: una sposa cadavere in sete di vendetta sanguinolenta. Il tutto con una buona dose di spiritismo, occultismo, senso del sinistro e del macabro, molto in voga nei racconti brevi come i penny dreadful. Anche le gesta di Sherlock vengono documentate dal fido John in una forma editoriale di stampo popolare, piccole edizioni tascabili distribuite dagli strilloni. Non è chiaro se The Abominable Bride sia un parto della mente di Moffat o un collage di varie fonti di Conan Doyle (qui ci si chiede le possibili opere ispiratrici).
Fin qui la trama, anche se in salsa ottocentesca, richiama da vicino il format al quale i fan sono abituati. Sherlock è sempre quell’adorabile sociopatico, dalla parlantina tagliente e velocissima, John il solito goffo e simpatico imbranato. L’unico personaggio che ha subito dei reali cambiamenti è il fratello di Sherlock, trasformato in un grassone continuamente ingurgitante piatti untuosissimi. Evidente che ci si voleva prendere gioco dell’arrivista calcolatore dei giorni nostri.
Altrettanto ovvio il fatto che un simile conformismo della trama non è destinato a durare. La prima avvisaglia la si ha quando John inizia a discutere animatamente con Sherlock riguardo al fatto che anche lui è fatto di carne e di sangue, e che quindi deve avere dei sentimenti. Finora John non era mai stato tanto esplicito e Sherlock tanto tentennante, per quanto categorico nell’affermare il suo principio che le emozioni sono la palla al piede dell’intelletto. Un tentennamento che accompagna questo Sherlock ottocentesco, prima nel farsi ingannare dalla sposa cadavere e a non essere stato capace, di conseguenza, di proteggere il suo cliente, poi una volta tornato a Baker Street. Qui lo vediamo raccolto in profonda meditazione per giorni, fino alla decisione di assumere cocaina per vena. In quell’istante, ecco riapparire Moriarty.
L’allucinazione psicotica diventa una dimensione concreta, densa, nella quale è invischiato lo stesso spettatore. Siamo dentro al mind palace di Sherlock, con un confine assolutamente confuso tra passato e presente. Più volte il Sherlock ottocentesco si risveglia nel corpo dello Sherlock contemporaneo e viceversa. Moriarty è diventato tanto più temibile quanto perché è riuscito ad incunearsi negli stessi meccanismi mentali di Sherlock, un cancro che sembra compromettere quella tecnica intellettiva affinatissima. Moriarty è realmente morto, è a piede libero, o cosa? Mycroft ci lascia intendere, con qualche scena di uno Sherlock riverso su un materasso, che Sherlock ha attraversato un periodo di astinenza, e per questo ha redatto una lista che avrebbe dovuto leggere nel caso in cui fosse ricaduto nella trappola della droga. Mycroft è sinceramente preoccupato per la salute di Sherlock, e anche lo spettatore ne è partecipe. Gli interrogativi, invece di chiarirsi, si infittiscono sempre più a mano a mano che l’episodio volge alla fine. L’impressione è, dopo essere rimasti con un pugno di mosche e niente più, che Moffat abbia ancora una volta preso in giro lo spettatore, tenendolo sulle spine con abile sadismo, invogliandolo sempre più ad attendere, uno sport al quale, volenti o nolenti, i fan di Sherlock sono votati da due anni a questa parte.
Il ruolo femminile non è affatto trascurabile. Nel collegare l’opera della sposa cadavere ad una setta di liberazione femminile (ne è mai esistita una?), il delirio mentale di Sherlock vuole denunciare la subalternità alla quale sono condannate le donne, in generale, e le donne della sua vita, in particolare, prima fra tutte Molly. Sherlock sta per caso avendo un moomento epifanico di riconsiderazione del suo atteggiamento nei confronti del gentil sesso? Questo spiegherebbe il coraggioso attacco di John alla sua economia sentimentale, alla sua macchina efficiente a esclusivo consumo dell’intelletto. Ancora una volta, non si hanno risposte, ma soltanto congetture.
Alla fine ho esclamato: “Sono dei gran bastardi”. Ebbene sì. Prendere per i fondelli così bene è un’arte riservata a pochi eletti.
- La scena di Sherlock e John alle prese con il linguaggio dei segni è una chicca irriverente. Non ridevo così dai tempi in cui Sherlock, travestito da cameriere francese con baffetti, veniva strangolato da John;
- Durante il racconto delle “gesta” della sposa, il salotto di Sherlock viene scoperchiato e immesso sulla scena della sparatoia. Bellissima, delirante idea;
- “Dead is the new sexy!” mi chiedo se non sia già divenuto un meme virtuale;
- “There’s a woman in my sitting room. Is it intentional?”