Stranger Things – Il nuovo capolavoro Netflix soddisfa i nostalgici

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Netflix ha colpito ancora. Con Stranger Things, la nota piattaforma streaming ha nuovamente ricevuto critiche entusiastiche da più parti, regalandoci un prodotto che è nato per il binge watching: pensato come un lungo film suddiviso in otto episodi, dopo averlo cominciato è pressoché impossibile fermarsi e si sposa quindi pienamente con la logica di rilasciare in un colpo solo l’intera stagione.
Diverse erano le sfide che si presentavano dietro un prodotto del genere, in primo luogo la competizione con i grandi classici del passato cui lo show rende inevitabilmente omaggio, da Spielberg a King (qui un elenco completo in merito): il grosso rischio era quello di addivenire ad un risultato infarcito di cliché, la piccola cittadina americana, il complotto governativo, il rapimento di un bambino da parte di quello che a primo impatto sembra un alieno e così via. Se i fratelli Matt e Ross Duffer si fossero limitati a questo, probabilmente avremmo ricordato Stranger Things per l’ennesimo horror nostalgico che cerca di emulare glorie passate, ma i due, con un raro sfoggio di maestria, hanno davvero messo in atto quello che si dovrebbe fare in campo artistico, cioè imparare da chi ci ha preceduto apportando però, al contempo, qualcosa di nuovo e personale al progetto. A mio parere è stato meraviglioso come questo splendido gruppetto di bambini nerd si sia trovato a giocare nella realtà quotidiana una campagna di D&D, loro grande passione: con l’innocenza che solo la giovane età può conferire, hanno somatizzato tutto l’evento traumatico in questo modo, vivendolo come l’ennesima battaglia in cui dovevano salvare il loro compagno di squadra dal Demogorgon e traendo insegnamento dall’esperienza maturata proprio nel gioco – ad esempio, si ricordano di quando i troll li sconfissero come monito a non dividersi nel cercare il portale oppure capiscono che cosa effettivamente sia l’Upside Down (Mondo Rovesciato) perché esiste qualcosa di analogo proprio in D&D. Laddove gli adulti sembrano assolutamente sgomenti, i piccoli nerd prendono invece immediatamente in mano le redini della situazione, forti del fatto che in magie oscure del genere non hanno mai smesso di credere.

Stranger Things

La piccola Eleven, perno attorno al quale ruota la storia, è per loro qualcosa a metà strada fra Gandalf e Yoda ed è a lei che dobbiamo il secondo grosso tema della storia. Siamo in periodo di guerra fredda ed il destino vuole che ad Hawkins ci sia una base governativa statunitense in cui si producono armi da usare contro i Russi: la bambina è fra quelle armi, in quanto è stata addestrata fino a sviluppare potenti poteri telecinetici che, lasciati ahimè allo sbando, hanno portato all’apertura del portale con quella dimensione oscura. Il riferimento è al noto programma MKUltra, una delle pagine più buie della storia della CIA, con l’aggravante di vederlo qui usato su di una bambina: molto bello il modo in cui lo show ha portato sullo schermo, in solo otto episodi, il suo percorso di crescita, mostrandola da creaturina impaurita a coraggiosa fanciulla pronta a sacrificarsi per i suoi primi ed unici amici. Il rapporto fra lei e Mike, a prescindere dalle connotazioni romantiche, ricorda moltissimo quello portato sul grande schermo con E.T..
Un ulteriore plauso va fatto al cast, nell’ambito del quale a spiccare sono stati proprio i bambini: nonostante la presenza di grossi nomi come Winona Ryder e David Harbour, sono stati Finn Wolfhard (Mike), Millie Brown (El), Gaten Matarazzo (Dustin) e Caleb McLaughlin (Lucas) a rubare la scena, alleggerendo l’atmosfera proprio quando serviva grazie alla ingenua spontaneità delle loro controparti fittizie. Come nella migliore tradizione anni Ottanta, gli adulti restano sullo sfondo, per quanto fondamentali ai fini della trama, e stavolta non è pesato affatto: a queste giovani promesse c’è solo da augurare di poter portare avanti con successo la loro carriera.

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Infine, non hanno deluso nemmeno la regia e le musiche. Quanto alla prima, trovo che si sia raggiunto il giusto picco di tensione ogniqualvolta necessario, instillando nello spettatore vera e propria ansia grazie all’espediente delle luci che segnalano l’arrivo del mostro; quanto alla seconda, invece, basti dire che è sicuramente anch’essa funzionale alla tensione di cui prima e che la sigla della serie entra di sicuro a piè pari nella classifica delle più belle del 2016.
In sostanza, Stranger Things ha centrato in pieno l’obiettivo che si era prefissata, cioè omaggiare gli anni Ottanta ed il loro grandioso bagaglio culturale e cinematografico regalandoci un innovativo revival di quel decennio, in maniera però non stucchevole, ma misurata e soprattutto pensata. La maestria e consapevolezza dietro ogni gesto la rende una serie tv assolutamente godibile in cui, anche se magari già attorno all’episodio cinque hai capito come andrà a finire, vuoi continuare comunque la visione perché è semplicemente fatta troppo bene.
La scena finale, con Chief Hopper che entra con aria seria in quella macchina, lascia aperte le speranze per il futuro. Forse le stranezze ad Hawkins non sono finite.

E voi cosa ne pensate di questo nuovo show Netflix? Siete d’accordo con me su Stranger Things? Ditecelo nei commenti e passate da Stranger Things – Italia!

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About Allegra Germinario

Allegra Germinario
Studentessa di Giurisprudenza, per descrivermi basta dire che il mio modello di donna è da sempre Buffy. Top 5 telefilmica: Buffy l'Ammazzavampiri, Dexter, Justified, Banshee e Sherlock, ma una menzione d'onore va anche a Jessica Jones.

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