The Americans – Recensione 2×08 – New Car

“It’s nicer here, yes. It’s easier. It’s not better.” 



Questa tagline, pronunciata da Elizabeth, riassume l’essenza e il profondo significato di “New Car”, episodio ricco di temi e di simbolismi importanti. Primo su tutti quello della macchina sportiva, la “new car” appunto, una Camaro con cui Philip e il figlio Henry, sotto gli occhi sdegnati e sorpresi di Elizabeth che esprimono pura disapprovazione, tornano a casa. I due fanno ritorno con questo gioiellino dell’automobilistica americana sotto le note rock degli Stray Cats con Rock This Town e danno vita al classico stereotipo del consumismo statunitense, mostrando come Philip si sia sempre cullato in tali agi e stile di vita che un terra arida e fredda come la Russia non gli ha mai potuto offrire, al contrario degli States, un paese avanzato tecnologicamente e a livello industriale. Tutto ciò dà adito alla nascita di una discussione fra le due spie russe protagoniste, che riporta a galla vecchie tematiche già affrontate nella precedente stagione (quando Philip propose di disertare e offrire ai propri figli un futuro negli USA), e che riemergono adesso a rimarcare ancora una volta la profonda spaccatura tra Philip e Elizabeth: il primo che non esista a farsi accogliere e affascinare dalle comodità offerte da un Paese in cui ormai ha radicato la sua vita, come biasimarlo; e l’altra, forte e profondamente radicata in quelle che sono le sue ideologie e principi imprescindibili e da qui la tagline iniziale. Elizabeth vuole che il marito sia felice, e se un auto sportiva può adempiere questo compito, ben venga, ma la felicità per persone come loro è un miraggio assai lontano, e che sicuramente non potrà avvenire in territorio americano.

Ma la posizione di Elizabeth è ribadita da un evento in particolare, ossia la morte di Lucia, che purtroppo, nonostante la potenzialità del personaggio, doveva accadere. Elizabeth e Lucia sono sempre state paragonate l’una all’altra, come estremamente simili, della stessa tempra, mosse dagli stessi ideali, ma Lucia non è stata degna di tale paragone. Si è lasciata andare al suo istinto passionale e, incapace di capire che spesso è necessario scendere a compromessi nel nome di un bene più grande e della Causa, è stata accecata dalla vendetta ed è morta per essa, di fronte alla freddezza impenetrabile di Elizabeth, che si trova davanti alla scelta: salvare Lucia o mettere a rischio il piano in Nicaragua? E la scelta è più evidente di quel che si pensi, perché Lucia si può aggiungere alla schiera di persone, insieme a Philip, che non ha saputo mettere al primo posto la Causa, adagiandosi su altri principi, come quelli di vendetta o di uno stile di vita più semplice. Perché solo Elizabeth capisce veramente. Capisce il vero motivo per cui si trovano in America e la facilità con cui abbandona Lucia al suo triste destino ne è un chiaro sintomo.

Succede qualcosa. Qualcosa che smuove le spie russe, e in particolare anche Philip, che troppe volte si è adagiato su convinzioni sbagliate seppur più facili. Si scopre che le due spietate spie russe, strano ma vero, si sono fatte fregare e che sono responsabili della strage perpetrata ai danni di un sottomarino russo, in cui sono morti 160 loro connazionali. È questo ciò che li spinge all’azione e ciò che spinge Philip a guardare con disprezzo quell’auto sportiva che è stata quasi oggetto della sua felicità. Come ha potuto farsi ammaliare dal nemico e farsi tentare così facilmente? E un Reagan che appare in tv dichiarandosi disposto a lottare per gli ideali del suo popolo compromettendo 160 vite umane, non può che far salire il sangue al cervello ad una Elizabeth che lo osserva con disprezzo e odio. Ma un’osservazione è d’obbligo: non è per caso la stessa cosa che stanno facendo Philip e Elizabeth? Lottare per il proprio paese a discapito di un altro, compromettendo vite umane? E quindi, chi è nel giusto e chi nello sbagliato? Ancora una volta emergono questi temi su cui si fonda la serie targata FX, ed è evidente come il confine sia pericolosamente sottile: bene e male, giusto e sbagliato. In una serie come The Americans non possono mancare riferimenti storici, e i dettagli sono tutto, per cui per chi si stesse chiedendo qual è il discorso di Reagan che vediamo nell’episodio, si tratta di quello del 1982 alla Conservative Political Action Conference.

“New Car” riporta all’appello Anton Baklanov e Vasili Nikolaevich, due personaggi che davamo già per archiviati, e che sono protagonisti di una scena alquanto importante e che può essere considerata funzionale in quanto sintesi dell’intero episodio, insieme alle parole di Liz. Vasili cerca di convincere Baklanov a collaborare e per farlo utilizza parole ben precise: “Mother Russia isn’t easy. She has to defend herself. But she’s good in the end.”  Madre Russia non è facile ma alla fine è buona. E che non sia facile se ne sono accorti direttamente sulla loro pelle le nostre spie russe preferite, logorate dai sensi di colpa e dalle mille frustrazioni a cui sono perennemente sottoposti, insieme alle continue ansie. Perché i Jennings, oltre a mantenere salda la loro copertura, devono pensare anche a proteggere la propria famiglia. E queste frustrazioni emergono in particolar modo tramite alcune scelte che Philip fa, come quella di risparmiare a Martha l’umiliazione di sentire il nastro da lui modificato e la scelta di lasciare in vita il camionista nel bosco, in questo caso incontrando più di una remora da parte di Liz. Tra le righe si legge quasi la volontà di dimostrare di essere migliori dei nemici per estinguere, almeno per qualche istante, il perenne senso di colpa.

Ma The Americans è maestro nell’intrecciare trame che sembrerebbero non avere assolutamente niente in comune. Ed è questo il caso del dramma di Philip che si muove sullo stesso binario di quello vissuto dal figlio, Henry. Vengono scoperte le marachelle commesse dal bambino e quindi le sue intrusioni nella casa dei vicini per giocare a un videogame di cui i suoi genitori gli impedivano di fare uso. Fondamentalmente non ha fatto niente di male, è solo un ragazzino, ma non c’è dubbio che sia sbagliato e nonostante Henry sia consapevole e conscio della differenza tra ciò che è giusto e sbagliato, non è comunque riuscito a fermarsi e ha continuato per un diverso periodo di tempo a introdursi in casa dei vicini. E questo è un po’ in sintesi il dramma di Elizabeth e Philip, sanno di commettere azioni terribili a danno di altri essere umani, ma non sanno fermarsi, spinti ad agire in nome di un bene superiore. Ma quello che è di maggiore rilevanza è lo stato d’animo in cui precipita il bambino una volta scoperto, ossia la volontà di dimostrare di essere una brava persona, che sa di aver sbagliato, ma che è comunque una brava persona. Ed è qui che risiede il fil rouge che lega le vicende di Philip e del figlio: essere una buona persona, cosa significa e come riuscire a farlo.

Per quanto vorrei continuare a parlare della famiglia Jennings, è necessario spostare l’attenzione sull’altra storyline raccontata da questa spy story e che coinvolge Beeman, Nina e Oleg. Abbiamo imparato conoscere Oleg come un arrivista, furbo e scaltro, determinato a raggiungere i vertici della Rezidentura e che ultimamente è riuscito ad entrare nelle grazie di Nina. Oleg è impegnato nel ricavare informazioni riguardo il Piano Stealth, ossia la tecnologia americana in grado di rendere gli aerei da combattimento, prima impercettibili al suono, adesso invisibili. In questo suo scaltro gioco, in cui crede di avere in pugno Beeman, Oleg rischia di scottarsi, in quanto è altamente improbabile che l’agente dell’FBI si sia fatto così facilmente incastrare. Quello che si può interpretare dall’atteggiamento accondiscendente di Beeman, è forse un cambio di strategia. Visto che con le buone non funziona, perché non fronteggiare apertamente il nemico e farsi credere ormai preda del controspionaggio? In fondo solo una persona ha il sacrosanto diritto di rigirarselo come un calzino come fosse una marionetta, e quella persona, o meglio donna, è Nina. Nina, il personaggio femminile più affascinante della serie, dopo Elizabeth, quanto, allo stesso tempo, ambigua perché, parliamoci chiaro, ancora non si sono comprese le sue reali intenzioni. Cammina appesa a un filo, con il rischio di cadere, da una parte o dall’altra da un momento all’altro, e ha due uomini che pendono dalle sue labbra: da una parte Beeman, a lei completamente devoto; e dall’altra Oleg, con alle spalle una famiglia importante e potente, e dal quale lo stesso Arkady la mette in guardia. È questo “non sapere” che rende questa sottotrama così avvincente e ricca di tensione, tanto che si intravedono scintille all’orizzonte.

In modo molto simile a un altro show targato FX, ovvero Sons of Anarchy, The Americans riesce a muoversi tra ambiguità, chiaroscuri e sfumature che caratterizzano i personaggi di cui narra le vicende, i quali sono costretti a indossare più maschere diverse fra loro ma a dover poi fare i conti con se stessi e con le proprie convinzioni; ma soprattutto, come Sons of Anarchy, riesce a sovvertire tutte le regole spazzando via ogni certezza e moralismo. Questo solo per dire che gli show targati FX hanno una marcia in più. Punto.

Spero di non aver fatto volare eresie paragonando questi due show insieme, ma non per nulla, la mia teoria è avvalorata dal fatto che The Americans è stato rinnovato per una terza stagione. Dichiaro ufficialmente l’inizio dei festeggiamenti, perché dopo aver visto un episodio di The Americans puoi dire solo una cosa: “ANCORA!”

PS: ma che fine ha fatto Paige?! Che l’abbiano fatta fuori una volta per tutte?

In attesa del prossimo episodio, godetevi il promo!

About Sabrina

Sabrina. 24 anni. Segni particolari: Musica e telefilm dipendente. Cresce a rock e serie tv e i suoi grandi amori del passato sono: Dawson's Creek, Beverly Hills 90210, The O.C e Veronica Mars ma anche Queen, Beatles, Rolling Stones e U2 con cui la mamma l'ha cresciuta. Perennemente alla ricerca di nuove serie da vedere, la sua è proprio una malattia. Le sue attuali fisse telefilmiche sono: Doctor Who e Mad Men. Tra le serie tv preferite invece ci sono: Game of Thrones, Sons of Anarchy, The Walking Dead, Mad Men, Fringe...ma la lista potrebbe continuare ancora e ancora. Le sue passioni, musica e serie tv, spesso si intrecciano e tra le sue best soundtracks ever ci sono: The OC, Game of Thrones, Veronica Mars, Sons of Anarchy. Se invece parliamo di attuali influenze musicali la lista è ancora più lunga ma per citarne alcune: Coldplay, Muse, Arctic Monkeys, Bon Iver, Mumford and Sons, Band of Horses, Florence and The Machine...è un caso irrecuperabile, qualcuno la aiuti! Come Amy Pond, attende disperatamente che nel suo giardino atterri il Dottore insieme al suo TARDIS!

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