In Cause and Effect, episodio diretto da David McWhirter (Quantico e Blindspot), già dai primi minuti, ci vengono spiegati i retroscena della nascita di Savitar. Sinceramente non sono riuscita a comprendere pienamente i dettagli, ecco quello che ho capito unendo la spiegazione di Cisco con quella iniziale del Bad Barry: per combattere Savitar, Barry creerà delle copie temporali di se stesso che verranno trucidate dal Dio della Velocità, tranne una, destinata a diventare Savitar mentre il Savitar del “passato” rimarrà rinchiuso nella Speed Force fino al momento in cui verrà liberato da Wally, ma non è tutto, il Savitar del “futuro”, per creare il mito del Dio della Velocità, tornerà in vari momenti del passato per lasciare quegli indizi che condurranno Julian a trovare la pietra filosofale, con le conseguenze che abbiamo già visto. Insomma, come direbbe il Dottore, questo è un bel caso di wibbly wobbly timey wimey stuff alquanto intricato, senza apparente soluzione di interruzione.
Ma questa puntata, oltre a regalarci un gran mal di testa, ci dona anche un lato inaspettato della personalità di Barry. Vi siete mai chiesti come sarebbe Flash senza le terribili esperienze che ha vissuto? Una persona normale, anche un tantinello troppo allegra per i miei gusti. A causa di un’indotta perdita totale della memoria, ci viene mostrato un nuovo volto di Barry Allen, privo completamente del peso del passato e delle sue sofferenze. Questo, con nostra somma gioia, permette agli autori di creare un episodio la cui seconda parte si avvicina molto a una comedy, con battute e scene divertenti come non ne vedevamo da tempo. Una vera ventata di freschezza, che quasi sicuramente anticipa un finale di stagione dai toni molto dark. Quello che poteva essere e non è stato, ma che soprattutto non sarà mai, perché, come ha sottolineato anche Joe, Flash, il supereroe senza macchia e senza paura, non sarebbe quello che abbiamo imparato ad amare se privato di tutte le esperienze del suo passato, belle e brutte.
In questo ho visto il tema centrale della puntata. Bad Barry è solo una parte di Barry, potrà anche avere i suoi ricordi ma non li ha vissuti. Non ha vissuto i bei momenti con Joe e Iris, non ha vissuto lo strazio della perdita della madre, questo lo rende un Barry solo a metà, anche uno speedster a metà se vogliamo. E’ vero che la sensazione è che abbiano voluto mettere in pausa la trama, guadagnando minutaggio, ma è altrettanto vero che hanno colto l’occasione per mandare un messaggio molto importante. E’ la commistione tra i pregi e i difetti, tra le scelte e le esperienze a renderci quello che siamo, nessuno è totalmente cattivo o totalmente buono. E’ come se ogni persona fosse la prova vivente del concetto filosofico dello ying e yang, è attraverso l’equilibrio tra queste due forze che si esplica pienamente la nostra umanità. Barry, accettando la sua parte yang, potrebbe trovare la spinta necessaria per sconfiggerlo. Niente trucchi, niente bazooka, solo una profonda conoscenza di se stesso.
Se il ventunesimo episodio ci da l’opportunità di respirare un po’ prima del rush finale, in Infantino Street, puntata diretta da Michael A. Allowitz (The Originals e The Vampire Diaries), mette il piede sull’acceleratore, tanto da condizionare anche la velocità dei nostri cambiamenti emotivi. In pochi minuti si passa dalla felicità per aver rivisto la coppia Flash/Capitan Cold all’orrore per la morte (apparente) di Iris. Un vortice di situazioni e sentimenti che sinceramente mi ha lasciato veramente esterrefatta a fine episodio. Solo per il fatto che non si tratta del finale di stagione, sappiamo benissimo che non è così che si concluderà la vicenda, ma qualche lacrima è scesa comunque, anche solo per il fatto di non sapere quando potremo rivedere Snart.
La prima parte della puntata è completamente incentrata sul furto di un reperto alieno, unico al mondo in grado di dare energia al bazooka costruito da Tracy. Tralasciando le polemiche scatenate dalla scelta di Barry (prima su tutte il fatto di aver inciso ancora sul passato, cosa che lo ha messo in questo casino, poi c’è chi, giustamente, sottolinea che non c’era bisogno di chiedere aiuto proprio a Snart, visto che tra le conoscenze di Flash abbonda la gente in grado di penetrare in un complesso dell’Argus, tipo Oliver), Wentworth Miller è sempre un bel vedere. Ci manca un bel po’, ammettiamolo. La chimica tra i due ci ha sempre regalato dei bei momenti e anche stavolta non hanno fatto eccezione. Snart ha il pregio di ricordare a Flash, e anche a noi, chi è e chi dovrebbe essere sempre. Essere un supereroe significa stare costantemente sotto i riflettori, ogni azione è passabile di giudizio, ogni errore è più grave, e questo ogni tanto Barry se lo dimentica.
La seconda parte è quella che mi ha fatto ricredere sugli autori. Volutamente veloce e confusionaria, è la prova, superata a pieni voti, che anche gli autori di The Flash quando vogliono, sanno essere coraggiosi. La scelta che li ha premiati è stata quella di far vedere in questa puntata la morte di Iris, dando un tempo maggiore alla ricerca di una soluzione da parte di Barry, ma soprattutto creando un’ hype di dimensioni stratosferiche. A farla da padrone, dopo la mandata in onda dell’episodio, non è la morte di Iris, bensì la non-morte. La teoria che più spopola tra i fan è che, mentre Savitar e Barry combattevano in Infantino Street (omaggio a Carmine Infantino, uno dei due creatori del personaggio di Barry Allen), H.R. con il trasfiguratore ha preso le sembianze di Iris sostituendosi, poi, alla ragazza, e sarebbe poi morto al posto suo. L’idea ha preso sempre più piede nei passati giorni, finché la The CW non ha rilasciato un nuovo trailer del finale di stagione in cui appare proprio H.R. su un tetto di un palazzo vivo e vegeto, confutando così la teoria.
Che sia morto o no, una cosa è certa, il finale di stagione si preannuncia molto entusiasmante, ma anche triste e sconvolgente. Nessuno sarà più come prima dopo quest’avventura, sia nel bene che nel male.
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