Meglio prevenire che curare. È praticamente questo che nemici come ReverseFlash, Zoom e Savitar hanno insegnato a Barry. L’ansia di voler a tutti i costi trovare un nemico in Clifford DeVoe (Neil Sandilands) scaturisce dalla consapevolezza che se non avesse sottovalutato il suo antagonista all’inizio della battaglia, molte persone sarebbero ancora vive. Per sua stessa ammissione, ora ha molte più cose da perdere: ora è felice. Come si fa a non avere paura che tutto svanisca per la follia di un uomo su una sedia a rotelle? Therefore I Am, diretta da David McWhirter (Blindspot e Supergirl), analizza proprio questa questione, portando alla luce le debolezze di The Flash.
Barry non ci riesce ed inizia a sorvegliare da vicino DeVoe, un uomo apparentemente perfetto, senza nessuna macchia, se non quella di essere una specie di cyborg super intelligente che riesce a sopravvivere solo grazie a una sedia ultramoderna progettata dalla intelligentissima moglie. Dai flashback risulta alquanto chiaro il ruolo fondamentale di Marlize (Kim Engelbrecht), senza di lei The Thinker non esisterebbe. The Mechanic, era ed è la mano esecutrice dei piani di Clifford, colei che rende reali ed attuabili i progetti partoriti dalla sua super-mente. Il motivo per cui fanno tutto ciò è di certo legato al fatto che DeVoe sta morendo piano piano, in quanto il suo super-cervello lo sta praticamente consumando. La sedia è solo un palliativo momentaneo e lo sanno. Devono aver trovato il modo di assicurarsi la cura definitiva.
Le strade per l’inferno sono lastricate di buone intenzioni. Mai massima fu più vera. Lo scopo di Clifford era solo quello di rendere i ragazzi d’oggi più affascinati dallo studio, voleva essere un insegnante migliore. Un motivo nobile se vogliamo, ma che ha in sé il seme dell’operato di qualsiasi villain, l’imposizione del suo punto di vista. Come e perché si passi da un nobile intento di divulgazione culturale alla creazione di esseri viventi potenzialmente pericolosi per l’umanità, ancora non è dato sapere, ma sono certa che The Thinker avrà sicuramente analizzato ogni minimo particolare per giungere alla conclusione che per raggiungere il suo scopo era necessario sfidare Flash.
Questo nuovo nemico spaventa Barry, come già detto, forse più del dovuto. Come giustamente gli ricorda Iris, non c’è ostacolo che non abbiano superato restando sempre uniti e fedeli a sé stessi. Il grande fardello di un supereroe è rappresentato non tanto dalle persone che hanno perso ma da quello che non hanno fatto perché era la cosa più giusta. Avendo alle spalle un passato pieno di persone che si sono sacrificate per il bene superiore, che quasi sempre coincide con il salvare l’eroe di turno, viene quasi naturale voler proteggere quel che gli è rimasto. Un istinto talmente forte che Barry quasi diventa un’altra persona, una in cui le paure la fanno da padrone tanto da perdere quasi il contatto con la realtà; timori che oscurano il luccichio del tesoro che ti è accanto. All’improvviso, Iris, Joe & co. diventano invisibili, rimane solo un uomo che lotta con le unghie e con i denti per ciò che gli più caro.
Alla fine Barry riesce a dimostrare di avere ragione, ma non basta a cancellare tutta la frustrazione provata durante tutto l’episodio e di certo non riesce a nascondere un fatto molto importante, che in questo particolare momento della sua vita è più debole di quanto non lo sia mai stato, un pasticcino alquanto invitante per un villain con la super-intelligenza.
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