The Handmaid’s Tale – Recensione 1×06 – A Woman’s Place

Proprio quando pensavamo che The Handmaid’s Tale fosse pronta a riproporre nuovamente gli schemi visti negli scorsi episodi, ecco che arriva A Woman’s Place e tutto viene messo nuovamente in discussione.

L’episodio inizia esattamente come tutti gli altri, con una piccola connessione con ciò che è successo nell’episodio precedente. Connessione che, a dirla tutta, si prolunga in tutto l’episodio. Se in Faithful Offred ha preso in mano parte della sua libertà decidendo di andare da Nick e di fare sesso con lui proprio come piace a lei, ricordando prima di tutto a se stessa che esiste un altro modo di fare le cose oltre allo stupro mensile che subisce, in questo episodio continua la sua crociata disperata per avere qualche spiraglio di libertà.

È arrivata a Gilead una delegazione messicana, a ricordarci che esiste un mondo al di fuori della Repubblica e che anche loro, molto probabilmente, stanno cercando un modo di gestire in cambiamenti che sono avvenuti e che hanno portato alla stessa creazione di Gilead. Ma, soprattutto, riusciamo finalmente ad avere quello scorcio nella vita passata di Serena Joy che tanto aspettavamo – per conoscerla e per capirla meglio. Serena è sempre stata un personaggio molto enigmatico e non si riusciva mai a comprendere fino in fondo quale fosse la sua posizione rispetto alla brutalità delle cose che stanno accadendo, ma adesso finalmente lo sappiamo: lei ne è la mente. Lei, insieme a Fred e ad un gruppo di altre persone, è alla mente della rivoluzione che ha portato alla caduta dell’America così come la conosciamo oggi e alla nascita di questa Repubblica basata su precetti religiosi distorti, misogini e maschilisti. Proprio lei che, man a mano che vedeva prendere piede la sua creazione, iniziava a perdere gran parte dei suoi diritti, compreso quello di avere un riconoscimento per il suo lavoro e parlare di fronte ad un pubblico di uomini (o un pubblico in generale). Il suo libro sul ruolo della donna – un libro che, solo quello, porta indietro le lotte femministe di almeno cento anni – viene anch’esso buttato insieme a tutti gli altri e del suo lavoro non ce ne sarà più traccia.
La vediamo condurre una vita complice insieme a Fred, complicità che piano piano viene a sparire. Il sesso non è più consentito all’interno del matrimonio, perché non viene più considerato un atto di piacere e di connessione ma un passaggio necessario per la procreazione, e quindi vediamo Fred mostrarsi inizialmente restio ad unirsi di nuovo con lei, fino a poi cedere miseramente. Si può parlare, in questo caso, di una piccola vittoria? Forse, ma pur sempre di una vittoria controversa, in un mondo che lei stessa ha voluto.
Finalmente comprendiamo fino a che punto possiamo considerare controverso il personaggio di Serena e, soprattutto, vediamo la Strahovski emergere accanto alla Moss.

Le vicende passate della vita di Serena vengono accompagnate dalla brutalità degli eventi attuali; la delegazione messicana si trova lì per una ragione ben precisa e non è quella di commerciare arance: sono le Ancelle l’oggetto del commercio. Immediatamente il loro viaggio assume delle sfumature diverse; anche il ricevimento con le Ancelle sfoggiate come doni preziosi assume delle sfumature tetre. Ma la parte peggiore è sicuramente il momento in cui fanno entrare i bambini, immediatamente preceduto da Serena Joy e dal suo discorso di fronte ad un pubblico. I bambini esibiti come qualcosa di raro e magnifico, come il più grande risultato ottenuto dalla nuova società marcia di Gilead.

Ed è in contrasto a ciò che Offred si libera del peso che si porta dentro, per tentare un ultimo gesto disperato: confessa alla Castillo la brutalità di ciò che succede alle Ancelle ogni giorno, confessa di non essere una martire di aver deciso di sacrificarsi in quel modo, ma di essere una vittima, una prigioniera. Le racconta ciò che le succede giornalmente, parla della vita da schiava che è costretta a fare, si appella alla solidarietà femminile che dovrebbe portare ogni donna a capire e a voler fare qualcosa per aiutare il prossimo. Ma per quanto la Castillo capisca e per quanto probabilmente si senta dispiaciuta, non può fare niente per loro, perché ha da pensare alla sua stessa gente.
La ricerca della libertà di Offred sembra essere giunta al termire, quando ecco che la sua richiesta di aiuto non solo viene ascoltata, ma viene anche accolta: Luke è ancora vivo e c’è un modo per mettersi in contatto con lui. Che faccia parte della resistenza di cui faceva parte anche Emily? Molto probabile e di sicuro ne sapremo di più nel prossimo episodio.

The Handmaid’s Tale è una serie tv che ha come protagonisti gli abusi, ma nella quale è possibile scorgere una forza così grande da far emergere i pochi aspetti positivi in contrasto con le innumerevoli ingiustizie.

Nel darvi appuntamento alla prossima puntata vi invito a passare da Yvonne Strahovski Italy e da The Handmaid’s Tale Italia – Il racconto dell’ancella.

About Jeda

Top 5 : Banshee, Twin Peaks, Son of Anarchy, Homeland, Downton Abbey. Nata e cresciuta in mezzo al verde e alla campagna nel lontano 1990, Jeda sviluppa sin da piccola l’innata capacità di stare ore ed ore seduta di fronte un qualsiasi schermo a guardare serie tv - che, in età infantile, erano cartoni animati. È una dote che le tornò utilissima con l’avvento dello streaming, riuscendo a vedere telefilm senza stancarsi mai, ignorando completamente lo studio e i risultati si vedono: fuoricorso da circa mille anni, la sua preoccupazione principale è quella di riuscire ad essere in paro con i recuperi, almeno una volta nella vita. Le piace leggere, scrivere ed ha una passione quasi ingestibile per le cose oscene.

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One comment

  1. Non vedevo on-screen Yvonne da quel gioiello di “Chuck”, dove è stata semplicemente meravigliosa, con la sua interpretazione multistrato, nel delineare un character tridimensionale e dalle motivazioni contrastanti come quello di Sarah.
    Qui, in un’opera tanto diversa, risplende comunque per la sua espressività, quella capacità di trasmettere tutto con un micromovimento o con un mezzo tono che non molte attrici moderne hanno (e tra queste c’è senz’altro l’eccellente Lizzie Moss). Oltre i vari manierismi che ne dimostrano la comprensione del character “Serena Joy” (molto più complesso di quello che emerge dal libro della Atwood ed interpretato dalla Dunaway sullo schermo).

    Niente, condivido con voi queste impressioni (non so quanto condivise), ritrovandomi molto, contenutisticamente, nella vostra review della serie. Complimenti all’autrice.

    Riccardo

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