The Handmaid’s Tale – Recensione – Offred/Birth Day/Late

Diciamoci la verità, non eravamo pronti per un rilascio massiccio di ben tre episodi nello stesso giorno di The Handmaids’s Tale, nuova serie tv a carattere distopico della Hulu, e la digestione di questi tre episodi visti in un’unica soluzione risulta un po’ difficile, per le tematiche affrontate.

The Handmaid’s Tale è la trasposizione in dieci episodi dell’omonimo romanzo di Margaret Atwood, che in Italia è stato tradotto con “Il racconto dell’Ancella”. La storia vede gli attuali Stati Uniti d’America trasformati nella Repubblica di Gilead a seguito di un golpe; la Repubblica ha carattere patriarcale e si basa sull’annichilimento del genere femminile, ridotto a semplici organi di riproduzione. L’infertilità regna sovrana e le donne “benedette” dalla possibilità di procreare sono ridotte a una schiavitù sessuale. Diventano delle Handmaids (Ancelle, in italiano) e lavorano al servizio del Comandante presso il quale vivono e della sua Moglie sterile. Al fianco delle Ancelle ci sono le Marte, la servitù.

Nel corso dei primi tre episodi – Offred, Birth Day e Late – riusciamo ad avere una buona panoramica sul mondo su cui si fonda la storia. Conosciamo la nostra eroina Offred (o Difred, come ha deciso di tradurre il team di sottotitoli, attenendosi alle scelte traduttive del libro), Ancella al servizio del Comandante Waterford e di sua moglie Serena Joy. Agli occhi altrui appare come un’Ancella remissiva e devota, ma è tramite il voiceover che veniamo a conoscenza dei suoi veri pensieri. Ha un animo ribelle, sogna di ricongiungersi con sua figlia Hannah ed è disposta a qualunque sacrificio per riuscirci. Elisabeth Moss è strepitosa in questo ruolo e riesce a rendere alla perfezione ogni sfumatura del suo personaggio. La sua espressività è talmente tanto toccante da trasmettere molto di più con i suoi silenzi e le sue attese che con le parole.
Nei flashback che si alternano alla narrazione attuale, scopriamo molte cose sul passato della ragazza. Conosciamo la sua bellissima bambina ed il suo compagno, scopriamo di come è stata catturata e, più in generale, di come viene innescata la trasformazione da Paese libero a dittatura maschilista. Forse, negli anni in cui è stato scritto il libro, questo futuro ipotetico risultava irrealizzabile, ma nei tempi che stiamo vivendo risulta così tanto plausibile da fare paura. La stessa Offred ammette di riuscire ad aprire gli occhi solo adesso, ma che questo è il risultato di un lungo processo al quale nessuno si è mai ribellato a dovere.

All’opposto di Offred troviamo Serena Joy, personaggio alquanto controverso. È interpretato da Yvonne Strahovski e, anche in questo caso, la donna riesce a puntare l’attenzione sulle giuste qualità del personaggio che interpreta. Risulta sempre ambigua e, in piena linea con le altre mogli, prova un grande disprezzo per la sua Handmaid: rappresenta tutto quello che lei non potrà mai avere. Eppure tira fuori una grandissima compassione quando sembra che Offred sia riuscita a concepire un figlio. Anche agli occhi di Serena, Offred è solo un utero, il suo utero. La ragazza non è altro che un’estensione di se stessa, non un vero e proprio essere umano, ed è proprio per questo che ora la tratta con dei riguardi che raggiungono addirittura la complicità: lo fa unicamente per se stessa, perché Offred, in quel momento, è un pezzo di lei. E infatti tutta la comprensione e la compassione dimostrata viene immediatamente sostituita dall’odio e dal rancore nel momento in cui Offred scopre di non essere ancora incinta. La maltratta come se la mancata gravidanza sia una sua colpa, quasi un dispetto. Trovandoci ancora alle battute iniziali è difficile fare qualche previsione sull’evoluzione che avrà Serena e forse è anche azzardato presumere che ne avrà una, ma un personaggio così complesso è sempre destinato ad avere un ruolo più essenziale della sola “moglie cattiva e gelosa“. Anche perché, essenzialmente, nonostante le mogli abbiano un ruolo molto più privilegiato rispetto alle altre ragazze, anche loro sono delle subordinate degli uomini e sarebbe interessante vedere Serena prendere consapevolezza di sé e agire di conseguenza.

La vera rivelazione di questi primi episodi è Alexis Bledel, che interpreta la Handmaid Ofglen, compagna di Offred. Siamo così tanto abituati a vedere la Bledel nei panni di Rory da dimenticarci delle sue grandi doti attoriali. Avevamo avuto il piacere di vederla in ruolo così diverso rispetto al suo solito in Mad Men, ma è in The Handmaid’s Tale che riesce ad emergere in tutto il suo splendore. Ofglen appare inizialmente come un’Ancella pia e devota – come del resto lo sembra anche Offred ai suoi occhi – ma ben presto dimostra di avere una scorza dura dietro l’aspetto arrendevole. Ci introduce all’esistenza di una Resistenza di cui, per noi, ne è portavoce e diventa anche il volto della speranza. È un personaggio interessantissimo che si cuce addosso alla Bledel come nemmeno Rory ci riusciva. I suoi occhi blu e penetranti sembrano fatti per raccontare la dolorosa storia di Ofglen, Ancella omosessuale che ha avuto il coraggio di ribellarsi – e che per questo ne paga le conseguenze.

Il vero enigma è il Comandante Waterford, apparso per una manciata di minuti, nei quali comunque ha instillato il dubbio sul suo schieramento. Rimane molto enigmatica la sua decisione di chiamare Offred nel suo studio per giocare a Scarabeo, ma è giusto che sia così: il Comandante è un personaggio che andrà scoperto piano piano, con tutte le sue contraddizioni.

Questi tre episodi di The Handmaid’s Tale fungono da lungo pilot e servono per presentare il panorama, quello di un mondo distopico in cui la donna non ha nessun diritto ed una serie di doveri, un mondo dove ogni azione porta a delle conseguenze. La serie era molto attesa e credo che abbia soddisfatto in pieno le aspettative. Non ho letto il libro e non posso parlare delle eventuali differenze tra i due prodotti, ma a giudicare dalla realizzazione della Hulu ci troviamo di fronte ad una serie tv di altissima qualità, che gioca con la tensione dello spettatore proprio come ci si aspetta da una serie tv che tocca questo argomento.

Nel darvi appuntamento alla prossima puntata vi invito a passare da Yvonne Strahovski Italy.

Jeda

Top 5 : Banshee, Twin Peaks, Son of Anarchy, Homeland, Downton Abbey.

Nata e cresciuta in mezzo al verde e alla campagna nel lontano 1990, Jeda sviluppa sin da piccola l’innata capacità di stare ore ed ore seduta di fronte un qualsiasi schermo a guardare serie tv - che, in età infantile, erano cartoni animati. È una dote che le tornò utilissima con l’avvento dello streaming, riuscendo a vedere telefilm senza stancarsi mai, ignorando completamente lo studio e i risultati si vedono: fuoricorso da circa mille anni, la sua preoccupazione principale è quella di riuscire ad essere in paro con i recuperi, almeno una volta nella vita. Le piace leggere, scrivere ed ha una passione quasi ingestibile per le cose oscene.

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