Il salto temporale, che ci ha proiettati avanti di quattro anni, non ci svela unicamente come le vite dei moschettieri siano cambiate con l’avvento della guerra, ma ci illustra la tragica situazione che la popolazione francese ha sopportato in quegli stessi anni.
In particolare, i riflettori sono puntati su Parigi e dintorni, teatro di rappresaglie tra il popolo affamato (la “fame” del titolo) e le istituzioni egoiste, le quali non esitano a cercare tra i rifugiati il capro espiatorio per nascondere le proprie malefatte.
Questa settimana è il turno del duca di Beaufort.
Avida maschera della nobiltà francese che orbita attorno al viziato sovrano, il duca stringe un accordo con il corrotto governatore Feron, affinché si insceni una rapina ai danni del granaio cittadino (di cui Beaufort è proprietario e approvvigionatore) scaricando la colpa sui rifugiati di guerra.
Così facendo, sia Feron che Beaufort sperano di far leva sull’inerzia del Re, spillandogli un prezzo di “rimborso” equivalente al doppio che lo stesso deve a Beaufort per il suo grano.
Il piano sembra funzionare grazie anche ai sotterfugi di Grimaud, l’uomo “nero” che lo stesso Athos ha intravisto sul campo di battaglia nella premiere; ma è prevedibile che non tutto filerà liscio: di fatti, basta poco ai moschettieri per svelare l’arcano, grazie anche a Sylvie, una dei rifugiati di Saint Antoine.
Nonostante le buone premesse, il ritmo è talmente lento che, mi duole ammetterlo, mi sono addirittura addormentata verso metà episodio. Così quarantasei minuti sono diventati quasi il doppio, dovendo recuperare tutti quelli che mi sono persa durante la pennichella e che fatica è stata arrivare fino alla fine!
Non ricordavo una puntata così noiosa dall’ultima stagione di Arrow (solo chi ha avuto il coraggio di seguirla può capirmi) e in tutta onestà avevo sperato che la stagione conclusiva di The Musketeers fosse più completa, adrenalinica, veloce nella narrazione ma non avventata negli eventi. La distinzione è d’obbligo.
Comprensibile è la scelta di mostrarci l’evoluzione da un inizio più goliardico della season one, alle problematiche conseguenti la guerra che segnano di rimando anche i moschettieri nelle dinamiche attuali.
Li abbiamo, infatti, notati molto più cupi, poco propensi alla battuta facile com’era stato in passato, ma mi è meravigliato che ad Aramis sia bastato un nonnulla per indossare nuovamente la divisa da moschettiere. Mi sarei aspettata un tira e molla più intenso, magari da far durare un paio di puntate, anziché bruciare il suo ritorno nell’arco di quaranta minuti scarsi.
Lui, ad esempio, è tra quelli che non ho ancora inquadrato bene in questo ambito: che la vita monastica abbia solo rallentato i suoi riflessi? Spero proprio di no!
E parlando di Aramis, posso riallacciarmi all’unica scena degna di nota in “The Hunger” e mi pare d’obbligo urlare un bel FINALMENTE! A quanto pare Luigi non è così scemo come sembrava ed esplode nel suo essere subdolo nella vendetta ordita ai danni della Regina.
La scorsa stagione l’evidenza dell’affaire tra Anne e Aramis – che per me resta una delle coppie più belle – era stata ignorata dal Re, troppo preso dall’entusiasmo di avere un erede da crescere a sua immagine e somiglianza. E così sta facendo.
Luigi sta plagiando il piccolo Delfino affinché rifiuti la presenza della madre, punizione esemplare per il tradimento subito, ma un dubbio rimane: avrà capito che il piccolo non è figlio suo, ma frutto dell’amore proibito tra i bei amanti?
Per quello che ho potuto vedere nello scarso minuto a loro dedicato direi di sì, ma mai dire mai. Forse sopravvaluto l’acume del sovrano, ma non mi resta che confidare nei risvolti dark (avete notato il nuovo look del Re?) che daranno voce alla loro storyline, sperando che almeno quella risollevi le sorti di scenette trite e ritrite, tra cliché, battibecchi, minacce inesaudite e sguardi torvi.
The Musketeers era molto più di questo ed è normale per una fan pretendere e aspettarsi un finale con il botto. Mancano ancora otto puntate alla fine – eh sì, devo ancora vedere quelle che sono già uscite se non si fosse capito – e di materiale da sfruttare ce n’è in abbondanza.
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Alla prossima!