Recensire The Night Manager senza sfociare nel fangirling più becero è davvero davvero difficile. Tutto quello che vorrei dire è solo “mamma mia Tom Hiddleston di qua” e “mamma mia Tom Hiddleston di là” e sono sicura che voi comprendete il mio disagio nel non poterlo fare e nel dover mantenere una certa dignità – che, ve lo dico, svanirà non appena questa recensione sarà terminata e io mi concederò qualche riga per sfogarmi come si deve.
Dopo un pilot atto ad introdurci ai fatti scatenanti della storia e darci una sommaria infarinatura dei personaggi principali, con il suo secondo episodio The Night Manager ci porta a scavare un po’ oltre la superficie. Sebbene Tom Hiddleston con il suo Jonathan Pine sia ancora il protagonista indiscusso della scena, le brevi nozioni che possiamo estrapolare sugli altri personaggi ci incuriosiscono il giusto; in questo modo è facile capire che la storia non ruota intorno ad un singolo personaggio ma alle interazioni di più di essi.
Questo secondo episodio è quasi un secondo pilot, lentamente ci fa addentrare nel mondo della criminalità e serve appunto a conferire una nuova identità a Jonathan (prima Jack Linden poi Tom Quince) e tutto ruota intorno all’inserimento del suo personaggio nel giro criminale che orbita intorno a Roper. Ma non ci limitiamo solo a questo; piano piano scopriamo qualcosa in più dell’enigmatica figura di Pine, e lo scopriamo proprio attraverso la messa in scena che architetta insieme all’aiuto di Angela (una bravissima Olivia Colman) e al suo team. Ci rendiamo conto di quanto sappia essere spietato e, vederlo così bene calato nella parte del delinquente un po’ ci fa chiedere quanto ci sia di finto nelle sue azioni. Proprio come gli dice Angela, Pine si vedrà costretto a tirare fuori lo psicopatico che è in lui, dovrà farsi trascinare nel lato oscuro e dovrà farsi abbracciare dal fascino del male… quanto tempo passerà prima che la linea che divide il “bene” dal “male” – se così si può dire – inizierà a farsi più confusa? Già lo vediamo esagerare nella messinscena e oltrepassare la linea di confine che stabilisce ciò che va fatto e cosa no, perfino in un’operazione come questa dove l’illecito diventa lecito… ed è proprio questo che affascina maggiormente di Jonathan, vedere quante cose cattive può fare per il raggiungimento di una sola buona azione.
Ma anche se Jonathan riesce sempre a rubare la scena, episode two non parla solo di lui. Entriamo nel mondo di Richard Roper ed è proprio nel flashforward iniziale che scopriamo le cose più interessanti. Innanzitutto, Rope non è solo lo spietato trafficatore di armi tutto sesso e alcol che ci era apparso nel pilot, è anche un uomo affascinante e un padre che, a modo suo, sa anche essere affettuoso. Hugh Laurie fa un lavoro magistrale nel dare spessore ad un personaggio di cui, ancora, sappiamo molto poco e raggiunge il suo picco massimo durante il finto rapimento del figlio. Percepiamo la sua frustrazione e la sua impotenza e, nonostante sappiamo che lui è il grande cattivo della storia, ci ritroviamo a tifare per lui.
Ma chi inizia a fare breccia nei nostri cuori è Jed, che da provocante arrampicatrice sociale si è svelata essere sensibile e con un istinto materno che solo chi ha un figlio può possedere. Durante una telefonata con la sua grottesca madre veniamo a sapere dell’esistenza di un Billy e presumiamo che sia il figlio; d’un tratto diventa evidente che le sue azioni servono per avere dei soldi da mandare alla famiglia.
In definitiva Episode Two fa il suo lavoro, cioè quello di introdurci finalmente alla storia vera e propria. La mia unica perplessità sta nel modo in cui Pine si è introdotto nel giro di Roper, perché mi sembra improbabile che un uomo come lui non si insospettisca nel trovarsi di fronte all’ex manager di notte di un hotel sperduto nel quale è andato tempo prima, che guarda caso lavora nel suo ristorante preferito. Che, in realtà, non stia già un passo avanti a Jonathan e Angela e non sappia della sua copertura? Lo scopriremo presto. Intanto beccatevi il mio fangirlaggio quotidiano: