The Politician conferma lo status quo di amore e odio per Ryan Murphy, dimostrando che, per ogni cosa buona, deve esserci la sua controparte cattiva. Quindi, se con Pose mi ero finalmente detta che Murphy era tornato in carreggiata, ecco che The Politician torna a farmi storcere il naso.
The Politician è la nuova serie tv Netflix che vede Murphy tornare a lavorare in campo liceale, là dove il regista è riuscito a darci così tanto. Ormai Glee è diventato un’istituzione quando si parla di teen drama e la prospettiva di tornare a quelle atmosfere si è fatta allettante. Infatti – e per fortuna – in The Politician c’è molto di Glee e anche qualcosa di Popular. Ritroviamo, ad esempio, le situazioni paradossali al limite con il grottesco, ritroviamo l’aspetto musicale, ritroviamo anche i tratti caratteristici di alcuni personaggi amati in passato. Insomma, diciamo che ritroviamo troppo, per soli 8 episodi. E questo troppo sarà sempre la nota stonata di questo prodotto.
The Politician racconta la storia di Payton Hobart, ragazzo dell’ultimo anno di liceo, figlio adottivo di una ricchissima e bizzarra coppia, che nonostante la giovane età della sua vita ha già deciso tutto: entrerà ad Harvard per competenze e non per raccomandazioni e diventerà Presidente degli Stati Uniti d’America. E per realizzare il suo sogno, prima dovrà diventare Presidente del corpo studentesco. Questo è indispensabile. A gravitare intorno a Payton ci sono una serie di ragazzi che lo supportano e formano il suo entourage, così come ce ne sono altri che fungono da oppositori.
L’intento di The Politician è molto chiaro e lo è sin dalle prime battute: vuole fare satira verso il mondo spietato e ambizioso della politica. La resa, tuttavia, è così dispersiva e confusa che lo show tradisce le sue promesse e non riesce mai ad essere pungente al punto giusto. Le battute al vetriolo che via via vengono lanciate, ad esempio, passano in sordina nella baraonda generale degli eventi poco chiari e gli stessi colpi di scena perdono di efficacia perché sono inseriti in un contesto di caos senza fine. Inoltre trovano una risoluzione in così poco tempo, che non riusciamo nemmeno a sentirci coinvolti dagli eventi.
C’è molta perplessità anche intorno al personaggio di Payton, che invece dovrebbe essere il nostro punto fermo. Dai suoi seguaci è considerato la nuova promessa della politica americana, eppure questa tesi non è mai sostenuta dai fatti. È accusato di essere sociopatico eppure è circondato da persone (ragazzi e adulti) che cercano ripetutamente di ucciderlo. Non c’è coerenza tra quello che ci dicono e quello che vediamo.
Più in generale, c’è un enorme spreco di potenzialità nelle storyline individuali.
Abbiamo una Jessica Lange sopra le righe, che interpreta la nonna esagerata e opportunista di Infinity Jackson (Zoey Deutch), ragazza dolcissima malata di leucemia e, anche in questo caso, ci troviamo di fronte ad uno spreco di risorse. Anziché servire e arricchire la trama, questa storyline sembra inserita come tappabuchi. E lo stesso accade con Astrid, personaggio che viene tirato fuori all’occorrenza ma che altrimenti passa inosservato per tutto il tempo (nonostante rivesta il ruolo di “villain”).
Tuttavia, non fraintendetemi, la serie presenta anche pregevoli punti di forza. La fotografia e l’attenzione ai dettagli quasi maniacale e i colori sgargianti rendono The Politician un prodotto visivamente accattivante. Nelle battute paradossali e nella simmetria delle inquadrature ci ho visto un richiamo a Wes Anderson, personalmente apprezzato. Inoltre la serie è molto inclusiva di tutte le minoranze ( lo è anche troppo, come ci viene molto autoironicamente fatto notare) presentando un aspetto molto importante per Murphy, ma di sicuro questi aspetti positivi non bastano.
E qui ci ricolleghiamo al titolo: a The Politician – come, purtroppo, a molti prodotti murphiniani – manca un soldo per fa’ ‘na lira. La serie si riduce ad un minestrone di generi e un’accozzaglia eventi che rendono il prodotto poco credibile. C’è moltissima forma ma poca sostanza. Dalla visione di The Politician non mi rimane nessuno spunto di riflessione interessante, nessun arricchimento.
In una cosa Murphy è costante: i suoi prodotti si amano o si odiano, non ci sono vie di mezzo.