Non credo di peccare di arroganza nell’affermare che The Young Pope è la serie tv più impegnativa (in termini di resa) e provocatoria del panorama televisivo attuale. Creata, scritta e diretta da Paolo Sorrentino, The Young Pope è una miniserie tv frammentata in dieci episodi di co-produzione internazionale, che vede una concomitanza di volti noti italiani e d’oltreoceano. La miniserie inizia con l’elezione di un nuovo Pontefice, Papa Pio XIII nato Lenny Belardi (portato in vita da un Jude Law che, a mio avviso, in questo ruolo tira fuori le migliori performance della sua carriera), e che da lì si sviluppa e si estende, districandosi tra i contorti intrecci e i giochi di potere che si nascondono tra i sussurri del Vaticano.
Sorrentino, regista famoso per spaccare in due pubblico e critica tra coloro che lo amano e coloro che lo odiano, in questa sua opera mantiene i suoi tratti distintivi ma senza estremizzarli, piegandoli e sfruttandoli al servizio della narrazione. Ne emergono, così, i dialoghi evocativi ed incisivi di grande spessore, che spesso vengono resi con dei primissimi piani che appongono la parola ed il concetto al centro della scena. Emergono anche altri elementi chiave della regia sorrentiniana, ma in questo caso si amalgamano alla perfezione con gli ambienti Vaticani e con gli argomenti trattati. In questo caso i suoi accenni di surrealismo, quando c’è di mezzo la Fede, la religione ed i miracoli, non stonano.
L’ironia di questo Papa non credente (come ci viene molto spesso ricordato), vanitoso, attaccato a valori obsoleti, dissacrante e spietato, fa da cardine all’intera stagione. Jude Law si dimostra insuperabile in questo ruolo, il perfetto Papa sorrentiniano che non interpreta mai il personaggio con quegli eccessi che lo potevano facilmente rendere una macchietta parodistica. The Young Pope, del resto, non si vuole proporre come parodia velata ed intelligente dell’invisibile realtà dello Stato più anomalo della Terra, ma come uno scorcio su un mondo che si divide tra Fede e politica e dove, puntualmente, l’ago della bilancia pende da una parte o dall’altra, senza mai raggiungere l’equilibrio. Risulta sfacciatamente facile credere al papato di un simile uomo, ad un Papa che, già dal suo nome, si arpiona alla rigidità del passato, contrapponendosi con una demarcazione così netta al Papa che stiamo vivendo in questo periodo. E Papa Pio XIII, per quanto distante alla concezione di Papa al quale siamo stati abituati negli ultimi anni, è credibile proprio perché richiama ai Papi del passato, quelli che sembravano molto poco interessati alla religione e più interessati alla politica.
Ad affiancare Jude Law troviamo attori nazionali ed internazionali che rendono davvero giustizia alla multi-etnicità di abitanti del Vaticano. Diane Keaton indossa il velo per interpretare il ruolo di Suor Mary, suora nell’orfanotrofio che ha ospitato Lenny, personaggio tanto centrale per lo sviluppo del suo pupillo quanto enigmatico se inserito nel contesto dei giochi di potere. In un ruolo di quasi co-protagonismo, Silvio Orlando interpreta il Segretario di Stato Angelo Voiello, Cardinale che inizialmente si presenta come uomo politico e pragmatico, burattinaio in questo palcoscenico di affreschi ed opere d’arte, ma che con il passare delle puntate dimostra un’umanità che, alla fine, l’ha reso il mio personaggio preferito. E poi, ancora molti nomi più o meno noti, che hanno contribuito a rendere questa serie tv un vero e proprio gioiellino della serialità attuale.
Già rinnovata per una seconda stagione – e come poteva essere altrimenti? – The Young Pope vince la sfida di allontanare Sorrentino dal pregiudizio che ha sempre preceduto il suo nome e le sue produzioni e, soprattutto, avvicina il pubblico ad un concetto di dualismo difficile da rendere attraverso lo schermo, il dualismo che vede il sacro ed il profano come due facce di una stessa medaglia, magnificamente incarnate da Lenny Belardo.