Twin Peaks – Recensione 3×07/3×08 – The Return (Part 7 and Part 8)

‘The good Cooper is in the Lodge and he can’t leave.’

È eccezionale e affascinante allo stesso tempo vedere come il genio creativo di David Lynch non smette mai di sperimentare la commistione di generi narrativi, non definendosi mai arrivato in questo suo instancabile lavoro di innovatività seriale.
La narrazione lenta e destrutturante crea un prodotto non riconducibile a nessuna tipologia seriale ben riconoscibile, quanto piuttosto si fa pioniera di novità e di genialità creativa.

In Part 7 troviamo una linearità narrativa studiata per fornire elementi importanti sia per far luce sul nuovo misterioso caso di omicidi sia per capire cosa è successo agli storici e amatissimi personaggi.
Innanzitutto scopriamo – più che altro abbiamo la conferma ai nostri sospetti – che i fogli ritrovati nel bagno della centrale da Hawk grazie ai suggerimenti della Signora Ceppo sono tre delle quattro celeberrime pagine di diario perdute di Laura Palmer, il vero diario quello in cui scriveva di tutta l’oscurità e la perdizione a cui aveva assistito da protagonista, trafugate con alta probabilità da Leland Palmer. Ne manca ancora una e siamo giunti quasi a metà di questa nuova stagione. C’è ancora tutto il tempo necessario per farla saltare fuori nel momento più opportuno.

Il dialogo tra Hawk e Frank Truman ci spiega inoltre come sia avvenuto l’incontro alla Black Lodge tra la compianta Laura e l’agente Cooper, ricollegandosi in questo modo anche al prequel Fire Walk With Me, la cui importanza si fa sempre più essenziale in qualità di trait d’union tra passato e presente. L’incontro tra i due sconosciuti personaggi si colloca quindi in una dimensione altra, ai confini della realtà e del sogno, posta fuori dalle leggi dello spazio e del tempo, ma che per assurdo e stravagante trova una sua razionale e strabiliante veridicità. Così come la stessa presenza di Annie tra le pagine del diario e la sua stessa sorte.

L’assenza dello sceriffo Harry S. Truman e del suo interprete Michael Ontkean trova un’elegante giustificazione grazie alla telefonata di Frank: gravi problemi di salute tengono l’uomo lontano dalle nuove rivelazioni ma la malattia non lo ferma dal tenersi costantemente aggiornato sui fatti.
Dopo sette episodi-parti abbiamo finalmente notizie di Audrey Horne. Venticinque anni fa l’avevamo lasciata incatenata per protesta al cancello di una banca, dove poi era avvenuta un’esplosione. La violenza dell’evento ha avuto importanti ripercussioni sulla sua persona, tanto da farla finire in coma. Tali notizie ci rincuorano moltissimo, poiché finalmente sappiamo che è riuscita a scampare al peggio, ma attendiamo ancora di vederla entrare in scena. Probabilmente l’esplosione le avrà causato qualche danno fisico, visto il volto sfigurato che mostra nelle foto promozionali.

Le nuove indagini in corso iniziano a conquistare una propria autonomia, inizialmente troppo subordinate alla presenza delle narrazione principale o surclassate dalla stessa per povertà di interesse e di spessore da parte degli stessi personaggi coinvolti. Alla luce dei nuovi eventi è plausibile ora credere che il corpo rinvenuto ad inizio stagione appartenga al maggiore Garland Briggs.

Torna nuovamente Diane, o meglio entra davvero in scena per la prima volta uscendo da quell’aura di miticità in cui è stata confinata per tutto questo tempo. Il personaggio di Laura Dern conferisce alle scene in carcere una carica nuova, quasi ironica, spezzando con i suoi ripetuti Fuck! la seriosità di quell’ambiente.
Altra donna battagliera e tenace è senza dubbio Naomi Watts, piacevolissima presenza accanto al geniale quanto lento Dougie Jones.

Kyle Maclachlan è da standing ovation con scroscio di applausi a non finire, sempre perfettamente calato e assolutamente impeccabile nell’ardua impresa di gestire il suo doppio ruolo.
Cooper-BOB mette in atto le sue abili doti manipolative e riesce nell’intento di evadere di prigione, sbloccandosi da quella situazione di apparente stallo in cui era stato temporaneamente relegato.
Cooper-MIKE nei panni di Dougie Jones ci mostra un piccolo spiraglio che fa bene sperare nel recupero della sua vera personalità, abbandonando per un momento la goffaggine e lo stralunamento e disarmando il nano assassino.

Per quanto la linearità riesca ad avere la meglio, Lynch trova uno spiraglio in cui inserire le sue divagazioni, le quali assumono le sembianze dell’evoluzione del braccio di MIKE-Nano-Albero.
Anche la lunghissima scena del tizio che spazza il pavimento, inserita con dovizia di dettagli quasi a mo’ di intervallo, è assolutamente perfetta in questo pacchetto che è Part 7.
È riposante quanto irritante vedere l’uomo rigovernare il locale, ma assolutamente necessaria prima di giungere allo sconvolgimento dei sensi, della logica e della ragione che Lynch introduce con Part 8.

Il filo narrativo si riallaccia con Part 7 grazie alle vicende di Cooper-BOB, in fuga con Ray Monroe dopo l’evasione da prigione. Ray era solo uno strumento, divenuto scomodo non appena inizia a fare troppe domande sulla questione Darya. L’intenzione del not good Cooper è di farlo fuori, ma Ray lo batte sul tempo e apparentemente lo uccide.
Da qui Lynch coglie il pretesto per dare il via ai suoi onirici e destrutturanti scenari surrealisti, dove il confine tra ciò che è reale e ciò che nasce dal delirio dell’inconscio si fa così sottile da diventare indistinguibile.

Emergono dal buio della notte spiriti evanescenti, provenienti dalla Black Lodge, che danno inizio a una sorta di rituale magico sacrale che fa emergere in una bolla di pura malvagità lo spirito ghignante di BOB. Il not good Cooper è ancora lontano dall’essere sconfitto.
L’inquietante Sabba degli spiriti della Black Logde funge da trampolino di lancio per un’esplorazione intensa sia sul piano visivo che emotivo circa gli orrori che hanno macchiato in modo irreparabile il Nuovo Continente al tramonto della Seconda Guerra Mondiale.

La dilaniante quanto viscerale analisi sugli effetti degli esperimenti atomici vaga carica di sofferenza in una notte senza punti di riferimento temporali, accompagnata solo dalle musiche di Trent Reznor e dei Nine Inch Nails, guest star nei panni del gruppo della Roadhouse.
Trinity, 16 Luglio 1945: il primo test nucleare della Storia. L’inquadratura sulla crescita del fungo atomico incalza il senso di soffocamento e di inquietudine su uno degli orrori più efferati di cui si è macchiato il genere umano. La soundtrack stridente di Penderecki ‘Threnody for the Victims of Hiroshima’ è l’accompagnamento perfetto.
Il fungo atomico, nelle vesti del peggiore dei mali creati dall’uomo, funge quasi da Bing Bang primordiale del Male, dando così origine a BOB che emerge in una bolla nera di pura malvagità.

È un linguaggio difficile e carico di significato quello che adotta Lynch, l’ennesima sperimentazione comunicativo-artistica che contribuisce nuovamente a destrutturare Twin Peaks, facendolo apparire come un prodotto in grado di aprire varchi narrativi verso geniali modus scrivendi mai intrapresi da nessuno.
Part 8 affronta così uno dei temi maggiormente cari alla scrittura seriale e cinematografica in genere, e non solo: l’eterna lotta tra Bene e Male, e nel caso di Twin Peaks, la lotta tra il Male intrappolato nella Black Lodge e il Bene della White Lodge, confinata in una specie di OtherUniverse nel quale risiedono il Gigante e una Divinità Primordiale.

Laura Palmer ha lottato contro il Male, salvando così la sua anima che ora può essere finalmente libera ed elevarsi negli Alti Cieli della White Lodge: la ragazza più popolare della scuola con molti scheletri oscuri nell’armadio si riconferma nuovamente lo spirito più puro tra tutti, colei che non ha ceduto al Male per salvare la sua anima. È lei il frammento di luce che emerge dall’oscurità e dall’orrore, destinata a diventare, dopo venticinque anni, qualcosa di molto di più.
Il Bene e il Male sono nel mondo, muovendo le azioni dell’uomo che crea e definisce la Storia.
Nel 1956 si collocano invece la nascita nel deserto di un’orribile creatura e le azione del Woodman in una stazione radio.

‘This is the water. And this is the well. Drink full and descend. The horse is the white of the eyes and dark within.’

Il collegamento con Fire Walk With Me è così lapalissiano da far credere che l’acqua del messaggio possa essere la garmonbozia, necessaria per la sopravvivenza del Male sulla Terra. Intanto il mostruoso insetto ha trovato il suo ospite.

Episodio sperimentale tanto quanto destrutturante e in assoluto uno dei migliori concepiti dal regista per il suo Twin Peaks, David Lynch ci ha offerto la chiave di lettura della mitologia che ha costruito intorno alla sua serie, fatta di astrazioni al confine tra realtà e sogno e inserite in un percorso narrativo talmente alienante e frammentato da risultare coerente e coeso a se stesso.
Una perla di rara bellezza e genialità creativa riconoscibile nonostante il disorientamento dei sensi.

anna_who

Top 5: LOST, Doctor Who, Twin Peaks, Sons of Anarchy, Sex and The City.
Classe 1990. Ama alla follia lo sci-fi, il fantasy e tutto ciò che implica il genere soprannaturale. L'incontro con le serie tv avviene in tenera età, quando i suoi la iniziano a Charmed, X-Files e ER. Trascorre l'infanzia tra le crisi adolescenziali dei ragazzi di Capeside e le avventure della Scooby Gang: è a questo periodo che risale la comparsa di alcuni sintomi della telefilia. La sua dipendenza non ha trovato altra cura se non quella di assecondare la sua innata capacità di guardare un episodio dietro l'altro fino a farsi bruciare gli occhi.

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