Quando vedi Vinyl rischi di passare nel corso della stessa puntata, dal definirlo capolavoro a definirlo una schifezza invereconda. L’episodio 8 ci sembra emblematico di questa condizione nella quale la storia e i personaggi passano dal deliziarci occhi e udito a farci precipitare nel baratro come il povero gatto buttato nella tromba delle scale dai figli di Devon e Richie.
Il titolo richiama la sequenza di note Mi – La- Si, cioè i fondamenti, lo scheletro di diversi brani e Grimes ci regala un medley che passa dal Blues al Rock, dai Creedence Clearwater a Chuck Berry. Una delizia per le orecchie malgrado la voce strozzata del buon Lester a causa dello sfortunato incontro con Galasso del primo episodio.
Dopo l’episodio da gran cialtrone, Richie deve per forza trovare 90.000 dollari. Cialtrone perché uno che non ha bevuto e non si è strafatto di coca riesce a perdere il controvalore dell’acquisto di un aereo, lo puoi etichettare solo così. Inoltre, fa sentire in colpa Zak Yankovich che arriva a pensare di ipotecare la casa per procurarsi il denaro che lui è convinto di aver perso. Quindi doppiamente cialtrone.
Richie sembra avere più senso di pietà e capacità analitiche quando beve e quando sniffa. Il suo cervello ha bisogno di quella benzina per sopravvivere di questi due elementi e in quantità notevoli. Capisce che Zak non può e non deve sacrificare se stesso per un suo sbaglio suo e arriva alla risoluzione di chiedere un prestito all’ultimo uomo con il quale avere debiti: Corrado Galasso.
Galasso è la classica macchietta del mafioso a cui la serialità ci ha abituato da tempo e che personalmente comincia un po’ a dare fastidio. Quando la sceneggiatura affronta certe tematiche si affida a cliché strausati e non brilla certo per originalità.
Il titolo è anche emblematico dell’episodio se ci riflettiamo bene. Il Mi – La – Si, lo scheletro dell’episodio, si riduce sostanzialmente al bisogno di soldi e all’arresto. Tolto questo, tutto il resto è un balletto al limite del grottesco e con punte di non senso anche ragguardevoli. Andate a vedere la scena del licenziamento di Hal per capire cosa voglio dire con tanto di maledizione satanica che fatta da un perdente come lui, assume i contorni del ridicolo senza una logica.
Ciò che si deve sempre fare quando si vede un episodio di Vinyl è quello di immergersi totalmente nel climax anni 70 e capisco che per chi non l’ha vissuto sia un operazione alquanto complicata. D’altronde la serie non aiuta dando per scontato che chi guarda la serie abbia 70 anni e abbia vissuto quell’epoca dal vero. Non ci sentiamo presi per mano, come inizialmente sembrava, ma siamo stati presi e portati sulla tromba delle scale e mollati come il gatto del Chelsea Hotel a cui accennavamo a inizio articolo.
L’unica cosa che salva la situazione e ci lascia con il desiderio di proseguire è la musica, con la crescita dei Nasty Bitz, grazie alla sapiente cultura musicale di Lester Grimes e l’arresto di Richie che ci fa capire che le corde per terminare la prima stagione, si stanno finalmente tirando.
Anche Devon non aggiunge o toglie nulla all’insieme della vicenda se non farci comprendere che la sua ricerca dell’indipendenza da Richie passa per rivivere i suoi personali rimpianti per ritrovare un motivo valido per andare avanti.
Non ci resta che sperare in una seconda stagione meno confusionaria e psichedelica. Spiace essere critici con un episodio che poteva avere del potenziale notevole, ma tutta la stagione è stata raccontata, magari volutamente, con una lente eccessivamente distorta e solo la gran musica salva a volte scene del tutto inutili e al limite del fastidioso.
Passo e chiudo.