The Good Place – Recensione 1×11/12/13

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What the fork!? Il finale di questa sorprendente sit-com di Mike Schur può essere semplicemente sintetizzato in queste tre parole.
Devo ammettere, gli ultimi episodi di The Good Place non mi avevano elettrizzata, anzi quelli che pensavo fossero buchi di trama avevano preso il sopravvento, tanto da farmi ipotizzare di abbandonarla dopo il finale di stagione, invece inaspettatamente ogni tassell ha trovato il suo posto, facendomi saltare dalla sedia sul finale.

È raro che una comedy possa avere dei plot-twist di questa portata ed è stata questa la forza di questa serie, di cui adesso aspetto con ansia la seconda stagione o almeno con un finale così aperto non si può far altro, ma appunto veniamo a noi.
La scorsa settimana abbiamo visto l’arrivo di Shawn e la fuga di Eleanor, Jason e Janet verso un Medium Place dove vive un unico essere umano, Mindy St. Claire.
La sua storia sembra essere per certi versi simile a quella di Eleanor, infatti dopo una vita di eccessi, decide in preda alle droghe di donare tutto in beneficenza e morta il giorno dopo, la sorella adempie fortunatamente il suo ultimo desiderio.
In un certo senso Eleanor non può definirsi così fortunata, con i flashback ci rendiamo conto che i suoi trust-issues derivano dal comportamento poco responsabile dei genitori e nonostante tutto è volenterosa a migliorare nel suo aldilà.
L’occasione di redimersi sembra capitare al momento adatto, infatti pur di salvare Chidi e Tahani, è disposta a sacrificare la sua vita nel Good Place, al contrario di Jason che non sembra prendere proprio in considerazione la cosa.
Le loro anime gemelle sono costrette a prendere i loro slot nel Bad Place, proprio perché li hanno aiutati sin dal principio (o almeno Chidi sembra essere l’unico ad averci realmente provato) se entrambi non fossero arrivati in tempo.
Shawn dà un ultimatum allettante ai cinque,  ovvero portare con sé due persone, senza interesse riguardo chi fossero realmente.
La vera Eleanor da brava samaritana quale è sceglie di sacrificarsi drammaticamente per il primo slot, lasciando gli altri quattro ad azzuffarsi per chi debba occupare il posto per il Bad Place, facendoci domandare se il Good Place sia realmente il Good Place.
A quel punto penso che anche Schur abbia potuto sentire la mia risata isterica dopo l’intuizione di Eleanor.
Devo ammettere che era qualche episodio che mi domandavo come fosse possibile che quei quattro si fossero trovati insieme così stranamente nello stesso momento, ma soprattutto in questa recensione (qui) avevo supposto che il Good Place non fosse realmente il Good Place, ma mai avrei immaginato quello che ho visto.
L’idea di una svolta malvagia è qualcosa di assolutamente di geniale e sopra le righe, che probabilmente avremmo potuto prevedere considerati i bug, e andiamo, Tahani non è di certo una persona che potremmo vedere in paradiso, no?
L’idea che l’inferno possa essere un luogo dove le nostre ansie diventano reali mette una certa soggezione e rende questa serie ancor più interessante dal punto di vista narrativo, rivalutando quelli che per noi sembravano solamente escamotage messi lì a rendere la trama più interessante e non a costruire una struttura interna ben più precisa. Eppure era nascosta così bene, che credo nessuno l’abbia prevista. In particolare chi si aspettava che Michael fosse un architetto supervillain?
Il finale aperto ci fa ben sperare sul futuro di questa serie ed è per questo che le promesse di questa stagione telefilmistica the Good Place rappresenta quella tra le più riuscite tra le sit-com, capace di accontentare chiunque decida di sedersi per 20 minuti davanti lo schermo.

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