“Serviamo liberamente perché amiamo liberamente, giacché dipende dalla nostra volontà amare o meno; da essa dipende se stiamo in piedi o cadiamo” (John Milton)
Con questa meravigliosa citazione si conclude la saga letteraria di The Mortal Instruments e oggi è giunto il momento di dare l’addio definitivo anche alla sua più recente trasposizione televisiva. Tuttavia, Shadowhunters non riesce ad eguagliare il suo omonimo cartaceo nemmeno con lo speciale conclusivo da due ore e mezza, che convince per taluni aspetti e molto meno per altri.
Entrambi gli episodi, infatti, hanno confermato il mio giudizio assolutamente negativo sulla resa del personaggio di Jonathan, il quale avrebbe dovuto essere fin dal principio il temibile cacciatore di demoni con sangue demoniaco dai capelli ossigenati e pronto a terrorizzare gli Istituti che qui abbiamo visto solo per pochi minuti. Invece si è scelto di sprecare il potenziale offerto dal personaggio – e in fondo anche da Luke Baines – limitandosi a farlo piagnucolare per l’amore non ricambiato da parte della sorella, per quello negatogli da parte dei genitori e così via. Il punto è: nella mitologia della saga, il sangue di Lilith lo differenzia dai Nascosti, che hanno sì sangue di demone ma non di demone superiore, impedendogli di provare emozioni e sentimenti umani. Valentine gli ha insegnato a fingere per usarlo come sua spia, ma Clary sa bene che non è in grado di amare, perché l’amore non è possesso.
Bello invece il plot twist finale, in cui a perdere i ricordi dello Shadow World è proprio la giovane Fray, punita dagli Angeli per aver abusato del dono di creare nuove rune. Ben fatta la scena dell’addio, che coinvolge lo spettatore perché solo lui e la protagonista capiscono che di quello effettivamente si tratta, dando ad ogni parola un peso diverso rispetto a chi le ascolta direttamente dalla giovane. Che si sia d’accordo o meno con la logica dietro questo colpo di scena, bisogna ammettere che ha un forte impatto emotivo sullo schermo e mostra coraggio da parte degli autori, dal momento che hanno imposto il sacrificio più grande proprio alla coppia principale della serie.
Nel flash forward finale ogni personaggio – tranne il povero Jace, che esce bistrattato da questa trasposizione tanto quanto Jonathan – ha completato la sua parabola e raggiunto una sorta di realizzazione. Alec e Magnus sono felicemente sposati e hanno portato avanti politiche di unione fra Shadowhunters e Nascosti con ottimi risultati, Isabelle è capo dell’Istituto e la sua relazione con Simon funziona alla perfezione, Maia ha superato il lutto e curato le sue ferite diventando alfa e ora addirittura imprenditrice, Clary si sta facendo conoscere come artista. La scena finale fra lei ed il suo ex amato lascia un che di aperto nella serie, ma non troppo, facendo intuire che le cose si sistemeranno anche se noi non potremo assistervi. A conti fatti, forse, è meglio così.
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Mi aspettavo tanto da questa serie TV perché ho amato i libri come non mai. Ho amato il personaggio di Clary, la sua evoluzione, il suo amore, cosa che la serie non è riuscita minimamente a trasmettere. La scena dell’addio è stata d’impatto, certo, ma non capisco perché abbiano voluto cambiare così tante cose. Avrebbero tenuto molto di più attenendosi ai libri, che davvero non avevano bisogno di alcuna aggiunta