Glee – Recensione 5×03 – The Quarterback (Finn Memorial)
Everyone wants to talk about how he died, too, but who cares? One moment in his whole life. I care more about how he lived.”
Questa frase di Kurt Hummel racchiude il vero messaggio che l’episodio tributo a Cory Monteith voleva dare ai fan di Glee. Un episodio toccante, doloroso sia per il cast sia per gli stessi gleeks. Ma anche un episodio che voleva lasciare un ricordo positivo di quello che è stato Cory per i ragazzi e Finn per i personaggi.
La puntata si apre sui membri delle New Direction, nuovi e vecchi, che si ritrovano nell’auditorium a cantare la splendida Seasons of Love, tratta dal musical Rent. Inutile negarlo: ho iniziato a piangere già dalle prime note.
“How do you measure the life of a woman or a man?”
Guidati da queste parole, i ragazzi si ritrovano a Lima per una commemorazione speciale dopo tre settimane dal funerale. L’idea è quella di condividere insieme un momento che sia solo loro; loro che hanno conosciuto tutte le sfumature di Finn: l’amico, il fratello, il ragazzo che li ha difesi, il compagno; loro che hanno conosciuto anche la parte più vera.
Esistono cinque fasi diverse dell’elaborazione del lutto. Ognuno di loro ha rappresentato ognuna di queste fasi:
Kurt. Lui è nella fase dell’accettazione. È consapevole di quello che è successo, ne ha preso coscienza. Non a caso si dimostra essere il più forte tra tutti. È quello che pensa con lucidità, che prepara gli scatoloni con le cose di Finn, che ricorda con un timido sorriso la prima partita di football che hanno vinto, che sta vicino alla sua famiglia, consapevole di essere rimasto l’unica ragione di vita di Burt e soprattutto per Carole.
Kurt stesso ha perso una figura importante: il fratellone un po’ imbranato sul quale poteva sempre contare, pronto a difenderlo, a sostenerlo, il fratellone che lui stesso ha aiutato a crescere nel rispetto e nell’accettazione, riuscendo a farsi amare per quello che è. Kurt si dimostra forte, ma non è immune a momenti di debolezza. Bellissimo il momento in cui lo vediamo stringere la mano di Blaine; Blaine che lo invita a rimanere forte con un solo sguardo.
Puck. Puck rappresenta la fase della rabbia. Un meccanismo di difesa che mette in atto per non sentirsi debole e vulnerabile; i gesti del rubare l’albero e del voler avere uno dei suoi oggetti rappresentano proprio il suo sfogo; lui è un duro, non può permettersi di piangere. Puck ha perso il suo migliore amico, colui che lo ha aiutato a cambiare, a smettere di tirare granite, gettare la gente nei cassonetti e bulleggiare i Losers della scuola. Puck si sente perso perché ha perso la sua guida. E l’unica soluzione che vede per sentirsi meno solo e confuso è quella di avere con sé un pezzo di Finn: la sua giacca di quarterback. Ma in realtà Puck non sa che ha solo bisogno di guardarsi dentro per trovare la sua strada, senza dimenticare tutto il buono che gli ha donato Finn. Ho apprezzato molto le sue scene, soprattutto quelle con la coach Beiste: estremamente seria la riflessione che fa sul trattino delle targa: “You know what’s tripping me out is this line between the two years. It’s his whole life. Everything that happened is in that line.” E altrettanto importante la risposta che le dà a coach “Have a good line.”
Un dialogo che fa riflettere e che risulta incredibilmente reale, che non resta solo all’interno di uno show, ma che investe la vita reale di tutti noi.
Santana. Santana è sulla stessa lunghezza d’onda di Puck.
Struggente il momento di pianto e di urla durante la sua performance. Una reazione realistica. Io lì ho visto Naya. Lì era Naya che piangeva per la perdita di Cory.
In tutti abbiamo visto non il personaggio che interpretano, ma la persona. Naya è stata la portavoce del cast.
Sue e Schuester. Sue si sente in colpa per come ha trattato Finn e per non essere riuscita a fargli sapere, a modo suo, che in fondo lo apprezzava, che era un bravo ragazzo. A modo suo gli voleva bene.
Schue invece non riesce a buttare fuori il suo dolore. È la colonna del Glee, è il punto di riferimento dei ragazzi; deve dimostrarsi forte per loro, per aiutarli a superare il dolore e a ripartire. Ma ad un certo punto, non ce la fa più e crolla, sottraendo la giacca. Un pezzo di lui che gli permette di riempire il vuoto che gli ha lasciato e che gli dà la possibilità di piangere, di mostrare il suo dolore e la sua umanità.
Rachel. In ogni sua scena era possibile vedere Lea. Una ragazza che ha perso l’amore della sua vita, la sua metà. Bellissima “Make you feel my love”: una performance veramente toccante, che con poche parole e poche note ha racchiuso una storia bellissima di due personaggi, di due persone reali che si amavano tanto .
Ho pianto durante tutto il dialogo con Mr Schue: Rachel, la ragazza sognatrice, ha perso una certezza, tutto il futuro che avevano progettato insieme un grosso punto interrogativo:
“I talk to him a lot. I can still see his face and can hear his voice so clearly. Do you think that I’ll ever forget it?”
La più grande paura è proprio quella di non riuscire più a ricordarsi di chi abbiamo perduto; cose semplici, tipo i tratti del suo viso o il suono della sua voce, ma che te la rendono concreta. Rachel ha paura di dimenticarlo, di vederlo svanire; quindi parlar con lui, raccontargli quello che le succede, come è andata la sua giornata le permettono in qualche modo di tenere sempre vivo il suo ricordo, di non dimenticarsi mai di lui, anche quando la forma del suo viso sarà più sbiadita.
Un episodio essenziale, performance contenute senza l’eccesso delle esibizioni al quale Glee ci ha abituato. Un vero tributo che ha permesso al cast di rendere omaggio ad un amico e collega, e che ha permesso altresì alla famiglia dei Gleeks di ricordare un personaggio amato ed una persona che ci ha lasciato troppo presto.
Ciao Gigante.
Ti porteremo sempre nel cuore.
“The show must go…all over the place…or something.”
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About anna_who
Classe 1990. Nerd allo stato cronico, così cronico da essere riuscita a danneggiare le VHS di Star Wars. In compenso è riuscita ad imparare a memoria L'Impero Colpisce ancora e La Vendetta dei Sith. Ama il fantasy oltre ogni limite; è cresciuta con la saga di Harry Potter e la trilogia de Il Signore degli Anelli. L'incontro con le serie tv avviene in tenera età, quando i suoi la iniziano a Charmed, X-Files e ER. Trascorre l'infanzia tra le crisi adolescenziali dei ragazzi di Capeside e le avventure della Scooby Gang, iniziando quindi a presentare alcuni sintomi della telefilia. La malattia vera e propria si manifesta dopo la visione del pilot di Lost, il primo grande amore. Non è riuscita a trovare una cura per la sua dipendenza, se non accontentare la sua perenne ricerca di nuove serie da divorare. Impazzisce per Game of Thrones e ama la famiglia Stark. Ha inoltre sviluppato una pericolosa ossessione per Doctor Who e ogni giorno scruta il cielo e attende l'atterraggio dello scintillante TARDIS blu per fuggire via con il Dottore ai confini della Galassia. Glee è il telefilm che la descrive meglio: ironica, solare, allegra e qualche volta fuori di testa!
Bella recensione. Non avresti potuto dire di meglio. L’episodio è stato un pianto continuo e sì, credo anch’io che erano le persone a parlare e ad agire, e non i personaggi. L’interpretazione di Mercedes di “I’ll Stand By You” è stata la più straziante, a mio avviso, perché sentivo Cory cantarla…
ho le lacrime agli occhi e la pelle d’oca.. bella veramente!
Appena finito di vederla. Ho volutamente temporeggiato… a saperlo avrei temporeggiato ancora. Finn non è mai stato il mio preferito, ma tutta la puntata è stato un continuo sentirne la mancanza.
La recensione è molto toccante, complimenti.