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Person of Interest – Recensione 3×05 – Razgovor

Dopo un quarto episodio filler abbastanza sottotono, Person of Interest torna in grande stile.

Il caso della settimana, quello della baby-spy Gen, è stato, oltre che ben costruito, molto interessante sia perché intrecciato con una delle trame orizzontali dello show, quella dell’HR, sia perché usato come specchio per riflettere al meglio il personaggio di Shaw.

Partiamo proprio da lei: in questa puntata tornano i tanto amati flashback, che come sempre vengono usati dagli autori per svelare il passato dei protagonisti e permetterci così di mettere a fuoco il loro carattere. Shaw è una che apparentemente non prova empatia, sin dall’infanzia, quando viene salvata dopo un incidente e non ha nessun tipo di reazione alla morte del padre. Dico apparentemente perché la verità su come sia in realtà la donna probabilmente non la dicono tanto i flashback, quanto piuttosto la ragazzina, che un po’ le somiglia, nel finale d’episodio:

Ho capito come sei fatta. Non è che non provi emozioni, è solo che mantieni il volume troppo basso. Come i suoni di una vecchia cassetta. Le voci sono tutte lì, devi solo imparare ad ascoltarle.

Sa quindi di beffa quello che le succede nella scena finale, che forse rovina un episodio perfetto, ma che sicuramente rovina il finale, o meglio l’inizio perfetto, della stessa Shaw.

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Shaw è ora nelle mani di Root, ma sappiamo che l’adorabile psicopatica è ormai guidata dalla Mascìn, quindi perché la Macchina vuole Shaw? A cosa le serve?

Questa stagione di Person of Interest convince anche perché si sta colorando sempre più di rosa, rendendo le sue donne sempre più protagoniste.

La scena migliore dell’episodio è stata sicuramente quella di Carter e il novellino/spia dell’HR al bar: Joss non è più il “good cop” pieno di buoni valori ma forse un po’ scialbo degli inizi, è una che ha fatto i conti con la realtà e ora è disposta anche a giocare sporco e questo, a parere mio, la rende molto più interessante. Oltre che veramente badass!

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Ahinoi, probabilmente la sua crociata contro l’HR verrà messa in stand-by, per poi essere ripresa tra qualche puntata, come spesso accade in Person of Interest visto il numero considerevole di trame, ma la sensazione è che negli atti finali potrebbe tornarle utile Elias – che Carter ha salvato.

In un episodio così bello, non sono mancati ovviamente i due marchi di fabbrica dello show: ironia e azione. E, come scritto sopra, un finale tanto inaspettato che però mi ha ricordato una frase di un bellissimo film di Ozpetek, Mine Vaganti:

Le mine vaganti servono a portare il disordine, a prendere le cose e a metterle in posti dove nessuno voleva farcele stare, a sgominare tutto, a cambiare i piani.

Root, o meglio la Mascìn, è la mina vagante di questo show, pronta a far saltare qualsiasi piano e a rovinare qualsiasi happy ending.

In un inizio di stagione col botto, l’unica pecca è il poco utilizzo di uno dei personaggi più adorati, Fusco. L’attore che lo interpreta, Kevin Chapman, su Twitter promette di tornare presto e alla grande e noi non vediamo l’ora.

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msfrancesca

About msfrancesca

Classe 1988. Napoletana ma sogna di andare a vivere in Cornovaglia. Studia Lingue e Letterature Europee, quando non è impegnata a guardare serie TV. Odia descriversi.