The Good Wife – Recensione 6×11 – Hail Mary

Finalmente è tornato The Good Wife!!! E naturalmente l’ha fatto in grande stile, non poteva certo deluderci!

L’intero episodio è stato una corsa contro il tempo e l’ansia dei protagonisti è stata resa molto bene, tant’è che il risvolto finale non è stato liberatorio solo per Alicia, ma anche per noi. Ebbene sì, Cary è finalmente libero! Era ora, aggiungerei, perché non avrei retto questa storia ancora per molto, devo essere sincera. Abbiamo tutti temuto che Cary potesse fare una brutta fine, persino lui, che fino ad ora era stato – nonostante la paura – saldo nelle sue decisioni, arriva ad un punto in cui mette in discussione il rifiuto dell’offerta di Bishop di fuggire in Spagna. Addirittura alla fine temiamo che invece di affrontare l’ultimo appello in tribunale, decida davvero di scappare. Mi è piaciuto il modo in cui ci hanno mostrato queste ore infinite per Cary, il fatto che gli abbiano affidato una persona esperta di carceri per prepararlo, e il modo in cui, grazie all’interpretazione di Matt, abbiamo potuto toccare con mano la disperazione di Cary.


Ma se da una parte abbiamo un Cary rassegnato, dall’altra la protagonista della corsa contro il tempo è senz’altro Kalinda che, ormai divisa in mille pezzi, fa il tutto e per tutto pur di salvaguardare la vita di Cary. Per prima cosa va da Bishop affinché trovi qualcuno che possa proteggere Cary una volta entrato alla prigione di Statesville. E si sa, l’uomo non fa niente per niente, e se già la posizione di Kalinda era sul filo del rasoio, adesso è pronta a saltare verso l’ignoto, che temo sia molto più simile ad un inferno di quanto potremmo aspettarci. Credo che in questa puntata abbiamo potuto toccare con mano il vero picco di rottura di questo personaggio e Archie ha dato davvero un’ottima prova attoriale. Spero tanto che verrà candidata agli Emmy e che vinca.
Se Kalinda, come sembra, fa il lavoro sporco, riuscendo pure a manomettere un metadata di un detective della polizia, Diane cerca di fare di tutto pur di convincere il giudice Cuesta a posticipare l’udienza, mentre una disperata Alicia, alla vigilia del dibattito tra lei e Prady, cerca anche lei di far del suo meglio per Cary, rischiando di rovinare tutto quando, credendo che il suo socio fosse informato, gli parla dell’eventuale violazione Brady da parte dell’accusa.
Tutto è bene quel che finisce bene, e dopo aver parlato con Bishop, scoperto che in realtà la droga doveva essere importata dal Canada, e hackerato un account e-mail, Kalinda, grazie all’aiuto di Carey, scopre che il procuratore Castro aveva omesso la presenza di un secondo detective durante l’interrogatorio a Tray. Questo avrebbe aiutato Cary, peccato che Diane abbia deciso di dare una sbirciatina al PC di Kalinda, scoprendo i metadata – falsificati – del detective Prima. Insomma, per Kalinda si mette male, sotto tanti punti di vista!

Nel frattempo Eli e Johnny Elfman preparano Alicia al dibattito più importante della sua vita, affiancandole dapprima un professore che reciti nei panni di Prady, poi Finn Polmar ed infine Peter.
Con Finn è chiaro come l’acqua che qualsiasi cosa facciano, sembra che siano lì per flirtare; con Peter, invece, assistiamo all’ennesimo sfogo che sottolinea ulteriormente quanto questa coppia ormai non esista e sopratutto quanto Alicia senta addosso il nome del marito:

Peter: Perché si candida? Perché vuole essere Procuratore Capo?
Alicia: Mi candido perché credo ci sia una carenza di leadership nell’ufficio del Procuratore Capo.
Peter: No. È un’argomentazione fittizia. Il signor Castro non si è candidato.
Alicia: Non sto incolpando solo Castro. La Contea di Cook ha una storia di pubblici ministeri con dei seri limiti etici. Ecco qui.
Peter: Beh, credo che ci sia una differenza tra “non etico” e “controverso”.
Alicia: Lo so bene. Mio marito, purtroppo, era entrambi.
Peter: Suo marito… non è candidato, nemmeno lui.
Alicia: Ma lo è. Quello che ha fatto come Procuratore Capo, quello che sta facendo ora come Governatore, influenza l’idea degli elettori su di me.
Peter: In meglio, o in peggio.
Alicia: Assolutamente, ma io credo sia cruciale che la gente capisca che io non sono mio marito, e che da me possono aspettarsi di più. Più senso del dovere. Più responsabilità.
Io non voglio una carriera in politica. Sono semplicemente un avvocato, per formazione e per temperamento. E quello che ciò significa è che… ho l’indole giusta per mettere le esigenze di questo lavoro davanti ai miei interessi personali e ho la disciplina per assicurare che i casi da vincere non diventino più importanti del veder fatta giustizia. In base al suo passato, signor Prady, non credo che lei possa dire lo stesso.

Eli sa benissimo che Alicia ha ragione, nonostante ciò blocca il dibattito perché sa anche che bisogna salvaguardare anche la faccia del suo governatore, cioè continuare con questa farsa del matrimonio felice perché “Loro vincono se sono sposati”. Johnny non è assolutamente d’accordo e sostiene che stia proteggendo soltanto Peter, non la coppia. Non so… su questa posizione sono dalla parte di Alicia, naturalmente. Capisco la sua frustrazione di essere sempre associata a Peter, però, d’altra parte, Eli non ha tutti i torti, perché loro insieme, professionalmente parlando, funzionano davvero. Solo che è giusto che Alicia venga definita per la persona che è, non perché è sposata con il Governatore Florrick. Se prima avevo dei dubbi su un’eventuale posizione di Procuratore per Alicia, dopo quelle ultime parole da lei pronunciate, sono sicura che farebbe un ottimo lavoro!

Durante il prossimo episodio assisteremo finalmente a questo tanto atteso dibattito. Eli sarà sempre il solito rigidone, ma ci piace anche per quello. Più che altro adesso sono curiosa di conoscere le sorti di Kalinda e soprattutto spero che, con la fine del processo di Cary, adesso possa ritornare a svolgere il lavoro che ama.

Vi lascio con il trailer di The Debate e vi invito a passare da The Good Wife Italia.

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